Henri F. EllenbergerLa scoperta dell’inconscio |
Capitolo 4L'ambiente della psichiatria dinamicaAbbiamo passato in rassegna gli antenati della psichiatria dinamica (cap. 1), la sua nascita verso il 1775 e la sua evoluzione storica da Mesmer a Charcot (cap. 2), e abbiamo compiuto un esame generale della prima psichiatria dinamica come sistema coerente e organico (cap. 3). Nel presente capitolo ci interesseremo del suo ambiente sociale, economico e culturale, sia per vedere fino a qual punto la prima psichiatria dinamica possa venire spiegata dalle condizioni esistenti in Europa alla fine del diciottesimo secolo, sia per vedere come talune variazioni di queste condizioni abbiano portato allo sviluppo di sistemi nuovi di psichiatria dinamica. In misura più o meno grande, gli insegnamenti di Janet, Freud, Adler e Jung furono gli eredi della prima psichiatria dinamica, ma la natura di tali insegnamenti fu essa stessa determinata dai fattori sociali e dai movimenti filosofici, scientifici, e culturali che passeremo ora a esporre, cercando di conciliare la brevità con la complessità del problema. L'ambiente sociale La comparsa del magnetismo animale e il passaggio da Mesmer a Puységur non si possono capire correttamente se non si tengono presenti le condizioni sociali in cui si trovava l'Europa alla fine del diciottesimo secolo. Centottant'anni, rispetto a tutta la storia di cui ci sono pervenuti documenti, non costituiscono un periodo di tempo molto lungo; tuttavia non è facile immaginare come vivessero e come pensassero quei nostri antenati che ci hanno lasciato in eredità le lingue e le nazionalità ancor oggi esistenti. Immaginiamo di tornare indietro nel tempo fino all'Europa degli anni 1780. Troveremmo tutto strano, tutto diverso, sia gli oggetti di uso quotidiano sia il modo di vivere. Ovviamente non c'erano bombe atomiche, televisori, radio, aeroplani, automobili, telefoni, ferrovie, e quelle centinaia di invenzioni e servizi vari che oggi sono indispensabili. Gli uomini di quell'epoca ci apparirebbero quasi come appartenenti a una razza straniera; erano diversi da noi anche fisicamente: erano di statura più bassa, più massicci, molto resistenti (non esisteva l'anestesia per le operazioni chirurgiche; sedativi e narcotici erano quasi sconosciuti; la gente era abituata alle sofferenze fisiche e a vedere soffrire gli altri). Anche i ricchi, pur nel loro lusso, vivevano in condizioni che noi giudicheremmo insopportabili. La maggior parte della popolazione mangiava cibi scadenti che offrivano poca varietà. L'igiene era rudimentale; i nostri antenati erano affetti da moltissime malattie infettive, tanto che circa un quarto della popolazione portava i segni del vaiolo. Non esistevano impianti idraulici domestici; la sporcizia si accumulava dappertutto e la gente non faceva caso ai cattivi odori. Se ritornassimo a quel periodo dovremmo lasciar da parte anche il nostro modo di pensare, le nostre convinzioni, il tipo di rapporti sociali che oggi pratichiamo. In genere, si può dire che gli stimoli intellettuali erano molto minori allora di oggi. Basta leggere un romanzo dell'epoca, ad esempio I dolori del giovane Werther di Goethe, e provare a immaginarci di essere nei panni del protagonista; il modo di vivere di allora ci sembrerebbe noioso in maniera quasi insopportabile (e viceversa, è molto probabile che il nostro modo di vivere sembrerebbe ai limiti della follia, pericolosamente frenetico, agli occhi di un nostro antenato). La stragrande maggioranza della popolazione viveva in campagna, dove ancora si aggiravano liberamente lupi e altri animali feroci. Le città erano piccole, e anche nelle grandi città come Vienna e Parigi la gente conduceva quel tipo di vita che consideriamo "provinciale": si conoscevano tutti e vivevano in comunità legate più strettamente di quelle di oggi. Altrettanto strani ci sembrerebbero le convinzioni dei nostri antenati e il loro modo di considerare i fatti della vita. In generale, il loro modo di pensare era meno preciso del nostro. È vero che essi avevano molte conoscenze spicciole che oggi abbiamo dimenticato, ma è anche vero che avevano molte idee, molte superstizioni, molti pregiudizi che ci sembrerebbero assurdi. Ad esempio, per molte persone la scienza era un concetto piuttosto vago. C'erano alcuni grandi pionieri come Priestley e Lavoisier, isolati tra masse di scienziati dilettanti. La fisica veniva usata principalmente per dimostrazioni teatrali, per divertimento, o per ciarlataneria, ed era uno degli hobby degli aristocratici e dei borghesi ricchi che possedevano un cabinet de physique. Tuttavia c'era un diffuso sentore che ormai, dopo lunghi secoli di oscurità, l'umanità stesse diventando adulta; questa convinzione era incoraggiata da un flusso continuo di scoperte. Montgolfier fu salutato come l'uomo che aveva iniziato la conquista dell'aria, e Franklin come quello che aveva domato il fulmine. Gli esploratori tornavano dal Pacifico meridionale e da altre parti del globo con la notizia di nuove terre e di nuove popolazioni. Nel 1771, dopo avere compiuto la circumnavigazione del mondo, il francese Bougainville pubblicò la storia del suo viaggio, eccitando gli animi con la descrizione della presunta felicità naturale e della presunta libertà sessuale degli indigeni di Tahiti [1]. Commentando il viaggio di Bougainville, Diderot espose la convinzione che i benefici della civiltà e della morale (che egli tuttavia riteneva innegabili) erano stati acquistati a prezzo della naturale felicità dell'uomo [2]. L'uomo civile — egli disse — è vittima di un conflitto interiore tra l'"uomo naturale" e l'"uomo morale e artificiale": vinca l'uno o vinca l'altro, l'uomo civile sarà sempre una creatura infelice. L'idea di Diderot sarebbe stata poi accolta da Nietzsche e da Freud. La guerra d'indipendenza americana e la conseguente fondazione di una repubblica al di là dell'oceano destavano l'entusiasmo del pubblico francese, che s'immaginava già una nuova nazione edificata sul modello fornito da Sparta o dalla Roma repubblicana. Court de Gébelin (un ammiratore di Mesmer, tra l'altro) godeva fama di avere decifrato i miti più antichi e di avere ricostruito la lingua dell'umanità primitiva. In poche parole, la gente "illuminata" aveva la sensazione di vivere in un'epoca di meraviglie in cui nulla era impossibile. Anche la struttura politica e sociale era molto diversa dalla nostra. Dappertutto, la forma di governo prevalente era la monarchia, sotto varie forme. Le uniche eccezioni erano alcune piccole repubbliche come i Cantoni svizzeri: non ci si fa idea, oggi, dell'impressione destata dal fatto che un Paese della vastità delle colonie britanniche del Nordamerica si fosse scelto una costituzione repubblicana. Re, imperatori, principi, piccoli sovrani godevano del grande rispetto dei sudditi; tuttavia essi si trovavano costretti, di fatto, ad accettare che i propri poteri fossero limitati entro taluni àmbiti fissati dal costume, dalla legge, o dall'opinione pubblica. Una differenza fondamentale tra quell'epoca e la nostra era la rigorosa divisione delle persone in classi. Teoricamente le classi erano molte, tuttavia l'unica distinzione effettiva era quella tra aristocratici e gente comune. In origine i nobili erano i discendenti delle antiche famiglie feudali; ma le famiglie veramente antiche erano poche, e la maggior parte degli aristocratici aveva acquisito i titoli nobiliari come premio per i servizi resi allo Stato ricoprendo pubblici uffici, oppure semplicemente perché aveva acquistato a caro prezzo delle proprietà o degli incarichi pubblici che comprendevano un titolo nobiliare. Non solo c'era una gerarchia tra gli aristocratici, ma c'era anche un'ulteriore suddivisione tra nobiltà militare e nobiltà giudiziaria. Tuttavia, nonostante le differenze, i vari gradi dell'aristocrazia avevano delle caratteristiche comuni: tutti gli aristocratici godevano di privilegi per quanto riguardava le tasse, l'amministrazione della giustizia, le scuole cui mandare i figli. Avevano il permesso di portare la spada e di cacciare dovunque volessero. Ma avevano anche degli obblighi piuttosto severi, e molte attività che procuravano forti guadagni erano loro precluse. Inoltre, se da una parte avevano il permesso di portare la spada, dall'altra si riteneva che avessero il dovere di accorrere al richiamo del sovrano e di dare la vita per lui. Gli aristocratici occupavano le posizioni di comando nella marina e nella diplomazia; le alte cariche del clero erano loro riservate. I castelli medievali esistevano ancora, ma venivano considerati passati di moda ed erano divenuti argomento di leggende e di romanzi "gotici". L'alta nobiltà preferiva vivere in residenze di campagna eleganti e tranquille, ma possedeva anche delle case in città e si teneva il più possibile in contatto con la corte. Questa classe aveva un tipo di vita sociale estremamente sofisticato, caratterizzato da un'etichetta compitissima e da un'inimitabile sottigliezza nella conversazione, che eccellevano soprattutto in Francia: così la lingua francese e le maniere francesi si erano diffuse a tutta l'aristocrazia europea. Gli aristocratici d'alto rango si sentivano tenuti a mantenere uno standard di vita molto elevato e molto costoso. Spesso sperperavano somme ingenti in lussi e al tavolo da gioco. Però la nobiltà era già entrata in una crisi, che era notevole soprattutto in Francia [3]. Un numero sempre crescente di giovani nobili francesi non riusciva più a trovare uno sfogo sufficiente alla propria ambizione e alla propria necessità d'azione. Inoltre, tra la borghesia si stava diffondendo un senso di ostilità nei confronti dell'aristocrazia. Nella nobiltà francese le reazioni erano diverse: molti nobili si aggrappavano ai loro privilegi e cercavano di farli rispettare, anche con la forza. Molti altri si dedicavano ad attività filantropiche; alcuni giungevano perfino a mostrare ideali repubblicani e a proclamare il proprio entusiasmo per la guerra d'indipendenza americana. Poiché le occupazioni loro permesse erano limitate, e poiché la vita sociale non ne assorbiva tutte le energie, molti nobili cercavano di trovare nuovi interessi, come ad esempio imprese coloniali o ricerche scientifiche: le prendevano molto seriamente, anche se a noi potrebbe sembrare che i loro tentativi fossero piuttosto dilettanteschi. Tra la gente comune, la borghesia era in ascesa e stava diventando sempre più potente e più numerosa. Il suo modo di vivere era molto diverso da quello degli aristocratici. Infatti, mentre si pensava che una delle principali virtù dell'aristocratico fosse quella di spendere denaro in modo ostentato e con prodigalità, invece la borghesia riteneva che le virtù principali fossero costituite dal sodo lavoro e dalla parsimonia. Nell'Europa continentale il proletariato era ancora quasi inesistente (la Rivoluzione industriale, iniziata in Inghilterra verso il 1760, non aveva ancora attraversato la Manica). Al fondo della scala sociale c'erano i contadini, che costituivano la stragrande maggioranza della popolazione. Sulle condizioni effettive in cui si trovavano i contadini sono stati dati giudizi diversi: molti storici danno un ritratto piuttosto triste della loro vita, sottolineandone la miseria e le sofferenze. Altri invece mettono in evidenza il fatto che nel corso del diciottesimo secolo si erano già verificati importanti miglioramenti nelle loro condizioni. Non c'è dubbio che la vita dei contadini fosse molto dura, anche allora che la vita era dura per tutti. La servitù era ancora predominante in Russia e in alcune parti dell'Europa centrale. Anche nell'Europa occidentale non era completamente scomparsa, come mostra il fatto che un principe tedesco, il langravio di Hesse, vendeva i sudditi come soldati alle potenze straniere. Nel migliore dei casi, i metodi dell'agricoltura erano ancora primitivi in confronto ai nostri. I contadini erano gravati di tasse e dovevano prestare obbligatoriamente lavoro gratuito al padrone o allo Stato (e tale forma di lavoro era chiamata lavoro robot in Austria). Nella maggior parte dell'Europa, i contadini erano persone incolte, e parlavano innumerevoli dialetti; avevano grande difficoltà a capire la lingua ufficiale della loro nazione. Tuttavia (senza che il resto della popolazione ne fosse a conoscenza) i contadini avevano una loro sottocultura, ben sviluppata, costituita di usanze popolari, pratiche mediche, arti popolari, una ricca letteratura orale, e numerose tradizioni che comprendevano il culto di fonti e di alberi sacri. Il modo di vivere delle varie classi era quindi differente, e le relazioni tra le classi erano molto complesse. Il rapporto tra il servo e il suo padrone aristocratico aveva un carattere particolare, difficile da comprendere oggi. Le famiglie nobiliari abitavano nelle residenze di campagna ed erano strettamente in rapporto sempre con le stesse famiglie di contadini, una generazione dopo l'altra. La stessa persona poteva essere, secondo i casi, sia il contadino che coltivava i campi del padrone, sia il suo attendente, o il soldato ai suoi ordini, quando il padrone prendeva il comando del reggimento. Questo tipo di rapporto poteva estendersi per varie generazioni, e senza dubbio era un rapporto di tipo estremamente autoritario. In Russia era abbastanza comune che gli aristocratici punissero i contadini con la frusta. Anche in Francia, l'abitudine che il padrone battesse il valletto o che dimenticasse di pagargli lo stipendio era esistita fino a poco tempo prima. Tuttavia, spesso c'era una forte devozione mutua tra il padrone appartenente alla nobiltà e il servo, e c'era tra loro molta franchezza, da entrambe le parti. Possiamo vedere ritratta tale situazione nelle opere teatrali di Molière, Marivaux, e Beaumarchais, e possiamo anche osservare la differenza con l'altra situazione possibile tra padrone e servo, cioè quella che si verificava quando invece il padrone apparteneva alla borghesia. Con l'aristocrazia c'era una relazione di despotismo e di sottomissione, ma c'era anche una specie di simbiosi, caratterizzata da uno strano miscuglio di rispetto e di familiarità. Con la borghesia c'era una relazione più impersonale di sfruttamento e di risentimenti. Se la si esamina da una prospettiva odierna, la storia del magnetismo animale appare piena di paradossi. Ci sembra incredibile che Mesmer possa essersi messo a curare pazienti, e a pretendere onorari salatissimi, semplicemente radunandoli intorno a un contenitore di acqua magnetizzata, e ci sembra altrettanto incredibile che bastasse tale pratica per far entrare in una crisi nervosa le dame della buona società. Vien subito alla mente la ciarlataneria, da una parte, e l'isteria collettiva dall'altra. E ai nostri occhi è altrettanto strano che molti famosi membri dell'aristocrazia pagassero delle fortissime somme di denaro a Mesmer, un forestiero, per conoscere un presunto "segreto" che doveva poi permettere loro di guarire gratuitamente i pazienti; inoltre è anche strano che una persona come Puységur magnetizzasse un albero per curare pazienti attorno al suo tronco. E infine non ci è ancora chiaro come possa essere successo che, dopo le due prime ondate di magnetismo animale, la prima verificatasi con la tecnica di Mesmer, la seconda con quella di Puységur, se ne verificasse ancora una terza, dopo la Rivoluzione francese, basata su un terzo metodo di applicare il magnetismo: un metodo che, per molti aspetti, era diverso dagli altri due. Crediamo però che tutti i dubbi si chiariranno esaminando tali avvenimenti alla luce dell'ambiente sociale che abbiamo tratteggiato nelle pagine precedenti. La vittoria di Mesmer su Gassner costituiva una vittoria triplice: era la vittoria dell'Illuminismo sullo spirito del Barocco, allora in declino; la vittoria della scienza sulla teologia; la vittoria dell'aristocrazia sul clero. La fase iniziale del magnetismo animale deve venire compresa riferendola alla struttura dell'aristocrazia e al suo sistema di valori. Pur non essendo nobile per nascita, Mesmer, che aveva sposato una dama dell'aristocrazia viennese, conduceva la vita di un ricco patrizio e cercava tra i nobili i propri clienti. Dal punto di vista di allora, era perfettamente legittimo che egli si facesse pagare degli onorari altissimi; sarebbe stata un'assurdità non farlo, visto che i suoi pazienti erano gente che sperperava il denaro senza esitazióne in giochi d'azzardo e in altri passatempi simili. Per quanto riguarda il baquet, esso era un apparato piuttosto ingenuo, ispirato da alcune scoperte contemporanee, verificatesi nel campo della fisica, che avevano eccitato l'immaginazione di quegli aristocratici che si dedicavano a esperimenti dilettanteschi. Credendo di avere scoperto un nuovo fluido fisico, era logico che Mesmer cercasse di accumularlo in un contenitore, nello stesso modo in cui i fisici accumulavano l'elettricità nella bottiglia di Leida. Mesmer aveva dato alla sua teoria fisica una forma che imitava la teoria allora in auge sull'elettricità; da ciò erano venuti il suo concetto di rapporto e quello della catena formata dai pazienti, catena attraverso la quale si supponeva circolasse la corrente del fluido. Ci si potrebbe chiedere perché mai molti pazienti credessero di provare effettivamente gli effetti fisiologici del fluido; tuttavia basta solo ricordare, per spiegarlo, che gli effetti dei placebo si possono verificare con qualsiasi agente fisico, e non solo con farmaci e medicamenti. Anche i più importanti scienziati dell'epoca non riuscivano bene a valutare gli effetti fisiologici dell'elettricità. Bertrand, un fisico che divenne uno dei maggiori studiosi del magnetismo animale, riferì delle curiose storie sui primi sperimentatori, i quali provavano degli shock terribili per scariche elettriche che oggi, tutt'al più, considereremmo un po' fastidiose, tanto da rimanere a letto due giorni, mentre invece c'erano anche altri fisici che eseguivano candidamente degli esperimenti pericolosissimi, che a volte li portavano alla morte [4]. Dovette passare molto tempo prima che si comprendessero bene gli effetti fisiologici della corrente elettrica e di altri agenti fisici. Un'altra domanda che potremmo porci è perché mai quelle dame di alto lignaggio che si radunavano attorno al baquet di Mesmer provavano gli effetti del presunto fluido magnetico solo sotto forma di crisi. Per spiegare questo fenomeno occorre riferirci ai vapeurs, che a quel tempo erano la nevrosi delle dame alla moda. In effetti c'erano solo due nevrosi che nella seconda metà del diciottesimo secolo venissero considerate eleganti: la prima era l'ipocondria, che era caratteristica dei gentiluomini e che consisteva in accessi di depressione e d'irritabilità; la seconda erano i "vapori", nevrosi delle dame, che davano svenimento e diversi altri tipi di accessi nervosi. Queste nevrosi erano descritte nei dettagli in trattati che allora erano classici, come ad esempio il Traité di Joseph Raulin [5] e quello di Pierre Pomme [6]. I medici alla moda trattavano i vapori con tutti i tipi di cure "moderne", ad esempio con l'idroterapia e con l'elettricità. Era quindi molto di moda per le dame recarsi da Mesmer, che aveva introdotto un metodo terapeutico nuovo e che, inoltre, godeva del prestigio di essere uno straniero (era un'epoca in cui la Francia era percorsa da un tipo particolare di xenofilia). Il tipo di crisi che si produceva attorno al baquet non era altro che un accesso di vapori. Potremmo dunque dire che tali crisi erano un'abreazione delle nevrosi in corso, suscitata da una terapia di suggestione che veniva considerata, dall'uomo che la praticava, come un'applicazione razionale delle più avanzate ricerche nel campo della fisica. Agli occhi di Mesmer, i successi terapeutici da lui ottenuti intorno al baquet non potevano essere altro che una conferma della sua teoria; di qui la sua indignazione per il rapporto della commissione d'inchiesta, che secondo lui era composta di persone che nutrivano dei pregiudizi nei suoi riguardi. E perché vi fu un cambiamento radicale e improvviso tra le tecniche e i concetti di Mesmer e quelli di Puységur, nel 1784? Si può affermare che anche qui la spiegazione dev'essere cercata nell'ambiente sociale. Per prima cosa occorre ricordare come Amand-Marie-Jacques de Chastenet, marchese di Puységur, discendesse da una delle più antiche famiglie della nobiltà francese: una famiglia che nel corso dei secoli aveva dato alla Francia molti uomini eminenti, soprattutto nel campo delle armi; inoltre come Puységur stesso avesse alle spalle una brillante carriera militare. Come molti aristocratici contemporanei, egli aveva un cabinet de physique nel quale eseguiva vari tipi di esperimenti con l'elettricità. Egli passava il tempo tra la vita militare e il suo castello di Buzancy, paese dove possedeva una vasta tenuta che era da molte generazioni patrimonio della famiglia. Il marchese e i suoi fratelli appartenevano chiaramente all'ala progressista dell'aristocrazia francese, la stessa che indirizzava la propria attività verso la filantropia. Questo può spiegare perché Puységur e i suoi compagni della Société de l'harmonie praticassero il magnetismo senza chiedere compensi. A causa del loro rango sociale, era per loro naturale il non voler usare la conoscenza del magnetismo a scopi di lucro (infatti, come detto, quasi tutte le attività che procuravano guadagno erano vietate alla nobiltà francese). Inoltre non potevano certo farsi pagare dai loro stessi contadini. Tutti i seguaci di Mesmer appartenenti all'aristocrazia condividevano tale punto di vista, e così pure i nobili dell'Alsazia. Tornando a Buzancy dopo questa digressione, osserviamo ora che il marchese organizzava il trattamento collettivo non attorno al baquet, come aveva fatto Mesmer, ma intorno a un albero che egli stesso aveva magnetizzato: un procedimento, questo, che Mesmer non aveva usato quasi mai. Agli occhi di Puységur, la magnetizzazione di un albero costituiva un procedimento scientifico; agli occhi dei contadini, l'albero aveva invece un significato specifico ed esercitava su di loro un richiamo particolare, comprensibile se si fa riferimento alle credenze e ai costumi popolari. Nella sua monumentale opera sul folclore della Francia, Sébillot dedica un capitolo alle pratiche e alle credenze popolari che riguardavano gli alberi [7]: Sébillot afferma che le foreste e gli alberi sacri erano probabilmente le più rispettate divinità degli antichi galli, e che per secoli i missionari e i vescovi cristiani avevano incontrato grandi difficoltà per eliminare il culto degli alberi; il culto degli alberi finì poi con lo scomparire, ma non tanto a causa delle proibizioni religiose quanto a causa dell'abbattimento degli alberi stessi e alla trasformazione del terreno da foreste in campi coltivati. Tuttavia, il culto degli alberi continuò ancora per taluni alberi e sotto diverse forme, e tale si mantenne fino a tempi relativamente moderni. Ancora nel 1854, una ricerca mostrò che nel dipartimento dell'Oise rimanevano non meno di 253 alberi cui veniva attribuito un culto più o meno nascosto o mascherato. Tra questi c'erano 74 olmi e 27 querce. Inoltre, fino alla Rivoluzione francese molti alberi erano collegati all'amministrazione della giustizia, e molti altri venivano ritenuti dotati di virtù profilattiche e terapeutiche. Nel corso del diciassettesimo secolo, e ancora nel secolo successivo, spesso i malati si legavano al tronco degli alberi, con funi o altro, allo scopo di trasmettere la propria malattia alla pianta. Sébillot elenca moltissime altre pratiche, alcune delle quali erano ancora riscontrabili agli albori del ventesimo secolo. Entro tale prospettiva, la storia dell'olmo magnetizzato di Buzancy perde molti di quei caratteri che prima potevano sembrare paradossali. L'uso di alberi magnetizzati non scomparve dopo Puységur, ma si ritirò in una posizione di minore importanza. Il manuale di magnetismo di Gauthier contiene un capitolo sull'argomento, e da tale capitolo si ricava la notizia che solo alcune specie vegetali venivano considerate suscettibili di magnetizzazione: tali specie erano esattamente le stesse che nel passato erano ritenute sacre [8]. Forse l'ultima citazione di un albero magnetico è quella che si trova nel romanzo postumo di Flaubert, Bouvard e Pécuchet. I due strani personaggi del romanzo organizzano una seduta di magnetismo intorno a un pero magnetizzato (cosa che, per un lettore al corrente dei tatti, risulta essere chiaramente una sciocchezza, perché nessun albero da frutta veniva ritenuto adatto alla magnetizzazione) [9]. Come si può spiegare che uno stesso procedimento, cioè quello di muovere le mani sul corpo del soggetto, producesse delle crisi quando era usato da Mesmer e inducesse invece il sonno ipnotico quando era usato da Puységur? Mesmer aveva prodotto nei propri pazienti innumerevoli esempi di crisi, ma non li aveva quasi mai portati nello stato di sonno magnetico; tuttavia, a partire dal 1784, i casi di sonnambulismo si presentarono poi a migliaia. Anche in questo caso si può trovare la risposta nell'ambiente da cui provenivano i pazienti. Come abbiamo visto, quando Mesmer magnetizzava le dame della buona società era assolutamente naturale che esse mostrassero come risposta una crisi che riproduceva uno dei soliti accessi di vapori. Invece, quando venivano magnetizzati servi e contadini, si suscitava in loro un tipo diverso di patologia, corrispondente alla loro classe sociale. Ma perché il contadino Victor mostrò delle abilità impensabili, una volta entrato nel sonno magnetico? La risposta deve senza dubbio venire cercata nel particolare tipo di relazione che si verificava tra un nobile francese del diciottesimo secolo e il suo domestico. La famiglia Race viveva da molto tempo nelle terre dei Puységur del villaggio di Buzancy, e aveva servito per molte generazioni la casata. Il visconte du Boisdulier, attuale discendente dei Puységur, ha fornito le seguenti informazioni: La famiglia Race è stata per molti secoli al servizio dei Puységur. Un quadro che rappresenta un picnic di caccia organizzato dal maresciallo de Puységur, nonno del magnetizzatore, mostra due palafrenieri, uno dei quali è un Race. Uno dei discendenti di Victor Race, Gabriel, vivo ancora oggi, nel 1914 era al servizio di mia madre come guardacaccia [10]. Nella narrazione che Puységur diede dei vari episodi con Victor, si può osservare quella particolare mescolanza di rispetto e di familiarità, che però assumeva toni diversi secondo se Victor era sveglio o era nel sonno ipnotico. Nel sonno ipnotico, non solo egli mostrava più intelligenza e più attenzione, ma anche una maggiore quantità di atteggiamenti confidenziali nei confronti del marchese, confidandogli le proprie preoccupazioni e rivolgendosi a lui per chiedere consiglio. Victor parlava in modo del tutto schietto e non aveva nessuna difficoltà nel far rilevare al marchese gli errori da lui compiuti nell'uso del magnetismo. Il trattamento magnetico somministrato a Victor da Puységur mostra due aspetti notevoli: il primo era costituito dalla comparsa di una seconda personalità, caratterizzata da minori inibizioni e da una maggiore vivacità dell'intelligenza. Il secondo aspetto del trattamento era la sua caratteristica di dialogo tra magnetizzato e magnetizzatore; un dialogo che spesso assumeva l'aspetto di un contratto e che fa pensare a una specie di "terapia diretta dal paziente". Nel caso di Victor, come in altri casi contemporanei di sonno magnetico, osserviamo che il paziente stabilisce da solo la propria diagnosi, annuncia l'evoluzione della malattia, molte volte prescrive la terapia o discute quella prescrittagli dal magnetizzatore. Anche questi aspetti, crediamo, possono venire spiegati dall'ambiente sociale retrostante. L'ipnosi è stata definita come la quintessenza della relazione di dipendenza di un individuo da un altro individuo. Essa costituisce l'arrendersi di una volontà a un'altra volontà, e ha maggiori probabilità di verificarsi quando c'è una notevole distanza psicologica o sociale tra due persone, una delle quali ha la forza e il prestigio, mentre l'altra si comporta in modo passivo e remissivo. Un osservatore critico, il medico Virey, scrisse nel 1818: Sono sempre possidenti che operano su subalterni, mai subalterni sui propri superiori; si direbbe che il magnetismo funzioni in discesa, mai in salita. Gli ufficiali che si davano alla magnetizzazione con tanto entusiasmo, riuscivano senza dubbio a compiere miracoli: i loro soggetti erano poveri soldati, che si sentivano onorarissimi del fatto che marchesi, conti, cavalieri, fossero disposti a gesticolare davanti a loro [11]. Questi aspetti erano visibilissimi nelle guarigioni di Buzancy. Puységur esercitava una forte presa sui soggetti per il fatto che i suoi antenati avevano posseduto quelle terre per secoli e i contadini li avevano sempre considerati come i loro signori. Solo così si può comprendere l'autorità esercitata dal marchese sui suoi soggetti e la sua capacità di guadagnarne le simpatie e di riuscire a radunarli intorno all'olmo per il trattamento. Contribuiva poi senza dubbio al prestigio di Puységur il fatto che egli fosse in ottimi rapporti con la corte reale, che avesse un alto comando militare, e che possedesse un cabinet de physique nel quale eseguiva esperimenti misteriosi. E perché la nuova personalità apparsa nel sonno magnetico era più brillante di quella normale? Il caso di Victor non è un caso isolato. Era già stato osservato molte volte nelle manifestazioni di possessione che lo "spirito" che si riteneva parlasse per bocca dell'indemoniato si rivelava molto più brillante di quanto non lo fosse il suo "ospite". Mühlmann ha fatto notare che, nei Paesi conquistati, gli spiriti che possedevano un individuo tendevano a parlare nella lingua degli oppressori [12]. Spesso si era anche osservato che le contadine e le domestiche ipnotizzate tendevano a parlare in modo più corretto che nelle condizioni normali. Tale fenomeno potrebbe essere chiamato identificazione con una classe sociale superiore. Siamo indotti a pensare che in Francia, prima della Rivoluzione francese, vi fosse tra domestici e contadini la stessa tendenza. A questo proposito è molto interessante un episodio riferito nell'autobiografia di Madame Roland: Da bambina, la madre l'aveva portata con sé a un castello dove aveva qualcosa da fare, e lì entrambe avevano pranzato con i servitori. Poterono scoprire così un mondo del quale non avevano mai sospettato l'esistenza. Le cameriere si vestivano e si comportavano in modo da imitare le padrone, e anche i domestici cercavano d'imitare i padroni, parlando solo di marchesi, di conti, e di altre celebrità, e discutendone a lungo gli affari come se li I conoscessero di persona. Le portate e il servizio erano strettamente simili a quelli dei padroni; dopo il pasto si diede inizio a giochi d'azzardo in cui c'erano alla posta cifre abbastanza forti, in perfetto stile da aristocratici [13]. In un modo simile, e senza che Puységur ne fosse a conoscenza, in Victor ci doveva essere un desiderio profondo di essere come il suo padrone, o come si direbbe oggi, di identificarsi con lui. E questa stessa relazione tra aristocratico e servitore potrebbe spiegare perché il trattamento di Victor da parte di Puységur prendesse quella forma caratteristica di "terapia da contratto", aspetto comune in quell'epoca, che poi sarebbe gradualmente scomparso dopo la rivoluzione. Le implicazioni sociologiche del tipo di trattamenti magnetici di Puységur si vedono chiaramente nei rapporti delle cure praticate a Strasburgo dal 1786 al 1788. Abbiamo visto che Puységur, nell'agosto del 1785, aveva fondato una succursale fiorente della Société de l'harmonie, e che nell'Alsazia, sotto la sua supervisione, erano stati aperti numerosi centri di trattamento. Le relazioni pubblicate in Alsazia hanno per noi un interesse particolare perché, oltre a descrivere i casi clinici, danno anche il nome, il rango, e la professione del magnetizzatore, e spesso contengono anche delle indicazioni che riguardano il soggetto. Il volume pubblicato nel 1787 contiene le relazioni di 82 cure, delle quali 53 eseguite da nobili: barone Klinglin d'Esser, 26; barone Reich, 13; conte di Lutzelbourg, 6; Flachon de la Jomarière, 6; barone Dampierre, 1; barone Krook, 1 [14]. Le relazioni pubblicate nel 1788 parlano di 104 cure; i nomi dei magnetizzatori sono dati in 95 casi, 56 dei quali furono trattati da gentiluomini [15]. Tra i pazienti dei quali è elencata la professione troviamo una maggioranza di contadini, artigiani, servitori (in prevalenza servitori di famiglie borghesi e aristocratiche). La nuova scuola di magnetismo animale che sorse dopo l'epoca napoleonica differì per molti aspetti dalle due scuole del primo periodo. Si può capire il cambiamento esaminandolo alla luce del rimescolamento sociale portato dalla Rivoluzione francese, che rovesciò la nobiltà e portò in alto la borghesia. Tra i magnetizzatori francesi vi furono ancora alcuni nobili, ma in prevalenza erano nobili decaduti, discendenti di famiglie rovinate come il barone Du Potet, e i borghesi che entravano nelle file dei magnetisti erano sempre più numerosi. Qualunque fosse la loro classe originaria, ora i magnetizzatori dovevano guadagnarsi il pane, e si comprende subito che il periodo dei trattamenti gratuiti era finito. Con il passaggio da magnetismo a ipnotismo, verso la metà del secolo, la struttura autoritaria aumentò ancora. Il baquet e l'albero magnetico erano ormai cose superate; anche il metodo "diretto dal paziente" e quello del "contratto" si ritirarono davanti al metodo dell'ordine dato sotto ipnosi, procedimento che alla fine del secolo venne a essere identificato con l'ipnotismo stesso. Gli ipnotisti venivano soprattutto dall'alta e dalla media borghesia, e i loro pazienti appartenevano in maggioranza alle categorie degli operai, dei soldati, e dei contadini. Il carattere borghese che ora l'ipnotismo aveva assunto può forse spiegare il modo più sistematico e più razionale con cui se ne affrontavano gli aspetti teorici e didattici. Tuttavia, come vedremo avanti, subentrarono dei fattori nuovi, di tipo sociale, che portarono verso la fine del diciannovesimo secolo alla comparsa di nuovi tipi di psicoterapie. Intanto si erano fatte avanti nuove forze di tipo economico e politico, e ora le esamineremo brevemente allo scopo di valutare l'influsso da esse esercitato sullo sviluppo della psichiatria dinamica. L'ambiente economico e politico Insieme con i fattori sociali, alcuni importanti fattori economici e politici avevano già prodotto una trasformazione del modo di vivere. Tra questi fattori c'erano la Rivoluzione industriale e il principio di nazione. La Rivoluzione industriale, cioè la nascita e lo sviluppo della produzione su scala industriale, si verificò in Inghilterra tra il 1760 e il 1830 [16]. Macchine nuove e perfezionate che sfruttavano fonti d'energia naturali e artificiali (acqua, vapore, elettricità) aumentarono enormemente la produzione a parità di numero di operai. Le arti tradizionali scomparvero gradualmente, e sorse una nuova vita economica, che faceva centro attorno al concetto di profitto. Essa comprendeva sia una vasta competizione, che trasformò gradualmente il mondo in un unico grande mercato, ferocemente conteso tra le grandi industrie delle varie nazioni, sia un sistema in espansione di trasporti e di comunicazioni, che a sua volta portò all'apertura di nuovi mercati. Dappertutto si costruivano nuove fabbriche che inducevano i contadini ad abbandonare la campagna: questo portò a una vasta urbanizzazione e proletarizzazione delle masse, problemi sociali gravi che a loro volta portarono alla nascita del socialismo. Contemporaneamente un rapido aumento della popolazione europea fu seguito da una vasta emigrazione negli Stati Uniti e nelle altre terre d'oltremare. Per tutto il mondo le frontiere si spalancavano davanti all'uomo bianco, il quale vi si recava per stabilirvisi, rendendo abitabili nuove terre, o vi giungeva come colonialista e come mercante, per sfruttare le altre nazioni e i loro abitanti [17]. L'aspetto principale della vita politica fu la tendenza verso la costituzione di Stati nazionali. Alcuni erano già sorti lentamente dalle rovine del feudalesimo e dal vecchio sogno di un'unità europea sotto l'egida del papa o dell'imperatore. Alla fine del diciottesimo secolo la Spagna, l'Inghilterra e la Francia erano degli Stati unificati, mentre l'Italia e la Germania erano ancora divise in molti piccoli Stati sovrani, e la monarchia austriaca rimaneva un vasto conglomerato di popoli sotto lo scettro degli Asburgo. Quando il dominio di Napoleone fece insorgere contro di lui i popoli dell'Europa, dappertutto s'incominciò a sentire una rinascita dello spirito nazionalistico, e questo movimento continuò dopo la caduta di Napoleone [18]. Molti popoli che erano stati sotto il dominio straniero incominciarono a sentire la propria identità nazionale, strettamente connessa con la lingua nazionale. Venne proclamato il principio che ogni nazione aveva il diritto di costituire un proprio Stato nazionale. Poiché la nazione era identificata con la lingua, per tutta l'Europa centrale e sudorientale si accesero delle guerre linguistiche. Questa situazione esercitò un influsso notevole sulla scienza e sulla cultura. Per molti secoli il latino era stato la lingua comune della Chiesa, delle amministrazioni, e delle università di tutta l'Europa. La sua supremazia, già messa in crisi dalla Riforma, sarebbe stata abbattuta dal sorgere del nazionalismo. Tuttavia il latino rimase la lingua ufficiale del Parlamento, dello Stato, e dell'amministrazione dell'Ungheria fino agli anni 1840, e ci si aspettava ancora che ogni persona istruita dell'Europa occidentale lo sapesse parlare correttamente [19]. Tuttavia in molti Paesi gli scienziati avevano già incominciato a usare la lingua nazionale, e l'uso del latino diminuì rapidamente dopo lo scoppio della Rivoluzione francese. Il motivo della scomparsa del latino come lingua internazionale europea non risiede in una sua inadeguatezza scientifica: Newton, Harvey e Linneo avevano pubblicato in latino le proprie scoperte. Mach suggerisce che il motivo fosse che la nobiltà desiderava godere dei frutti della letteratura e della scienza senza dover imparare quella lingua erudita [20]. Condorcet affermò che, con l'uso della loro lingua nazionale, le pubblicazioni degli scienziati francesi non sarebbero più state un campo inaccessibile alla media dei francesi; se gli scienziati volevano, potevano imparare per conto loro le altre lingue per leggere le pubblicazioni dei colleghi stranieri [21]. Quando l'elite usa la lingua nazionale per scopi filosofici e scientifici — egli disse — la lingua si perfeziona e si arricchisce spontaneamente; ciò a sua volta dà alla gente il vantaggio di avere a propria disposizione uno strumento linguistico più perfetto, che permette un migliore accesso alla cultura generale. Non c'è dubbio che l'abbandono del latino e l'adozione delle lingue nazionali diede un enorme impulso allo sviluppo della scienza nei Paesi dell'Europa occidentale (ad esempio allo sviluppo della psicologia e della psichiatria). Tuttavia la scienza finì col diventare meno universale di prima, e a volte divenne un interesse nazionale, e perfino un'arma politica. L'ambiente culturale: l'Illuminismo La storia della civiltà occidentale è in gran parte la storia di alcuni grandi movimenti culturali, come il Rinascimento, il Barocco, l'Illuminismo e il Romanticismo, che si succedettero dalla fine del Medioevo fino al diciannovesimo secolo. Ciascuno di tali movimenti non solo mostrò degli aspetti specifici nella propria filosofia, arte, letteratura, scienza, ma sottintese anche un nuovo stile di vita e culminò nella formazione di un tipo ideale di uomo [22]. Ciascun movimento ebbe il proprio centro di origine in un Paese, e ne conservò alcune caratteristiche mentre si diffondeva al resto dell'Europa: il Rinascimento e il Barocco in Italia, l'Illuminismo in Francia, il Romanticismo in Germania. Questi movimenti (come altri meno importanti) non possono essere definiti esattamente in senso cronologico; essi si diffusero lentamente da un Paese all'altro e in parte si sovrapposero. Il Rinascimento si sviluppò in Italia nel quattordicesimo, nel quindicesimo, e nei primi anni del sedicesimo secolo. Esso fiorì alla corte di principi e in città-stato, in un periodo di lotte intense, quando il feudalesimo stava incominciando a tentennare sotto i colpi della borghesia in ascesa. Esso si diffuse in Francia e in altre parti dell'Europa nel corso del sedicesimo secolo. Le sue caratteristiche principali erano un interesse appassionato per la cultura greca e romana, non solo come fonte d'informazione e d'insegnamenti, ma anche come modello di vita, associato a una presa di coscienza della personalità umana, della sua natura, del suo posto nell'universo [23]. Nelle arti, il Rinascimento cercò l'ideale delle proporzioni perfette nella forma statica, e scoprì le leggi della prospettiva, sottolineandone l'importanza. Il tipo ideale di uomo del Rinascimento era descritto da Baldassar Castiglione come una persona di nobili natali, versato negli esercizi del fisico e provvisto di un'educazione raffinata che doveva comprendere l'arte, la musica, la letteratura; inoltre egli doveva possedere dignità e spontaneità, grazia nelle maniere, e non doveva preoccuparsi molto delle faccende della religione. Il Rinascimento esaltava anche l'astuto politicante, il grande genio, e il profondo studioso [24]. Da allora in poi, e fino alla fine del diciannovesimo secolo, venne ritenuto ovvio che una persona istruita possedesse una conoscenza eccellente del latino e del greco, delle loro letterature, e dei classici moderni delle varie lingue. Non si possono perciò comprendere uomini come Janet, Freud, e Jung se non si tiene presente che essi fin dall'infanzia erano stati in mezzo a un'atmosfera d'intensa cultura classica e che tale cultura pervadeva tutto il loro modo di pensare. Un aspetto negativo del Rinascimento era il suo disprezzo per il volgare, l'illetterato, e per lo "sciocco". Ma c'era anche un grande interesse per la malattia mentale e, come abbiamo visto, per le molteplici manifestazioni che venivano attribuite a una particolare facoltà della mente, l'imaginatio. Lo studio dell'immaginazione, una delle cose lasciate dal Rinascimento ai secoli successivi, sarebbe divenuto una delle grandi fonti d'ispirazione della prima psichiatria dinamica. All'epoca in cui sorse la psichiatria dinamica, il Rinascimento era terminato, e in Spagna e in Austria era ancora fiorente il movimento culturale che gli era succeduto: il Barocco o Seicento. Il Barocco era legato al sorgere di potenze centralizzate, nelle quali il monarca si sforzava di mantenere legate alla propria persona la nobiltà e la borghesia. I modelli di vita non venivano più cercati nell'antichità greca e romana, ma nella figura idealizzata dei grandi monarchi (come il re di Spagna o il Re Sole francese), in grandi imperi, tra un'etichetta elaborata, costumi e arredamenti lussuosi. Il Barocco era anche legato al movimento della Controriforma. Nelle arti, invece dell'ideale statico e perfettamente proporzionato del Rinascimento, il Barocco cercò il movimento, il cambiamento, la crescita. Spesso mostrò una predilezione per l'illimitato, il colossale, lo sproporzionato, e per le decorazioni esagerate. L'uomo ideale era descritto da Baltasar Graciàn come una persona di nascita nobile e di fine istruzione, cui erano sacri la religione e l'onore; soprattutto tale persona ideale doveva cercare la grandezza interiore, anche con una certa ostentazione: essere "uomo di qualità maestose e di maestose imprese" [25]. In uno stile spesso reboante, la letteratura barocca raccontava storie di eroi che affrontavano ostacoli e superavano svantaggi incredibili, di pedine in mano al destino. Il Barocco fu un periodo di grandi sistemi filosofici e di grandi scoperte in tutti i campi della scienza. Secondo Sigerist, l'interesse del Barocco per il movimento e per lo sviluppo si espresse nella medicina con la scoperta di Harvey della circolazione del sangue e con i suoi studi di embriologia [26]. Nella psichiatria, il Barocco mostrò la tendenza verso la costituzione di sistemi e di classificazioni elaborate. Però il Barocco fu anche uno dei peggiori periodi della caccia alle streghe e della credenza nella possessione demoniaca. La nascita della psichiatria dinamica alla fine del diciottesimo secolo può venire compresa appieno solo quando la s'inserisca entro la prospettiva culturale e storica del tramonto del Barocco e del trionfo dell'Illuminismo. Come abbiamo visto, ciò può venire espresso in modo paradigmatico dalla contesa, nell'anno 1775, tra Gassner, sacerdote devoto e convinto esorcista, e Mesmer, laico illuminato con pretese di scienziato. Il terzo grande movimento culturale, l'Illuminismo, è stato definito da Troeltsch come "il movimento spirituale che portò alla secolarizzazione del pensiero e dello Stato" [27]. Secondo la nota definizione di Kant: L'Illuminismo è l'abbandono, da parte dell'uomo, della sua minorità autocausata. Minorità è l'impossibilità di usare la propria ragione senza la guida di un altro. Tale minorità è autocausata quando non è dovuta alla mancanza di facoltà di ragione, ma alla mancanza della decisione coraggiosa di farne uso senza la guida altrui. Sapere aude! Abbi il coraggio di far uso della tua ragione! Tale è il motto dell'Illuminismo [28]. L'Illuminismo, che fu strettamente legato al sorgere e al consolidarsi della classe borghese, ebbe origine in Francia verso il 1730, si diffuse rapidamente in Inghilterra e in Germania, e toccò il vertice verso il 1785. Esso assunse forme diverse in ciascuna di queste nazioni. In Francia esso assunse caratteri politici e spesso antireligiosi. In Inghilterra sviluppò un interesse particolare per le scienze economiche. In Germania si mantenne entro l'ambito della religione ivi prevalente, e fu adottato dai principi sotto forma di un dispotismo illuminato che ebbe come rappresentante tipico Federico II, re di Prussia; nonostante il suo atteggiamento dispotico, egli si riteneva e si proclamava il primo servitore del popolo, in contrasto col tipico sovrano del periodo barocco, Luigi XIV, e con la sua affermazione: "Lo Stato sono io." Tuttavia c'era dappertutto la convinzione che l'umanità era finalmente entrata nella maturità, dopo un lunghissimo periodo d'ignoranza e di schiavitù, e che ora poteva, sotto il controllo della ragione, dirigersi verso un periodo illimitato di progresso [29]. La più importante caratteristica dell'Illuminismo fu il culto della ragione, considerata come un'entità permanente, universale, costante per tutti gli uomini di tutte le epoche, in tutta la terra. La ragione veniva contrapposta all'ignoranza, all'errore, al pregiudizio, alla superstizione, alle fedi imposte, alla tirannia delle passioni, alle aberrazioni dell'immaginazione. Insieme con quest'idea c'era il concetto che l'uomo fosse un animale sociale, e che la società fosse creata per l'uomo. Il tipo ideale di uomo apparteneva all'aristocrazia o alla borghesia, e la sua vita si svolgeva in ottemperanza dei requisiti della ragione e della società. In Francia era rappresentato dall'honnête homme, figura socievole. In Inghilterra era più animato di senso civico, e si preoccupava di problemi dell'economia. La filosofia dell'Illuminismo era ottimistica e pratica, e affermava che la scienza poteva e doveva essere applicata per il benessere dell'umanità. Il progresso non veniva solo inteso nel senso materiale, ma anche come progresso qualitativo e morale, ed erano comprese nel concetto anche le riforme sociali. Un ulteriore aspetto dell'Illuminismo era anche la fede nell'istruzione e la grande preoccupazione per essa. Nella scienza, l'Illuminismo eliminò il concetto di autorità e incominciò ad applicare l'analisi, fino allora usata solo in matematica, ad altre branche della conoscenza, compreso lo studio della psiche umana, della società, e della politica. La psicologia cercò di analizzare gli elementi fondamentali della mente, sensazioni e associazioni, e poi di ricostruire, per mezzo di sintesi, l'intero tessuto della mente umana. In modo simile, uomini come Rousseau cercarono d'immaginare l'evoluzione della società, iniziando con individui separati che si raccolgono insieme e che stabiliscono tra loro un "contratto sociale". Fino ad allora, la scienza era progredita soprattutto per mezzo del lavoro individuale di grandi scienziati che vivevano isolati e che comunicavano tra loro mediante un nutrito scambio di lettere. L'Illuminismo portò alla creazione di una rete di società scientifiche che pubblicavano rendiconti delle loro attività. I membri, tra i quali erano spesso compresi molti dilettanti, consideravano un dovere partecipare alle riunioni e comunicare le proprie scoperte. Gli aspetti razionali, pratici, ottimistici dell'Illuminismo si accentrarono sull'interesse per le riforme e per l'assistenza ai derelitti della grande famiglia umana. L'Illuminismo proclamò i princìpi della libertà religiosa e della tolleranza reciproca tra le varie religioni, come esposto da Lessing nella famosa opera Nathan il Saggio (1779). L'Illuminismo lottò per l'emancipazione dei protestanti nei Paesi cattolici, dei cattolici nei Paesi protestanti, e degli ebrei in tutta l'Europa. Tra i cristiani ci fu un movimento per l'emancipazione degli ebrei, e tra le comunità ebraiche ci fu un movimento per l'emancipazione dal peso dell'ortodossia e del modo di vivere tradizionali ebraici [30]. Il movimento per l'abolizione della servitù e della schiavitù ebbe origine nell'Illuminismo. Tra i protestanti sorse una tendenza chiamata razionalismo, che poteva venire definita bene dal titolo del trattato di Kant La religione nei limiti della semplice ragione. Fu sottolineato l'elemento di ragione nella fede invece che quello della tradizione cieca o quello dell'élan mistico [31]. Si compirono tentativi per attribuire ai miracoli una spiegazione razionale (cioè per trovare delle spiegazioni supposte scientifiche dei miracoli biblici). Roskoff ha fatto notare come la credenza nel diavolo si allontanasse gradualmente dagli ambienti religiosi man mano che questi venivano toccati dall'Illuminismo, e ciò spiega in parte la graduale diminuzione dei processi per stregoneria [32]. Nel campo della giustizia, l'Illuminismo lottò contro l'uso della tortura e di altri pesanti abusi, allora diffusissimi. Il movimento verso la riforma penale e giudiziaria è illustrato dal famoso trattato di Beccaria Dei delitti e delle pene (1764), e dall'attività filantropica di Howard per il miglioramento di ospedali e prigioni. L'enorme influsso dell'Illuminismo sulla medicina viene di solito lasciato in disparte [33]. L'Illuminismo inaugurò la pediatria, l'ortopedia, l'igiene pubblica e, tra le altre cose, anche la profilassi con le sue campagne per la vaccinazione antivaiolosa. L'Illuminismo influì sulla psichiatria in molti modi, incominciando con la sua laicizzazione. Molti sintomi che prima venivano considerati frutto di stregoneria o di possessione incominciarono a venire considerati forme di malattia mentale. Si cercò di spiegare la malattia mentale in modo scientifico. Il rapido progresso della meccanica e della fisica suggerì di adottare un modello meccanicistico in fisiologia e di riportare la vita psichica all'attività del sistema nervoso. Per l'importanza che si dava alla facoltà della ragione, la malattia mentale veniva considerata essenzialmente come un disturbo della ragione. Si credeva che le sue cause fossero o qualche lesione organica, in particolare del cervello, o il mancato controllo delle passioni. Per questo i rappresentanti dell'Illuminismo insegnavano princìpi di quella che oggi chiameremmo igiene mentale, basati sull'addestramento della volontà e sulla subordinazione delle passioni alla ragione. Kant stesso, in uno dei suoi libri, scrisse un capitolo intitolato "La facoltà della mente di padroneggiare i propri sentimenti morbosi per mezzo della semplice decisione", in cui forniva regole per vincere l'insonnia, l'ipocondria, e vari disturbi organici per mezzo di una dieta e di una respirazione adatte, lavorando in un modo sistematico, interrotto da pause di completo rilassamento, formandosi delle abitudini e rispettandole, e soprattutto eseguendo spesso degli atti consci di volontà [34]. L'interesse dell'Illuminismo per le malattie mentali veniva anche messo in evidenza dal numero crescente di trattati sull'argomento pubblicati nella seconda metà del diciottesimo secolo; alcuni di tali trattati erano organizzati già in un modo simile a quello dei libri di testo moderni. Ma, quel che è più importante, l'Illuminismo fu il periodo nel quale si incominciò a tentare di riformare gli ospedali psichiatrici; tale riforma fu iniziata verso la fine del secolo da uomini che facevano parte del novero dei più tipici rappresentanti dell'Illuminismo: Chiarugi, Tuke, Daquin, Pinel. L'interesse per i malati di mente si diffuse anche al di fuori del mondo della medicina; persone come il pastore alsaziano Oberlin accolsero nella propria casa i malati mentali e li trattarono con una mescolanza di terapia d'appoggio e di ergoterapia [35]. Fu lo stesso spirito dell'Illuminismo a ispirare a Itard i tentativi d'istruzione particolare per bambini deficienti mentalmente, all'abate de l'Epée quelli per sordomuti, a Haüy quelli per ciechi. L'importanza storica e culturale dell'Illuminismo non va sottovalutata: esso costituisce la spina dorsale della moderna civiltà occidentale. Il principio della libertà di religione, di pensiero e di parola, il principio della giustizia sociale, dell'uguaglianza, della socialità dello Stato, il concetto del benessere pubblico come normale funzione dello Stato e non come atto di carità, il principio dell'istruzione libera e obbligatoria, come pure le Rivoluzioni francese e americana, nacquero tutti dall'Illuminismo, come del resto i fondamenti della psichiatria moderna. Tuttavia l'Illuminismo aveva anche i suoi punti negativi. Esso tendeva a collocare tutti gli uomini in una sola categoria, a sottovalutare le differenze di costituzione fisica e mentale e le tradizioni culturali. Esso propugnava un concetto monodimensionale delle emozioni come fattore che disturbava la mente razionale, senza riconoscere loro il giusto valore. Mentre da una parte sosteneva la metodologia storica, dall'altra parte gli mancava la prospettiva storica. Nonostante il grande rilievo dato alla ragione, l'Illuminismo non era abbastanza critico, e la scienza era ancora in quella che Bachelard ha chiamato l'era prescientifica [36]. In molti scienziati dell'Illuminismo si può trovare una strana mescolanza di razionalismo e di speculazioni irrazionali. Ci furono, ad esempio, numerose speculazioni nel campo delle scienze naturali. La scoperta newtoniana della gravitazione universale affascinava gli scienziati, che cercarono la forza universale: fuoco, flogisto, elettricità, e perfino magnetismo animale. Un'altra preoccupazione molto diffusa era la ricerca del "mondo primitivo" che si supponeva fosse esistito alle origini dell'umanità, un mondo dotato di conoscenza suprema e di saggezza irraggiungibile. Si credeva che questo mondo fosse stato distrutto da qualche catastrofe, ma che parte delle sue tradizioni fosse trasmessa segretamente da una catena di pochi saggi "iniziati". Alcuni pensavano che questo mondo primitivo avesse avuto sede nella leggendaria Atlantide, altri invece lo collocavano nell'Asia centrale. Boulanger affermava che la civiltà umana era stata distrutta diverse volte, ma che ogni volta era stata ricostruita da un pugno di superstiti. La più recente di tali catastrofi, egli disse, era il diluvio biblico; l'umanità, non potendone sopportare il ricordo, ne aveva cancellato la memoria, tuttavia il diluvio continuava ancora a trapelare da innumerevoli miti di ogni terra, e Boulanger si sforzò di interpretare tali miti (il Battesimo, ad esempio, era per lui un ricordo simbolico delle acque del diluvio) [37]. Secondo un'altra credenza, la saggezza del mondo primitivo, prima di essere sommersa dai flutti, era stata scritta in geroglifici indecifrabili ed era conservata nell'antico Egitto. Un romanzo dell'abate Terrasson, Séthos, ritraeva la vita dei saggi dell'Egitto e i loro riti arcani [38]. Si pensava che i riti massonici riproducessero alcuni di tali riti antichissimi e misteriosi. Antoine Court de Gébelin pubblicò una serie di grossi volumi, preziosamente stampati, che esponevano nei minimi dettagli una ricostruzione del mondo primitivo, ricavata dai miti della Grecia e di altre terre, e in cui giungeva perfino a rintracciare la lingua primitiva dell'umanità, ricavandola dall'analisi delle lingue esistenti [39]. È significativo che poi Court de Gébelin divenisse un entusiastico sostenitore di Mesmer; molti ritenevano che Mesmer avesse riscoperto uno dei segreti del mondo primitivo. Possiamo così vedere come la nascita della prima psichiatria dinamica si possa comprendere come una caratteristica manifestazione dell'Illuminismo, tanto nei suoi aspetti razionali quanto in quelli irrazionali. Mesmer fu fondamentalmente un rappresentante dell'Illuminismo. Egli credeva di essere lo scienziato che aveva esteso la conoscenza della natura dal punto in cui era giunto Newton. Le sue conoscenze superficiali di fisica lo portavano a costruire delle teorie pseudofisiche, che però non erano molto diverse da quelle di molti fisici dilettanti dell'epoca, e l'atmosfera generale di quegli anni portava molti contemporanei a considerarlo come uno scienziato. Puységur e gli appartenenti alla Société de l'harmonie mostravano invece un altro aspetto dell'Illuminismo: la tendenza filantropica a mettere le scoperte della scienza, e i benefici da esse portati, a disposizione di tutta l'umanità e non solo a quella di quei pochi che potevano permetterseli. In Alsazia, la Société de l'harmonie aprì numerosi servizi ambulatoriali gratuiti per chiunque avesse bisogno di magnetizzazione. (Questo, a quanto sappiamo, fu il primo esempio storico di trattamento psichiatrico disponibile ai non abbienti in modo gratuito.) Abbiamo così visto che il magnetismo fu una creatura dell'Illuminismo. È un po' un'ironia il fatto che il magnetismo venisse poi adottato dal movimento culturale successivo, il Romanticismo, che ne avrebbe dato un'interpretazione molto diversa. Tuttavia, l'antagonismo e l'influsso reciproco tra Illuminismo e Romanticismo possono venire seguiti per tutta la storia della psichiatria dinamica, a partire da Mesmer fino ai tempi moderni. Come vedremo nei prossimi capitoli, gli insegnamenti di Janet possono venire chiaramente ricondotti a tradizioni nate con l'Illuminismo, mentre invece Freud e Jung possono venire riconosciuti come tardi epigoni del Romanticismo. L'ambiente culturale: il Romanticismo Il Romanticismo ebbe origine in Germania e ivi raggiunse il massimo sviluppo tra il 1800 e il 1830, per poi tramontare dopo essersi diffuso anche in Francia, in Inghilterra, e in altre nazioni. Il suo influsso fu tale da esercitare effetti duraturi sulla vita culturale europea per tutto il diciannovesimo secolo. In senso stretto, il Romanticismo fu costituito di un esiguo numero di piccoli gruppi sparsi di poeti, pittori, e filosofi dell'inizio del diciannovesimo secolo. In senso più ampio, il Romanticismo fu un vasto movimento che trovò espressione in un modo caratteristico di vedere la vita [40]. Spesso il Romanticismo è stato considerato come una reazione culturale contro l'Illuminismo. Mentre l'Illuminismo affermava i valori della ragione e della società, il Romanticismo aveva invece il culto dell'irrazionale e dell'individuale. Le tendenze mistiche, che erano state messe da parte dall'Illuminismo, ora ritornavano alla ribalta. Una teoria politica considera il Romanticismo come un movimento di rinnovamento nazionale secondo il principio di nazionalità. Questo movimento fu più forte in Germania che altrove a causa delle circostanze politiche che erano dominanti in Germania da secoli: la Germania aveva sofferto la Guerra dei trent'anni, era stata ridotta all'impotenza politica da Richelieu, Luigi XIV, e Napoleone, ed era divisa in una molteplicità di piccoli Stati sovrani, così risultando una nazione senza uno Stato. Anche la sua lingua e la sua cultura erano state danneggiate da un'eccessiva influenza straniera. Il Romanticismo ridiede alla Germania il senso della sua identità di nazione, e così contribuì al suo rinnovamento politico. Brunschwig collega il sorgere del Romanticismo in Germania a uno squilibrio demografico verificatosi in Germania alla fine del diciottesimo secolo [41]. La popolazione urbana della Germania era notevolmente aumentata, e una nuova generazione di giovani borghesi e intellettuali, privata della possibilità di carriera, trovatasi di fronte a una situazione abbastanza squallida, adottò un modo di pensare irrazionale, si volse verso il passato remoto o il lontano futuro, e visse in una continua attesa di miracoli, nella religione, nella medicina, nell'amore, nel lavoro, e nella vita quotidiana. Qualunque sia la spiegazione delle sue origini, alcune caratteristiche del Romanticismo rimangono essenziali: 1) Prima di tutto ci fu un profondo sentimento verso la natura, in contrasto con l'Illuminismo che faceva centro sull'uomo e che trovava la propria espressione in un noto verso di Pope: "Il giusto studio dell'umanità è l'uomo." Il Romanticismo guardava alla natura con un profondo senso di reverenza, con Einfühlung ("sentire dentro" o empatia), con il desiderio di penetrare nei suoi abissi per scoprire la vera relazione dell'uomo con la natura. Questo sentimento nei riguardi della natura si mostrava tanto nella poesia lirica dei romantici quanto nelle speculazioni della filosofia della natura. Lo si poteva anche scorgere nell'interesse del fisiologo per i ritmi e le periodicità dell'organismo umano e per la loro relazione con i movimenti del cosmo. 2) Al di là della natura visibile, i romantici cercavano di penetrare i segreti del "fondamento" (Grund) della natura, che ritenevano fosse anche il fondamento dell'anima umana. I mezzi per raggiungere tale fondamento risiedevano non solo nell'intelletto, ma anche nel Gemüt (animo, forza, coraggio), cioè la più intima qualità della vita affettiva. Di qui l'interesse del Romanticismo per tutte le manifestazioni dell'inconscio: sogni, genialità, malattia mentale, parapsicologia, poteri nascosti del fato, e l'interesse per la psicologia animale. Di qui anche la sua attenzione per il folclore, la narrativa, e le espressioni spontanee del genio popolare. E di qui anche l'entusiasmo per il magnetismo, il quale, chiamato anche "il lato oscuro della natura", conteneva i simboli universali e il seme delle cose future. Lo studio sistematico dei miti e dei simboli fu iniziato da pensatori come Christian Gottlieb Heyne, Friedrich Schlegel, Creuzer e Schelling, i quali non li ritenevano errori storici o concetti astratti, ma forze vitali e realtà. 3) Per terza cosa ci fu il sentimento verso il "divenire" (Werden). Mentre l'Illuminismo aveva creduto nella ragione eterna e nella stabilità della sua manifestazione sotto forma di progresso umano, il Romanticismo riteneva che tutti gli esseri nascessero da princìpi seminali che, sviluppandosi, davano individui, società, nazioni, lingue, culture. La vita umana non era solo un periodo più lungo di maturità preceduto da un periodo più breve di immaturità, ma un processo spontaneo di svolgimento, una serie di metamorfosi (che C. G. Jung avrebbe poi chiamato individuazione). Il Bildungsroman (romanzo di costruzione), un tipo di romanzo che descriveva il processo dello sviluppo intellettuale ed emotivo di un individuo, divenne una delle forme letterarie favorite, e probabilmente suggerì agli psichiatri di stendere i casi clinici in modo che riferissero tutta la vita del paziente. 4) Il Romanticismo si occupava di nazioni e di culture specifiche, non] della società in generale. I romantici tedeschi non solo riportarono al giusto posto la lingua e la cultura tedesche, ma studiarono con interesse molte altre culture provviste del proprio folclore, dei propri racconti popolari, miti, letterature, filosofie. La loro Einfühlung verso le altre culture è ben visibile nella straordinaria perfezione delle traduzioni da autori stranieri: ad esempio, i poeti romantici riuscirono a fare di Shakespeare un poeta nazionale germanico. Friedrich Schlegel proclamò: "Una persona davvero libera e istruita dovrebbe essere capace di accordarsi a volontà, filosoficamente e filologicamente, criticamente e poeticamente, storicamente e retoricamente, all'antico e al moderno, come si accorda uno strumento musicale, in ciascun momento e al grado di somiglianza voluto [42]." Novalis pensava che "la persona perfetta deve vivere ugualmente in diversi luoghi e tra diverse genti" [43]. 5) Il Romanticismo fu portatore di nuovo sentimento verso la storia, cer-cando quasi di evocare lo spirito dei secoli passati. Si diceva che il Romanticismo raggiungeva l'Einfühlung con tutti i periodi della storia, eccetto il solo Illuminismo. Tuttavia la predilezione dei romantici si volgeva verso il Medioevo, che venne da loro riscoperto nello stesso modo in cui il Rinascimento aveva riscoperto l'antichità greca e romana. 6) In contrasto con l'Illuminismo, il Romanticismo pose notevolmente l'accento sull'individuo. Nel 1800, nei Monologen, Schleiermacher [44] sottolineò l'assoluta unicità di ciascun individuo, concetto condiviso da tutti i romantici. Il concetto tipicamente romantico di Weltanschauung (visione del mondo) indica un modo specifico di percepire il particolare mondo di I una nazione, di un periodo storico, di un individuo. Secondo Max Scheler, la parola venne coniata da Wilhelm von Humboldt, il quale affermava che la scienza di un determinato periodo era sempre determinata inconsciamente dalla Weltanschauung di quel particolare periodo storico [45]. Mentre l'Illuminismo tendeva a considerare la società come un prodotto della libertà umana, più o meno volontario, se non artificiale, o di un contratto sociale, il Romanticismo considerava la vita delle comunità come una cosa data dalla natura e indipendente dalla volontà dell'uomo. Spesso i romantici lavoravano o vivevano insieme come amici, o come avrebbero potuto vivere due fratelli o fratello e sorella, oppure vivevano in piccoli gruppi di amici che s'incontravano a intervalli regolari per scambiare idee e impressioni. Dalla relazione tra i due sessi, i romantici esigevano soprattutto gli aspetti emotivi e spirituali, e provavano ripugnanza per l'idea del "matrimonio di due ragioni" dell'Illuminismo. Nel 1799 Friedrich Schlegel destò molte controversie con il romanzo autobiografico Lucinde [46], nel quale esaltava il concetto di eterno amore (amore romantico) come fusione di passione fisica e di attrazione spirituale. Novalis espresse la convinzione che l'amore doveva dare "la guida per perfezionare sé stessi mediante l'amata, e per aiutarla a raggiungere la perfezione" [47], concetto che, come vedremo nei prossimi capitoli, anticipava quello di Jung. Come già i movimenti culturali che lo avevano preceduto, anche il Romanticismo espresse il suo tipo ideale di uomo. Le sue principali caratteristiche erano un'estrema sensibilità, che gli permetteva di "sentire" la natura e di "sentire" gli altri uomini, una ricca vita interiore, la fede nei poteri dell'ispirazione, dell'intuizione, e della spontaneità, e l'importanza da lui attribuita alla vita affettiva. Spesso i romantici vennero criticati per la loro tendenza al facile entusiasmo e ai sentimentalismi. Tuttavia Friedrich Schlegel e i primi romantici sottolinearono l'importanza della virtù dell'"ironia" nel senso romantico, cioè di un atteggiamento distaccato verso i propri sentimenti, per quanto profondi [48]. Tuttavia, spesso si verificava che uomini e donne romantici fossero affetti da quella malattia ritratta da Schlegel in Lucinde: una Sehnsucht (nostalgia), un desiderio di qualcosa di indefinibile e straordinario, un'irrequietezza continua, un andare in giro senza meta, conducendo una vita errabonda che portava sull'orlo del collasso. Molti romantici erano effettivamente delle persone irrequiete, prive di autodisciplina, che dedicavano il meglio del proprio talento all'improvvisazione e alle conversazioni, e che lasciarono dietro di sé solo opere incompiute. Alcuni morirono prematuramente malati fisicamente, come Novalis, malati nella mente, come Hölderlin, o suicidi come Kleist. La malattia romantica comparve anche in Inghilterra e in Francia, e ispirò le brillanti descrizioni letterarie di Chateaubriand e di Alfred de Musset. Quando si parla del Romanticismo si pensa di solito alle sue espressioni nella letteratura, nella musica, e nelle arti; tuttavia in Germania il Romanticismo pervase anche i campi della filosofia, della scienza e della medicina. Data la particolare importanza che il suo influsso esercitò sui successivi sviluppi della psichiatria dinamica, osserveremo un po' più nei dettagli le implicazioni del Romanticismo in questi campi. Filosofia della natura e filosofia romantica Una scuola specifica di pensiero, quella della Naturphilosophie, o filosofili della natura, venne fondata, come prodotto diretto del Romanticismo tedesco, dal filosofo Friedrich Wilhelm von Schelling (1775-1854) e comprese tra i propri aderenti tanto scienziati quanto filosofi [49]. Il punto di partenza della filosofia di Schelling era l'affermazione che tanto la natura quanto lo spirito uscivano dall'assoluto e costituivano un'unità indissolubile. "La natura è spirito visibile, lo spirito è natura invisibile." Quindi la natura non può essere compresa solamente in termini di concetti meccanici e fisici, ma dev'essere compresa nei termini del suo substrato di leggi naturali, leggi che la filosofia della natura si poneva lo scopo di chiarire. Nella natura visibile, il mondo visibile e quello organico sono nati da un principio spirituale comune, l'anima del mondo (Weitseele), che da sola per mezzo di una serie di successive generazioni ha prodotto la materia, la natura vivente, e nell'uomo la coscienza. La natura organica e i vari campi del mondo vivente differiscono in grado di perfezione, ma obbediscono alle stesse leggi. Per questo le leggi che regolano uno dei campi possono venire scoperte per mezzo dell'esplorazione degli altri campi e per mezzo dell'uso dell'analogia, che è la bacchetta magica della filosofia romantica. Uno dei princìpi fondamentali della filosofia della natura era l'unità essenziale di uomo e natura; la vita umana era considerata come la partecipazione a una specie di movimento cosmico all'interno della natura. L'universo era un tutto organizzato, in cui ogni parte era connessa a tutte le altre parti per mezzo di una relazione di simpatia [50]. Di qui l'interesse mostrato dai filosofi della natura per la teoria di Mesmer del magnetismo animale, da essi interpretata in accordo con le loro teorie. Un altro principio fondamentale della filosofia della natura era la legge delle "polarità", coppie di forze antagoniste e complementari che si potevano unire dando luogo all'indifferenza. Secondo Schelling, c'erano delle polarità all'interno della natura, come giorno e notte, forza e materia, gravità e luce. Alla polarità di maschio e femmina veniva attribuita una grande importanza, che si estendeva oltre i limiti del mondo animato. Schelling e discepoli cercavano le polarità dappertutto. I trattati di chimica erano scritti dal punto di vista della polarità tra acido e base. La fisiologia umana era interpretata nei termini delle polarità veglia e sonno, sfera vegetativa e sfera animale (Reil), cervello e sistema ganglionare (Von Schubert) [51]. Le polarità venivano spesso concepite come interazione dinamica di forze antagonistiche. Il fisiologo August Winkelmann [52], nella sua Einleitung in die dynamische Physiologie (Introduzione alla fisiologia dinamica; 1802), affermò che "la natura è la lotta delle forze, il conflitto di una forza positiva e di una negativa". Egli fondò un intero sistema di fisiologia dinamica sul concetto di polarità in conflitto, ad esempio quelle del sistema nervoso e del sistema circolatorio. Un altro fondamentale concetto della filosofia romantica era quello dei fenomeni primordiali (Urphänomene) e della serie di metamorfosi che da essi derivava. Goethe, che per vari aspetti aveva anticipato il modo di vedere della filosofia della natura, applicò i due concetti allo studio delle metamorfosi delle piante [53]. La parola "metamorfosi", come la usò Goethe, non indicava né una trasformazione materiale visibile all'osservatore, né una pura astrazione, ma una supposta variazione della "forza formativa" (come l'aveva formulata Agnes Arber) [54]. Goethe dunque credeva nella Urpflanze (pianta primordiale) come modello di tutte le piante, di cui ciascuna specie botanica partecipava in una certa misura. È abbastanza curioso il fatto che Goethe venisse poi a credere che la Urpflanze esistesse realmente, e che si mettesse a cercarla, anche se nella sua concezione originaria non ne era necessaria l'esistenza effettiva. Ciò che C. G. Carus chiamava il metodo genetico era un modo di collegare un fenomeno primordiale con le metamorfosi derivanti da esso e di trovare le leggi che regolavano i loro rapporti [55]. Tra gli altri Urphänomene c'era il mito dell'androgino. Nel Simposio Platone aveva detto in senso figurato che l'essere umano primordiale possedeva entrambi i sessi; essi erano poi stati separati da Zeus e, da allora in poi, l'uomo e la donna si cercavano reciprocamente allo scopo di riunirsi. Questo mito, ripreso da Boehme, Baader, e altri, si prestava bene a esprimere l'idea romantica della fondamentale bisessualità dell'essere umano, e fu elaborato in diversi modi dai romantici [56]. Non meno importante era per loro il concetto d'inconscio. La parola non significava più i ricordi dimenticati di sant'Agostino o le "percezioni non chiare" di Leibniz, ma era il vero fondamento dell'essere umano, essere le cui radici affondavano nella vita invisibile dell'universo, e perciò era il vero legame tra l'uomo e la natura. Strettamente collegata al concetto d'inconscio era l'idea di un senso "interiore" o "universale" (All-Sinn) con cui l'uomo, prima della ribellione o caduta, era capace di conoscere la natura. Per quanto questo senso fosse divenuto imperfetto, tuttavia esso ci permetteva ancora — dicevano i romantici — di acquisire una certa conoscenza diretta dell'universo nell'estasi mistica, nell'ispirazione poetica e artistica, nel sonnambulismo magnetico, nei sogni. Anche i sogni erano un particolare campo d'interesse dei romantici [57]. Le concezioni e il modo di pensare della filosofia romantica ci possono apparire strani, ora che siamo abituati ai metodi della scienza sperimentale. Tuttavia essi sono riapparsi inconfondibilmente nella nuova psichiatria dinamica. Leibbrand afferma: "Gli insegnamenti di C. G. Jung nel campo della psicologia non sono comprensibili se non li colleghiamo a Schelling." Egli mostra anche l'influsso esercitato dal concetto di mito di Schelling sulla moderna psichiatria dinamica. (Si può ancora dire che Leibbrand ha mostrato delle analogie tra il concetto di malattia mentale di Schelling - come reazione non specifica della materia vivente - e le teorie moderne di Selye e di Speranskij [58].) Jones ha anche osservato che i concetti di Freud sulla vita psichica erano dominati da polarità (dualismo degli istinti, polarità soggetto-oggetto, piacere-dispiacere, attivo-passivo); e ha anche detto che un aspetto particolare del pensiero di Freud, in tutta la sua vita, fu "la sua mania dei dualismi" [59]. Questo era un modo di pensare tipicamente romantico. Il concetto filosofico romantico di Urphänomen non solo riappare nell'opera di Jung col nome di "archetipo", ma è visibile anche in Freud. Che cosa sono il complesso edipico e quello dell'assassinio del padre primordiale se non Urphänomene, postulati per l'intera umanità e descritti negli individui nelle loro varie metamorfosi? Per Freud non aveva importanza il fatto che l'assassinio del padre primordiale fosse accaduto realmente o no, non più di quanto importasse a Goethe il fatto se l’Urpflanze esistesse davvero come specie botanica. Importanti erano solo le relazioni che se ne potevano dedurre riguardo alla cultura e alla religione umane, all'ordine sociale e alla psicologia individuale. Allo stesso modo, l'idea romantica della bisessualità fondamentale dell'essere umano riuscì a comparire nei sistemi psichiatrici di Freud e di Jung. Il concetto di Jung di Animus e Anima è una successiva incarnazione dell' Urphänomen romantico che si esprimeva nel I mito dell'androgino. Fondamentalmente romantici sono anche i concetti d'inconscio, in particolare quello junghiano di "inconscio collettivo", e la particolare attenzione ai sogni e ai simboli. Come vedremo avanti, non c'è quasi nessun concetto di Freud o Jung che non sia stato anticipato dalla filosofia della natura o dalla medicina romantica. Oltre a questi aspetti generali che si riferiscono ai concetti romantici di uomo e di natura, ciascuno dei pensatori romantici aveva poi il proprio sistema filosofico. Alcuni di essi, come Von Schubert, Troxler, e C. G. Carus, mostrarono notevoli anticipazioni di taluni insegnamenti della nuova psichiatria dinamica. Schopenhauer, pur non essendo esattamente un romantico, appartenne alla stessa epoca e fu chiaramente tra gli antenati della moderna psichiatria dinamica. Gotthilf Heinrich von Schubert (1780-1860) fu l'autore di una visione altamente poetica della natura, che a volte può ricordare al lettore moderno Bergson e Teilhard de Chardin e che colpisce per le somiglianze con taluni concetti freudiani e junghiani [60]. Secondo Von Schubert, l'uomo, in uno stato primordiale originario, viveva in armonia con la natura, ma poi si staccò da essa per il suo Ich-Sucht (ricerca o amore dell'Io); tuttavia egli vi ritornerà più tardi, in forma più perfetta. L'intuizione di questo fatto — credeva Von Schubert — veniva espressa dalle antiche religioni dei popoli agrari nelle rappresentazioni dei misteri della morte e resurrezione di Iside, Adone, Mitra. Von Schubert fornì un grandioso quadro sia dell'evoluzione della terra, con la successiva comparsa dei regni minerale, vegetale, e animale, e con il suo culmine nell'uomo, portatore dello spirito, sia delle relazioni mutue tra i regni minerale, vegetale, e animale all'interno dell'universo e all'interno della natura umana. Secondo Kern, Von Schubert fornì una chiara indicazione di ciò che Von Uexküll avrebbe chiamato l’Umwelt (mondo "che ci circonda") [61]. Von Schubert distingueva tre parti costitutive dell'essere umano: Leib (corpo vivente), anima, e spirito; e affermava che queste parti attraversano un processo di "divenire". La vita umana è una serie di metamorfosi; a volte se ne verifica una improvvisa, poco prima della morte o dopo che si è raggiunta la metà della vita. Così l'uomo è una "stella doppia"; egli ha un secondo centro, il suo Selbstbewusstsein (coscienza di sé), che emerge gradualmente nella sua anima. Nell'uomo, come in tutti gli esseri viventi, il desiderio (Sehnsucht) o nostalgia d'amore non può essere facilmente separato dal desiderio della morte (Todessehnsucht), che è la spinta di "tornare a casa" nella natura, ma che punta anche verso la direzione di una vita futura. In un'altra opera, Die Symbolik des Traumes (Il simbolismo dei sogni), Von Schubert affermò che quando un uomo cade addormentato, la sua mente incomincia a pensare in un "linguaggio per immagini", in contrasto con il linguaggio verbale dello stato di veglia [62]. Per un po', entrambi i linguaggi possono fluire parallelamente e mescolarsi, ma nei sogni veri e propri resta solo il linguaggio per immagini (Traumbildsprache, linguaggio figurativo onirico). Esso è un linguaggio geroglifico nel senso che può dare una combinazione di più idee o concetti in una sola immagine. I sogni impiegano un linguaggio di simboli universale, che è sempre lo stesso per tutti gli uomini di tutto il mondo, e che vale per gli uomini del passato come per i contemporanei. Il linguaggio per immagini dei sogni è "un tipo superiore di algebra"; esso a volte assume delle caratteristiche poetiche, a volte ne assume di ironiche (come in quei sogni in cui l'immagine della nascita significa invece la morte, o gli escrementi significano l'oro). Di notte a volte la mente umana diventa capace di percepire visioni di eventi futuri, ma più spesso i sogni hanno un carattere amorale e demoniaco perché gli aspetti dimenticati, rimossi, e soffocati (vergewaltigte, coartati) della personalità escono in primo piano. Si può dare un semplice specchietto delle somiglianze tra i concetti di Von Schubert e quelli di Freud e Jung: Schubert Freud Jung Natura triplice dell'uomo Leib (corpo vivente) Es Anima Io Spirito Super-io Ich-Sucht (amore dell'Io) Narcisismo Cambiamenti nel corso della vita Individuazione Secondo centro dell'anima umana Selbst ("Sé") Todessehnsucht (deside-rio di morte) Pulsione di morte Sogno: linguaggio verbale Identico concetto e linguaggio per immagini Geroglifici Condensazione Archetipi Simboli universali Identico concetto. Un altro filosofo della natura, lo svizzero Ignaz Paul Vital Troxler (1780-1866), fu un discepolo di Schelling e fu amico di Beethoven, oltre a essere un medico esperto e insegnante di filosofia a Basilea e a Berna [63]. Dopo un secolo d'oblio, la sua figura è stata riscoperta recentemente ed è stata portata all'attenzione. Troxler insegnava che l'essere umano è composto non dei tre princìpi (corpo, anima, e spirito), come affermavano altri romantici, ma di quattro princìpi, cui si perveniva operando una distinzione tra Körper e Leib, essendo il Körper il corpo come lo considera il chirurgo o l'anatomo, e il Leib il corpo animato e sensibile (che si potrebbe rendere con soma). La Tetraktys (tetrade) è costituita di due polarità: quella soma-anima, sullo stesso livello e complementari, e quella spirito-corpo, in cui il corpo è subordinato allo spirito. Questi quattro princìpi sono tenuti insieme dal Gemüt, che è il centro vivente della Tetraktys ed è, con le parole di Troxler: "La vera individualità dell'uomo, per mezzo della quale egli è più autenticamente sé stesso, il cuore del suo Sé, il centro più vivo della sua esistenza." Il corso della vita è una comparsa successiva di livelli di coscienza sempre più alti. Il bambino impara per prima cosa a distinguere tra Io e non-Io, poi tra anima e soma. Quando l'anima si stacca dal soma, l'uomo può soddisfare se stesso con una conoscenza puramente intellettuale, ma egli ha anche la libertà di scegliere se raggiungere un terzo livello di sviluppo, cioè quello dello spirito, aprendo così sé stesso alla luce divina. Il vero scopo della filosofia è quello di rendere lo spirito un organo di conoscenza: per mezzo suo, l'uomo può prendere coscienza di realtà spirituali superiori: ciò veniva chiamato da Troxler antroposofia. Ci sono delle chiare somiglianze tra la dottrina di Troxler dello sviluppo della mente umana e il concetto junghiano d'individuazione, e anche tra il Gemüt di Troxler e il Selbst (Sé) di Jung. Carl Gustav Carus (1789-1869), medico e pittore, è noto per la sua opera nel campo della psicologia animale e della fisiognomica, e in particolare per il suo libro Psyche, che costituì il primo tentativo di fornire una teoria obiettiva e concreta sulla vita psicologica inconscia. Il libro inizia con le seguenti parole: La chiave della conoscenza della natura della vita conscia dell'anima sta nel campo dell'inconscio. Ciò spiega la difficoltà, se non l'impossibilità, di pervenire a una comprensione reale del segreto dell'anima. Se vi fosse un'impossibilità assoluta di trovare l'inconscio nel conscio, allora l'uomo non avrebbe speranza di poter mai avere conoscenza della sua anima, cioè conoscenza di sé stesso. Ma se questa difficoltà è solo apparente, allora il primo compito della scienza dell'anima è quello di affermare come lo spirito dell'uomo sia capace di scendere in quelle profondità [64]. Carus definisce la psicologia come la scienza dello sviluppo dell'anima dall'inconscio al conscio. Secondo la sua concezione, la vita umana si divide in tre periodi: 1) un periodo preembrionale, nel quale l'individuo esiste soltanto come minuscola cellula all'interno delle ovaie della madre; 2) il periodo embrionale: per mezzo della fecondazione, che desta bruscamente l'individuo dal suo lungo sonno, si sviluppa l'inconscio formativo; 3) il periodo dopo la nascita, nel quale l'inconscio formativo continua a dirigere la crescita dell'individuo e le funzioni dei suoi organi. La coscienza sorge gradualmente, ma resta sempre sotto l'influsso dell'inconscio, e periodicamente l'individuo ritorna ad esso nel sonno. Carus opera una distinzione fra tre strati d'inconscio: 1) l'inconscio generale assoluto, che è inaccessibile alla nostra consapevolezza, totalmente e permanentemente; 2) l'inconscio parziale assoluto, preposto ai processi di formazione, crescita, e attività degli organi. Questa parte dell'inconscio esercita un influsso indiretto sulla nostra vita affettiva. Carus descrive vari "distretti dell'anima", come la respirazione, la circolazione del sangue, l'attività del fegato; ciascuno di questi distretti ha una tonalità affettiva sua, e contribuisce alla costituzione dei sentimenti vitali che fanno da supporto alla vita emotiva. Anche i pensieri consci e i sentimenti consci esercitano un'azione, debole e mediata, sull'inconscio parziale assoluto; ciò spiega perché la fisionomia di una persona possa rispecchiare la sua personalità conscia; 3) l'inconscio relativo o secondario, che comprende la totalità dei sentimenti, delle percezioni e delle rappresentazioni che sono state in noi in una qualsiasi occasione e che ora sono diventate inconsce. Carus attribuisce all'inconscio le seguenti caratteristiche: 1) l'inconscio ha aspetti "prometeici" ed "epimeteici", esso è volto verso il futuro e verso il passato ma non sa nulla del presente; 2) l'inconscio è continuamente in movimento e in trasformazione; i pensieri e i sentimenti consci, quando diventano inconsci, attraversano una continua trasformazione e una maturazione continua; 3) l'inconscio è infaticabile; esso non ha bisogno di riposarsi periodicamente, mentre invece la nostra vita conscia ha bisogno di riposo e di ristoro mentale: li trova immergendosi nell'inconscio; 4) l'inconscio è fondamentalmente sano e non conosce malattie; una delle sue funzioni è il "potere di guarigione della natura"; 5) l'inconscio opera secondo le sue leggi ineluttabili e non ha libertà; 6) l'inconscio possiede una sua innata saggezza; in esso non compaiono procedimenti del tipo "prova ed errore" o del tipo "apprendimento" in generale; 7) senza esserne direttamente consapevoli, noi siamo in collegamento, per mezzo dell'inconscio, con il resto del mondo, e in particolare con gli altri individui. Carus fa la distinzione fra quattro tipi di relazioni interpersonali: 1) da conscio a conscio; 2) da conscio a inconscio; 3) da inconscio a conscio; 4) da inconscio a inconscio. Egli formula anche il principio che l'inconscio individuale sia in rapporto con l'inconscio di tutti gli uomini. Ci sono — dice Carus — tre tipi di sogni, e ciascuno di essi appartiene a uno dei tre "cerchi vitali" (Lebenskreise): minerale, vegetale, e animale. È interessante il fatto che egli abbia tentato d'interpretare i sogni secondo la loro forma invece che secondo il loro contenuto. Il libro di Carus, Psyche, frutto di una vita di studio, è l'opera di un medico e di un profondo osservatore della mente umana. Esso mostra l'aspetto raggiunto dalla teoria dell'inconscio alla fine del periodo romantico, prima che la tendenza positivistica divenisse dominante. Carus fu la fonte da cui trassero ispirazione von Hartmann e i successivi filosofi dell'inconscio, come anche la teoria del sogno di Scherner. Il suo concetto di funzione autonoma, creativa, compensatoria dell'inconscio doveva poi venire sottolineato, mezzo secolo dopo, da C. G. Jung. Arthur Schopenhauer (1788-1860) pubblicò la sua opera principale, Il mondo come volontà e rappresentazione, nel 1819, molto prima della pubblicazione della Psyche di Carus, ma l'opera di Schopenhauer fu trascurata da filosofi e critici per una ventina d'anni. Schopenhauer raggiunse la fama solo dopo il 1850. Egli divenne il maestro di Wagner e Nietzsche, e negli anni '80 la sua opera ottenne grande successo [65]. Kant aveva operato una distinzione tra il mondo dei fenomeni e il mondo delle cose in sé, inaccessibile alla nostra conoscenza. Schopenhauer chiamò i fenomeni "rappresentazioni" e la cosa in sé "volontà", uguagliando la volontà all'inconscio come avevano già fatto alcuni romantici; la volontà di Schopenhauer aveva il carattere dinamico di una forza cieca, una forza motrice che non solo regna nell'universo, ma che guida anche l'uomo. L'uomo è dunque un essere irrazionale guidato da forze interne, che gli sono sconosciute e di cui egli a malapena avverte l'esistenza. Schopenhauer paragonava la coscienza alla superfìcie della terra: ce ne è ignoto l'interno. Queste forze irrazionali sono costituite di due istinti: l'istinto di conservazione e l'istinto sessuale, e il secondo è molto più importante dell'altro. Egli paragona l'istinto sessuale alle caratteristiche più profonde (innere Zug) di un albero del quale l'individuo è solo una foglia: la foglia trae nutrimento dall'albero e insieme gliene dà [66]. "L'uomo è l'incarnazione dell'istinto sessuale poiché egli deve la propria origine all'accoppiamento e il suo più grande desiderio è quello di accoppiarsi." L'istinto sessuale è la più alta manifestazione della vita, "la più importante preoccupazione dell'uomo e degli animali". "Se entrasse in conflitto con esso, nessun'altra motivazione, per forte che fosse, sarebbe sicura di vincere." "L'atto sessuale è il pensiero continuo dei lascivi, la fantasticaggine involontaria che continua ad affiorare nei pensieri dei pudichi, il sottinteso di ogni accenno, l'argomento sempre disponibile delle barzellette, la fonte inesauribile di burle." Tuttavia esso "è un'illusione dell'individuo, che crede di agire per il proprio bene mentre invece soddisfa agli scopi della specie". Questo è un esempio del modo in cui ci può ingannare la volontà; essa guida i nostri pensieri ed è l'antagonista segreta dell'intelletto. La volontà può indurre l'uomo a evitare che nella sua mente si affaccino taluni pensieri che gli risulterebbero spiacevoli: ciò che si rivelerebbe contrario al nostro desiderio non viene da noi percepito. In un famoso paragrafo sulla "pazzia" (Wahnsinn), Schopenhauer la spiega con il fenomeno della rimozione: "L'opposizione della Volontà a lasciar giungere alla conoscenza dell'intelletto ciò che le ripugna, ecco il punto da cui la pazzia può penetrare nello spirito" [67]. La somiglianza tra taluni insegnamenti fondamentali di Schopenhauer e di Freud è stata messa in evidenza da Cassirer [68], Scheler [69], e soprattutto da Thomas Mann [70]. Mann, che in gioventù si era interessato profondamente della metafisica di Schopenhauer, afferma che quando si accolli alla psicoanalisi di Freud "provò un senso di familiarità, di ricordo". Egli trovò che la descrizione freudiana dell'Es e dell'Io era straordinariamente simile alla descrizione di Schopenhauer di volontà e intelletto, tradotta dalla metafisica alla psicologia. La psicologia del sogno, la grande importanza conferita alla sessualità, e tutto il suo pensiero in generale "è un'anticipazione filosofica delle concezioni analitiche, in un modo davvero stupefacente". E in effetti, come a volte si è detto che la psicoanalisi di Freud costituisce una concezione "pansessualistica", così, a maggior ragione, la stessa cosa si potrebbe dire delle dottrine di Schopenhauer. La grande differenza è che Schopenhauer considerava l'istinto sessuale soprattutto come uno stratagemma al servizio della generazione, mentre Freud lo considerava in sé stesso e parlava raramente della sua relazione con la procreazione. Luis S. Granjel afferma che Schopenhauer e Freud hanno in comune tre punti fondamentali: una concezione irrazionalistica dell'uomo, l'identificazione della pulsione generale di vita con la pulsione sessuale, e il loro estremo pessimismo antropologico [71]. Queste somiglianze, secondo Granjel, non possono essere spiegate solo come effetto di un'influenza diretta di Schopenhauer su Freud; occorre anche spiegarle in base alla somiglianza tra la personalità dei due pensatori, e come reazione contro la società borghese contemporanea da parte di uomini i quali, per motivi diversi, nutrivano risentimenti profondi. Le speculazioni e le scoperte della filosofia romantica tedesca dei primi due terzi del diciannovesimo secolo toccarono il vertice nel 1869 con il famoso libro di Eduard von Hartmann, Philosophie des Unbewussten (Filosofia dell'inconscio) [72]. Ciò che Boehme, Schelling e Schopenhauer avevano chiamato volontà ebbe infine il nome di inconscio, molto più adatto. Si può osservare come l'inconscio di von Hartmann acquistasse le caratteristiche dell'idea hegeliana: esso è un dinamismo, supremamente intelligente anche se cieco, che fa da struttura portante all'universo visibile. Von Hartmann descrisse tre strati d'inconscio: 1) l'inconscio assoluto, che costituisce la sostanza dell'universo e che è la fonte delle altre forme dell'inconscio; 2) l'inconscio fisiologico, che come l'inconscio di Carus opera nell'origine, nello sviluppo, e nell'evoluzione degli esseri viventi, uomo compreso; 3) l'inconscio relativo o psicologico, che è la fonte della nostra vita psichica conscia. Il principale interesse della Philosophie des Unbewussten si colloca non tanto nelle sue teorie filosofiche quanto nella sua ricchezza di documentazione. Von Hartmann descrisse un gran numero di fatti importanti, che riguardavano la percezione, l'associazione d'idee, l'intelligenza, la vita affettiva, le pulsioni, i tratti caratteriali, il destino individuale, e anche il ruolo dell'inconscio nella lingua, nella religione, nella storia, e nella vita sociale. Medicina romantica Anche se la medicina romantica è stata spesso considerata come un caos di speculazioni vaghe e confuse, tuttavia essa conteneva, secondo Leibbrand, un numero ragguardevole di concetti validi [73]. Uno dei principali interessi dei romantici era la natura della malattia, ed essi dedicarono a tale argomento decine di teorie ingegnose. Novalis, che aveva salute malferma, diceva che le malattie dovrebbero essere la maggiore preoccupazione dell'uomo e che "esse costituiscono probabilmente il cibo e lo stimolo più interessanti del nostro pensiero e delle nostre azioni", e che noi conosciamo ben poco l'arte di utilizzarle [74]. Egli aggiunse che ci sono due tipi di ipocondria: una comune e una sublime, che può diventare lo strumento con cui condurre ricerche sull'anima. Queste parole fanno pensare che Novalis abbia anticipato il concetto di malattia creativa, la quale, a dire il vero, più che un concetto sembra essere un fenomeno realmente esistente: una malattia da cui una persona emerge con una nuova visione del mondo o con una nuova filosofia, come abbiamo visto nel caso degli sciamani e come vedremo parlando di Fechner, Nietzsche, Freud, e Jung [75]. Una delle preoccupazioni dei romantici era anche quella dell'igiene mentale, anche se, in contrasto con la prospettiva ottimistica dell'Illuminismo, ora tale concetto acquisiva connotati leggermente pessimistici. Feuchtersleben, nel volume Zur Diätetik der Seele (Dietetica dell'anima), afferma che ogni persona alberga in sé un pericoloso seme della follia, e dà questo avvertimento: "Lottate, con l'aiuto di tutte le forze attive e alacri, per ostacolarne il risveglio [76]." Per domare le emozioni il mezzo più efficace è quello di giungere a comprenderle; inoltre ogni persona dovrebbe darsi totalmente a un lavoro che assorba tutto il suo interesse, che esiga l'impegno totale delle sue forze. Ogni rilassamento di tensione può significare la malattia o la morte. L'interesse dei romantici per la malattia mentale aumentava per il fatto che in quel periodo furono fondati numerosi istituti mentali, diretti da medici specialisti che vivevano costantemente con i propri pazienti. In tale ambiente si sviluppò un tipo specifico di psichiatria. I medici degli ospedali psichiatrici, essendo del tutto indipendenti, potevano sviluppare delle concezioni personali che riguardavano la natura e il trattamento delle malattie mentali: questa situazione può spiegare l'originalità e l'audacia intellettuale di tali pionieri, sia che essi appartenessero alla scuola dei Physiker (organicisti), sia che essi appartenessero a quella dei Psychiker (che sottolineavano le radici psicologiche della malattia mentale). Alcuni medici degli ospedali psichiatrici subirono notevolmente l'influsso del Romanticismo. Tuttavia è abbastanza difficile esplorare questo capitolo dimenticato della storia della psichiatria: gli scritti di queste persone sono diventati introvabili, e quelli che sono disponibili sono scritti, molte volte, in una terminologia ormai fuori dell'uso [77]. Ma quando li si studia ci si accorge con sorpresa che essi anticiparono in misura considerevole taluni concetti che oggi ci sembrano nuovi. Ci limiteremo a quattro di questi pionieri: Reil, Heinroth, Ideler, e Neumann. Johann Christian Reil (1759-1813) fu uno studioso dell'anatomia cerebrale e uno dei più importanti clinici della sua epoca. Kirchhoff dice che egli fu "l'uomo che consciamente scoprì e fondò la psicoterapia razionale". Il grande interesse e in particolare il carattere moderno della sua opera sono stati indicati da Ernest Harms [78]. Con il titolo Rhapsodien über die Anwendung der psychischen Cur-Methoden auf Geisteszerrüttungen (Rapsodie sull'applicazione del metodo della cura psichica ai disordini mentali), Reil sviluppò un programma completo per il trattamento della malattia mentale, servendosi sia dei metodi allora esistenti, sia di metodi nuovi dei quali proponeva l'introduzione: Per prima cosa, il nome degli istituti dev'essere cambiato: la nota parola Tollhaus (manicomio) deve venire sostituita con "ospedale per metodi psichici di cura" o qualche altra frase simile; l'istituto deve venire posto sotto h dilezione di tre persone: un amministratore, un medico, e uno psicologo. L'ospedale dev'essere costruito in una località gradevole, e dev'essere suddiviso in padiglioni; ai suoi piedi dev'esserci una fattoria. Dev'essere organizzato in due sezioni radicalmente differenti, sia come finalità, sia come tipo di costruzione: la prima, dedicata a pazienti chiaramente incurabili, non solo deve porsi lo scopo di proteggere la società, ma deve cercare di rendere il più possibile piacevole la vita dei pazienti tenendoli occupati. La seconda, di tipo completamente diverso, dev'essere dedicata alla cura delle malattie mentali e delle nevrosi. Reil fa la distinzione fra tre tipi di cure: cure chimiche (comprendenti la dietetica e il trattamento farmacologico); cure meccaniche e fisiche (comprendenti la chirurgia); e cure psichiche, le quali — sottolinea Reil — sono una bianca della terapeutica, con pieno diritto, altrettanto importante quanto la chirurgia o la farmacologia. Per quei casi in cui c'è una causa fisica alla base del disturbo mentale, devono essere predisposte cure mediche opportune. La cura psichica deve basarsi su un sistema preciso di "psicologia empirica pratica". Il metodo di cura doveva venire adattato alle necessità specifiche di ciascun paziente, anche se tutti i metodi di cura nascevano da una dottrina comune. Reil divideva i metodi psichici di cura in tre categorie: 1) stimolazioni somatiche indirizzate a modificale la cenestesi; queste stimolazioni, secondo i casi, dovevano essere piacevoli o spiacevoli, allo scopo di correggere quello che oggi è chiamato "tono vitale"; 2) stimolazioni sensoriali, ottenute mediante una vasta gamma di quei procedimenti che oggi sono chiamati "rieducazione della percezione"; ciascuno dei sensi era sottoposto a una rieducazione per mezzo di metodi specifici di addestramento: tra questi metodi c'era quello del "teatro terapeutico", in cui i dipendenti dell'istituto recitavano parti diverse e in cui venivano assegnate ai pazienti parti che si riferivano alle loro condizioni specifiche; 3) il metodo dei "segni e simboli", che era una specie di scuola basata sulla lettura e sulla scrittura; inoltre varie terapie occupazionali che comprendevano lavoro fisico, esercizi ginnici, e terapia dell'arte [79]. Ernest Harms ritiene che il concetto di Reil della malattia mentale sia "una magnifica filosofia biologica e psicologica, la migliore a nostra conoscenza" [80]. Reil non credeva che tutte le malattie mentali fossero completamente psicogene: egli attribuì la debita importanza al substrato organico, ma ritenne che vi fossero anche disturbi della psiche causati da un allentamento o da una disintegrazione del Gemeingefühl (senso comune), cioè quel sentimento fondamentale di "centricità" della nostra vita psichica che fa da struttura portante al nostro Io conscio. Entro i termini di questa prospettiva sono descritte numerose manifestazioni psicopatologiche. Johann Christian August Heinroth (1773-1843) oggi viene spesso messo in ridicolo ricordando che era l'uomo che affermava che la principale causa del disturbo mentale era il peccato. Tuttavia basta cambiare la parola "peccato" in "senso di colpa", e il suo concetto ci appare subito molto moderno. Heinroth era un dotto, un clinico, e fu l'autore di una completa teoria della mente umana sia nella salute sia nella malattia. Tra i molti suoi lavori c'è il Lehrbuch (Manuale), un testo che inizia con una descrizione della mente umana nello stato normale e con quella della comparsa di gradi successivi di coscienza: prima quello del Selbstbewusstsein (coscienza di sé) attraverso il confronto con la realtà esterna; poi quello del Bewusstsein (coscienza) vero e proprio, attraverso il confronto con la coscienza di sé; e infine quello del Gewissen (coscienza morale), "uno straniero all'interno del nostro Io" [81]. La coscienza morale non nasce né dal mondo esterno né dall'Io, ma da un Über-Uns ("sopra di noi") in cui, a quanto parrebbe, Heinroth riconosce sia la ragione sia una strada che porta alla divinità. Secondo Heinroth, la salute è libertà, e la malattia mentale è una riduzione o una perdita della libertà. Questa perdita di libertà è dovuta all'Ich-Sucht (amore dell'Io) e a varie passioni. I deliri e le idee fisse sono un disturbo dell'intelletto, e sono causati dalle passioni. Il secondo volume del manuale di Heinroth contiene la descrizione sistematica dei suoi metodi terapeutici: il primo passo è costituito dal determinare il grado di assistenza terapeutica richiesto da uno stato patologico e quindi dal fissare un piano terapeutico specifico, il quale dovrà prendere in considerazione non solo i sintomi del disturbo, ma anche il sesso, l'età, la professione, la personalità e le condizioni economiche e sociali del paziente. Il piano terapeutico deve anche venire esteso alla famiglia del paziente e all'ambiente che lo circonda. Una preoccupazione costante è quella di evitare trattamenti inutili o pericolosi. Poi Heinroth descrive nei dettagli, anche pratici, i vari trattamenti che devono venire somministrati ai pazienti eccitati e a quelli depressi, e negli altri possibili stati dei pazienti. Anche qui, il lettore resta stupito del carattere molto moderno di questi concetti [82]. Karl Wilhelm Ideler (1795-1860) sviluppò ulteriormente la dottrina di Stahl e Langermann sull'importanza fondamentale delle passioni nell'etiologia della malattia mentale. Tra le opere pubblicate da Ideler, che fu uno scrittore molto prolifico, c'è un manuale di circa 1800 pagine, la prima parte del quale è dedicata a una descrizione della psiche umana, con un'attenzione particolare per la vita affettiva [83]. Ciascuna pulsione affettiva è suscettibile di uno sviluppo illimitato, e ogni passione è l'inizio di un disturbo dell'affettività: la psicoterapia dovrebbe quindi avere inizio da questo punto [84]. Una legge fondamentale che Ideler prese da Stahl e che chiamò "legge della vita", è che l'essere umano è continuamente soggetto a un processo di autodistruzione e di autoricostruzione, e che quindi, per mantenere un giusto equilibrio, egli è continuamente costretto a prendere dal mondo esterno gli elementi necessari. Nella seconda parte del libro, Ideler espone la patogenesi delle malattie mentali. Egli ritrae nei dettagli l'origine delle diverse passioni, la loro lotta mutua, e l'effetto distruttivo della solitudine e del bisogno di attività insoddisfatto. Gran parte della psicogenesi delle malattie mentali è attribuita a sentimenti insoddisfatti di natura sessuale. La natura — dice Ideler — ha prescritto che il più forte sentimento di cui gli esseri umani sono capaci sia l'amore sessuale, e ciò allo scopo di conferire loro una maggiore prospettiva di un più ricco e un più libero sviluppo potenziale. Da ciò ha origine la lotta dolorosa causata dall'insoddisfazione. Egli descrive la condizione sconsolata della vergine innamorata che è costretta a sostituire il suo bisogno di affetto con frivoli divertimenti mondani. "Prima di chiederle la rinuncia, allenatela ad esercitare l'autocontrollo; fate in modo che s'irrobustisca con un'energica azione costituita dall'esecuzione dei doveri, e fornitele dei sostituti che la compensino della privazione delle emozioni più belle e più fervide." Gli accessi d'isteria — dice ancora Ideler — non sono altro che la lotta dell'anima con sé stessa. Tuttavia la malattia mentale non è mai dovuta a una singola causa. Anche la predisposizione del soggetto vi ha la sua parte, come pure la differenza tra l'oppressione dei desideri e la limitatezza della realtà. Perciò, disgustato della realtà, l'uomo si rifugia nella fantasia: qui egli può trovare diletto nella gioia illimitata del suo mondo di sogno, oppure giustificare a sé stesso le proprie sofferenze servendosi d'immagini orrendamente distorte [85]. Ideler sottolinea che la genesi delle ossessioni può venire seguita fino alla primissima infanzia (bis in die früheste Kindheit). Per quanto concerne il trattamento, egli crede fermamente nella possibilità di una psicoterapia delle psicosi. Però afferma che "si può ottenere una guarigione delle ossessioni solo mediante l'attività psichica spontanea: il medico deve limitarsi a stimolarla e a dirigerla". In questa direzione da parte del medico è implicita la necessità di un ospedale ben organizzato, e le personalità dello psicoterapeuta e dei suoi collaboratori devono essere ben equilibrate e dedite al proprio lavoro. Uno degli ultimi rappresentanti di questo orientamento psichiatrico fu Heinrich Wilhelm Neumann (1814-84); anche il suo manuale prende l'avvio da un originale sistema di psicologia medica [86]. Non ci sono avvenimenti casuali nella vita psichica, dice Neumann. Come Ideler, anch'egli ritiene che la vita sia un continuo processo di autodistruzione e di ricostruzione: all'una appartiene la dimenticanza, all'altra il ricordo. Nel corso del proprio sviluppo, l'uomo acquista una capacità crescente di autocontrollo, che corrisponde al "grado di libertà" dell'individuo. Nel campo della psicopatologia, Neumann attribuì una grande importanza ai disturbi delle pulsioni (Triebe). I bisogni pulsionali si manifestano nella coscienza di quelle che Neumann chiama le Aestheses, che non solo hanno la caratteristica di sensazioni, ma che agiscono anche come avviso di un pericolo potenziale e nello stesso tempo insegnano come tale pericolo dev'essere affrontato. Ci sono casi in cui l'avviso viene dato, ma l'Aesthesis è "metamorfosata" in modo tale da non riuscire a mostrare il modo con cui il pericolo dev'essere affrontato. Ciò produce angoscia (Angst). Neumann mette in luce la relazione tra pulsione e angoscia: "La pulsione che non riesce a trovare soddisfazione genera l'angoscia", e afferma che l'angoscia nasce solo quando sono minacciate funzioni vitali e quando tale minaccia viene avvertita [87]. Tra i molti argomenti trattati da Neumann c'è quello delle manifestazioni cliniche dell'impulso sessuale che si riscontrano nei pazienti mentali. Si osservano i seguenti sintomi: preoccupazione per la pulizia del corpo, atto di sciogliersi i capelli, continui lavacri del proprio corpo o ("cosa che considero patologicamente equivalente") mancanza assoluta di pulizia, imbrattamento del corpo, fastidio per i vestiti o loro lacerazione, andar di corpo senza inibizioni alla presenza del medico, insofferenza del personale ospedaliero di sesso femminile, cui viene dato l'appellativo di "sgualdrine", o accuse di natura sessuale rivolte a conoscenze femminili, discorsi continui su matrimoni che non sono il proprio, continuo sputare, religiosità morbosa, e interesse esagerato per i servizi divini e per il ministro del culto. Neumann affermò che il medico non deve trattare le malattie ma i pazienti, e che deve trattare simultaneamente corpo e mente. Però — egli aggiunse — la cura specifica delle malattie mentali è costituita da mezzi psichici. Da questa breve esposizione degli insegnamenti di Reil, Heinroth, Ideler, e Neumann possiamo vedere come ciascuna di queste personalità fosse caratterizzata da una notevole originalità di pensiero; ciò vale anche per molti altri loro contemporanei [88]. Considerandoli nel quadro della psichiatria romantica, notiamo che tutte queste personalità avevano alcuni aspetti in comune. Esse non prestavano attenzione alla classificazione psichiatrica. La diagnosi — diceva Neumann — non ha niente a che fare con l'attribuzione di un nome: essa è la ricerca di una chiave che renda comprensibili i sintomi. Ciascuna di queste personalità della psichiatria romantica insisteva sulla necessità di considerare ogni caso individuale come se, a buon diritto, fosse un caso specifico. Tutti, seguendo la tradizione di Stahl e Langermann, facevano la distinzione tra cause psichiche e cause fisiche di malattia mentale, ma credevano che le cause psichiche, da sole, fossero sufficienti a provocare malattie mentali gravi. Tuttavia c'erano tra loro delle diversità per quanto riguardava l'importanza attribuita alle varie passioni: Heinroth sottolineava l'importanza del "peccato" (in effetti, del senso di colpa); Guislain poneva l'accento sull'importanza dell'angoscia; Ideler e Neumann su quella delle pulsioni e delle frustrazioni sessuali. Ciascuna di queste personalità sviluppò un proprio sistema molto originale di psicologia medica. Tra gli altri concetti, essi svilupparono quello della legge dell'equilibrio tra afferenze ed efferenze psichiche, accorgendosi così dell'importanza che hanno le stimolazioni intense. Dobbiamo tenere presenti anche il concetto di Neumann di Aesthesis e quello di "metamorfosi", e il collegamento tra impulsi insoddisfatti e angoscia. Tutte queste personalità mostrarono un profondo interesse per la terapia, e in particolare per la psicoterapia, anche nel caso di malattie mentali gravi. Reil e Heinroth escogitarono elaborati sistemi di metodi psicoterapeutici, che andavano dalla terapia occupazionale a quella da shock, e perfino a quello che oggi si chiamerebbe psicodramma (Reil). Tuttavia queste persone vissero in relativo isolamento, e incontrarono evidentemente poca comprensione da parte delle autorità pubbliche. Dopo la prima metà del secolo sorsero concetti scientifici nuovi. Venne ad avere primaria importanza lo studio dell'anatomia cerebrale, e l'opera di questi primi pionieri cadde nel discredito o nell'oblio. Tuttavia chiunque conosca le opere di Reil, Heinroth, Ideler, Neumann, e Guislain si accorge dell'influsso di queste fonti dimenticate, rintracciabile in molte scoperte di Bleuler, di Freud, di Jung, e della nuova psichiatria dinamica. Epigoni del Romanticismo: Fechner e Bachofen Dopo il 1850 la filosofia della natura e il Romanticismo sembrarono completamente scomparsi. Era il periodo del positivismo e il trionfo della Weltanschauung meccanicistica. Tuttavia il Romanticismo produsse ancora alcuni tardi rappresentanti, tra cui due, Fechner e Bachofen, rivestono per noi un'importanza particolare. Gustav Theodor Fechner, figlio di un ministro del culto protestante, studiò medicina a Lipsia, e lì rimase fino alla morte [89]. I suoi primi interessi lo portarono alla fisica sperimentale. Ottenne un incarico senza stipendio a quella Università e visse facendo traduzioni scientifiche e redigendo libri di testo elementari ed enciclopedie popolari. Di tanto in tanto pubblicava brevi opuscoli letterari con lo pseudonimo "dottor Mises". In uno di questi, Vergleichende Anatomie der Engel (Anatomia comparata degli angeli), Fechner seguiva la curva evolutiva del regno animale, dall'ameba all'uomo, e poi, mediante estrapolazione, tentava di costruire la forma ideale di un essere superiore, un angelo [90], giungendo alla conclusione che questi esseri dovevano essere sferici, dovevano percepire la gravitazione universale nello stesso modo in cui gli uomini percepiscono la luce, e dovevano comunicare tra loro per mezzo di un linguaggio di segni luminosi, come gli uomini comunicano per mezzo di un linguaggio di suoni. Nel 1836 Fechner pubblicò Das Büchlein vom Leben nach dem Tode (Il manualetto della vita dopo la morte), a proprio nome [91]; in questo libro egli scrisse che la vita umana si divide in tre periodi: dal concepimento alla nascita, dalla nascita alla morte, e dopo la morte. La vita embrionale è un sonno continuo, la vita effettiva è un'oscillazione tra il sonno e lo stato di veglia, la vita dopo la morte può essere uno stato continuo di veglia. Nel 1833, all'età di trentadue anni, Fechner si sposò e ottenne la cattedra di professore di fisica all'Università di Lipsia. Con parole di Wundt: "Dal momento in cui ottenne la posizione indipendente che gli avrebbe permesso di attendere liberamente al proprio lavoro, da quel preciso momento la sua forza crollò. Gli eccessi di lavoro l'avevano esaurito. Trovava difficoltà a terminare le lezioni." Nel corso dei sei anni successivi, dal 1834 al 1840, Fechner continuò la propria attività con uno sforzo considerevole, ed eseguì sulla propria persona esperimenti sui fenomeni soggettivi della visione. La sua vista ne fu danneggiata e, nel 1840, a trentanove anni, Fechner ebbe un collasso; fu costretto a sospendere per tre anni le attività professionali. Nella nosologia moderna, la malattia di Fechner verrebbe chiamata una forte depressione nevrotica con sintomi d'ipocondria, e probabilmente con complicazioni dovute a una lesione della retina causata dall'avere osservato a occhi nudi il sole. In effetti essa può anche essere considerata un esempio di quella che Novalis chiamava ipocondria sublime, cioè una malattia creativa da cui una persona emerge con una nuova visione filosofica e con la propria personalità trasformata. Nel corso della maggior parte della sua infermità Fechner si sentiva costretto a vivere in ritiro, in una stanza buia con le pareti dipinte di nero, oppure con una maschera sul volto per impedire che gli giungesse agli occhi la luce. Non sopportava quasi nessun cibo (ma non provava fame) e mangiava molto poco, cosicché le sue condizioni fisiche divennero quasi precarie. La guarigione, secondo il racconto che ne diede egli stesso, avvenne in un modo inconsueto. Una signora, amica di famiglia, aveva sognato che stava preparando un manicaretto per lui: un arrosto di maiale, molto speziato, cotto poi in vino del Reno e succo di limone. Il giorno seguente la signora preparò effettivamente quel piatto e glielo portò, pregandolo di assaggiarne almeno un poco. Egli lo fece con riluttanza, ma si sentì subito meglio. Da quel giorno in poi, egli mangiò regolarmente delle piccole quantità di quel piatto e sentì che le forze gli ritornavano pian piano. Incominciò allora a rimettere in attività le proprie facoltà mentali: questo suo sforzo durò un anno e richiese da parte sua una grande tenacia. Come dice egli stesso: "Mi sentivo come un cavaliere che vuole domare un cavallo imbizzarrito." Finalmente egli fece un sogno in cui comparve il numero 77; egli lo interpretò così: sarebbe guarito dopo settantasette giorni. Come afferma egli stesso, avvenne precisamente ciò che gli aveva predetto il sogno. Il periodo di tre anni di depressione fu seguito da un periodo più breve di esaltazione. Fechner provava una sensazione di benessere fisico, manifestava idee di grandezza, si sentiva quasi di essere stato scelto da Dio, di poter risolvere tutti i problemi del mondo. Tutto ciò culminò nella sua convinzione di avere scoperto un principio fondamentale, altrettanto importante per il mondo spirituale quanto quello newtoniano di gravitazione universale lo era per il mondo tìsico. Fechner chiamò tale principio das Lustprinzip (il principio di piacere); la sua euforia ipomaniacale si era così trasformata in un concetto filosofico. Aprendo gli occhi per la prima volta nel suo giardino, dopo tre anni di oscurità, fu colpito dalla bellezza dei fiori; egli comprese che essi avevano un'anima, e questo lo indusse a scrivere il libro Nanna, oder über das Seelenleben der Pflanzen (Nanna, ovvero l'anima delle piante) [92]. Dopo la guarigione, Fechner visse in perfetta salute per tutto il resto della vita, ma ormai si era verificata in lui una metamorfosi notevole. Prima della sua infermità, egli era un fisico che (secondo Wundt) non teneva in nessuna considerazione la filosofia della natura. Ora egli stesso era divenuto un filosofo di tale scuola. Dalla cattedra di fisica passò a quella di filosofia. La sua prima serie di lezioni fu dedicata al principio di piacere, poi egli pubblicò tali lezioni in un volumetto e in una rivista filosofica [93]. Da allora in poi, Fechner non cessò mai di sviluppare tale concetto e lo applicò a sempre nuovi campi della psicologia. Nel corso della seconda parte della vita, Fechner scrisse molti trattati originali e ben strutturati, che spesso avevano uno stile lirico, affascinante. Con il vecchio pseudonimo di dottor Mises pubblicò una raccolta d'indovinelli composti nel corso della sua malattia [94]. Con il proprio nome egli invece pubblicò due delle opere più rappresentative della filosofia della natura: la prima, Nanna [95], è molto probabilmente la prima monografia dedicata alla psicologia delle piante, ramo della psicologia prettamente romantico. Il secondo libro, Zend-Avesta, il cui titolo era preso a prestito dal libro sacro dell'antica Persia, aveva probabilmente lo scopo, nella mente dell'autore, di costituire una specie di Bibbia della filosofia della natura [96]. Fechner afferma che la terra è un essere vivente; un essere di livello superiore a quello dell'uomo, corrispondente a quello degli angeli come egli lo aveva descritto ipoteticamente nella Vergleichende Anatomie der Engel. Tutte le forme terrene di vita nascono da tale essere vivente ("Potrebbe una madre morta dare alla luce figli vivi?"); ecco perché tutte le creature viventi sono così bene adatte al proprio ambiente fisico e si completano a vicenda. In questo regno vivente, l'uomo occupa una posizione privilegiata: "Egli è stato fatto per la terra e la terra è stata fatta per lui." Esaminando il posto della terra all'interno del sistema solare, Fechner introduce i princìpi di "stabilità" e di "ripetizione". Il sistema solare si mantiene per il fatto che si ripetono periodicamente le stesse posizioni e gli stessi tipi di movimenti; in questo modo la stabilità ha la forma specifica di ripetizione. Zend-Avesta contiene i primi suggerimenti di applicazione del principio di stabilità e di ripetizione alla fisiologia e alla psicologia umane, e i primi accenni alla legge "psicofisica" di Fechner. Queste opere filosofiche apparvero in un periodo molto sfavorevole, perché la filosofia della natura era completamente passata di moda. Tuttavia, Fechner non disperò mai di riuscire a diffondere la sua filosofia: egli — dice Wundt — cambiò tattica e passò alla psicologia sperimentale. Per molti anni Fechner si era interessato della relazione tra il mondo fisico e quello spirituale. Egli era convinto dell'esistenza di una legge generale che regolava questa relazione, e cercò di scoprire quale formula matematica potesse meglio accordarsi a questa legge. Secondo quanto riferisce egli stesso, la formula, che fu da lui chiamata legge psicofisica, gli venne improvvisamente in mente la mattina del 22 ottobre 1850, giusto in tempo perché potesse parlarne brevemente nello Zend-Avesta. Si dedicò poi a progettare una lunga serie di esperimenti per verificare se la sua legge fosse effettivamente vera, e tale ricerca lo occupò per i dieci anni successivi. Le sue scoperte furono pubblicate nei due volumi della Psychophysik, pubblicati nel 1860, che destarono un notevole interesse e che costituirono il punto di partenza della moderna psicologia sperimentale [97]. In una rassegna critica sulla teoria darwiniana dell'evoluzione delle specie, Fechner formulò il proprio "principio della tendenza alla stabilità", un principio finalistico universale che, secondo le sue affermazioni, doveva essere complementare al principio di causa [98]. Questo principio, dopo il principio di piacere e la "legge psicofisica fondamentale", doveva essere il terzo grande principio da lui enunciato. Nel 1876 Fechner pubblicò la propria opera di estetica sperimentale, in cui tentava di basare l'estetica sulla ricerca sperimentale e di comprenderla dal punto di vista del principio di piacere-dispiacere [99]. Inoltre egli applicò tale principio alla psicologia del motto di spirito. Nel 1879, all'età di settantotto anni, egli pubblicò Die Tagesansicht gegenüber der Nachtansicht (La vista notturna in contrasto con la vista diurna), in cui la sua visione panteistica del mondo (la "vista diurna") è opposta alla concezione arida e sconsolata dello scientismo materialistico dell'epoca (la "vista notturna") [100]. Nel 1879 venne aperto a Lipsia il primo istituto di psicologia sperimentale, ad opera del grande allievo di Fechner, Wilhelm Wundt. Lipsia, città d'adozione di Fechner, divenne il centro della nuova scienza e vi accorsero studiosi da ogni parte del mondo. Fechner divenne una figura leggendaria, e furono celebri la sua testa calva incorniciata di bianchi capelli fluenti, i suoi vestiti fuori moda, la sua proverbiale distrazione. Quando Fechner morì, nel 1887, all'età di ottantasei anni, si era ormai conquistato una fama tardiva ed era salutato come il padre della psicologia sperimentale. Alla fine del diciannovesimo secolo sembrava che i posteri avrebbero ricordato Fechner solo nella sua veste di pioniere della psicologia sperimentale e di autore della "legge psicofisica fondamentale". È piuttosto curioso che proprio dalla filosofia della natura di Fechner Freud abbia tratto taluni concetti basilari e che li abbia poi incorporati nella sua metapsicologia. L'influsso di Fechner sulla psicoanalisi è messo in evidenza dal fatto che Freud lo citò nell'Interpretazione dei sogni (1899), Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio (1905), Al di là del principio di piacere (1920) [101]. Freud prese da Fechner il concetto di energia mentale, il concetto "topico" della mente, il principio di piacere-dispiacere, il principio di costanza, e il principio di ripetizione. Buona parte della cornice teorica della psicoanalisi non sarebbe venuta alla luce senza le speculazioni di quell'uomo che Freud chiamava "il grande Fechner". Johann Jakob Bachofen (1815-87), l'uomo che propagò la teoria del matriarcato, nacque a Basilea nel 1815 da ricca e antica famiglia patrizia [102]. Bachofen studiò legge a Berlino, Parigi, e Cambridge, ma un forte interesse per l'archeologia lo portò in Italia. Qui, esaminando i dipinti di antiche tombe, che rappresentavano il culto dei morti, incominciò a credere che quelle forme artistiche contenessero i resti simbolici di un mondo dimenticato. Dopo diversi anni in cui fu giudice e professore di diritto romano a Basilea, Bachofen rinunciò alla maggior parte dei suoi incarichi per dedicarsi agli studi favoriti. Decifrando i simboli dell'arte e della mitologia antiche, egli giunse alla conclusione che esprimessero il ricordo dimenticato di un periodo dell'umanità che non aveva lasciato documenti storici, e in cui il potere era in mano alle donne, non agli uomini. Una corretta interpretazione di quei simboli ci avrebbe permesso di ricostruire le caratteristiche sociali e politiche, la fisionomia e la Weltanschauung sia di quel periodo matriarcale, sia del periodo ancora più antico e primitivo che lo aveva preceduto. Fu così che Bachofen divenne, come dice Turel, "lo storico di un'epoca senza storia". Nel 1861 Bachofen pubblicò la sua opera principale, Das Mutterrecht (La legge delle madri), che fu accolta dagli specialisti con una gamma di reazioni che variavano dall'indifferenza alla critica spietata [103]. A Basilea Bachofen, un gentiluomo dall'aria severa, con un imponente paio di baffi, e dalle maniere cerimoniose, viveva come un Privat-gelehrter (studioso indipendente) e divideva il tempo tra la stesura dei libri e gli studi in Italia e in Grecia. Scapolo, aveva continuato ad abitare con i genitori fino all'età di cinquant'anni, poi si era sposato con una cugina di vent'anni, giovane e molto bella. Nella città natale era considerato un vecchio studioso leggermente eccentrico. Quando morì nel 1887, la sua fama aveva appena incominciato a diffondersi per il mondo. Senza che Bachofen ne fosse al corrente, la teoria del matriarcato era già stata anticipata da Joseph-Frangois Lafitau (1681-1746), uno studioso appartenente all'ordine dei gesuiti, che aveva trascorso cinque anni tra gli irochesi [104]. Padre Julien Garnier, che era stato per sessant'anni tra algonchini, uroni e irochesi, aveva raccontato a Lafitau tutto ciò che sapeva dei loro costumi e della loro organizzazione sociale; la proprietà e il potere effettivo erano delle donne, che delegavano ai capi una parte del loro potere sulle questioni civili e militari. Lafitau paragonò tale sistema con quello degli antichi lici e con quello di molte altre civiltà antiche, e affermò che un tempo la ginecocrazia era molto diffusa tra gli antichi popoli dell'Asia e del Mediterraneo. Un altro studioso francese, l'abate Desfontaines, in un romanzo che veniva presentato come la storia delle avventure del figlio di Gulliver, descrisse l’immaginaria isola di Babilary, dove il potere apparteneva alle donne; esse lo impiegavano nello stesso modo in cui lo impiegano gli uomini nella maggior parte delle civiltà contemporanee [105]. Il libro conteneva un'appendice, che veniva presentata come opera di uno studioso il quale, dopo avere letta la storia di Gulliver figlio, trovava che in quell'isola non c'era nulla di nuovo per chi fosse a conoscenza delle abitudini dai lici e degli sciti dell'antichità. Nella concezione di Bachofen il matriarcato era più che un sistema semplicemente sociale e politico. Era un concetto più vasto, che comprendeva religione, Weltanschauung e la totalità della cultura, e che si riferiva ad ogni aspetto della vita. Inoltre, Bachofen affermava che lo sviluppo dell'umanità era passato per tre stadi: "eterismo" (concubinaggio), matriarcato, e patriarcato; ciascuno di questi stadi aveva conservato dei ricordi simbolici dello stadio che lo aveva preceduto. Il primo stadio, l'eterismo, era un periodo di promiscuità sessuale, nel quale le donne non avevano difesa ed erano esposte alla brutalità degli uomini, e in cui i bambini non conoscevano il proprio padre. Era anche il periodo del "tellurismo", il cui simbolo era la palude, la cui divinità era Afrodite. Il secondo stadio, matriarcato, si costituì dopo migliaia d'anni di lotte. Le donne fondarono la famiglia e diedero inizio all'agricoltura, ed esercitarono i poteri sociali e politici. Le madri istituirono un sistema sociale di generale libertà, d'uguaglianza, di relazioni pacifiche tra cittadini. La virtù più grande era l'amore per la madre; il matricidio era considerato il più infame dei crimini. Il matriarcato era anche una civiltà materialistica: dava più importanza all'educazione fisica che all'educazione dell'intelletto, e in essa predominavano i valori pratici, che trovavano espressione nello sviluppo dell'agricoltura e nella costruzione di massicce mura intorno alle città. La suprema divinità era Demetra. Tra i suoi aspetti simbolici c'era la predominanza della notte. Il tempo veniva calcolato in base al succedersi delle notti; si combattevano le battaglie, si teneva consiglio, si amministrava la giustizia, si praticava il culto esclusivamente nel corso della notte. Altre caratteristiche di quel periodo erano: supremazia della luna, della terra, dei morti; le sorelle venivano preferite ai fratelli, l'ultimogenito ai figli maggiori; e infine la sinistra veniva preferita alla destra. Bachofen riteneva che il passaggio dal matriarcato al patriarcato fosse un passo in avanti verso uno stato superiore di civiltà. La transizione si verificò dopo grandi lotte, di cui Bachofen credeva di avere trovato molte prove nella mitologia greca. Ci furono anche delle ricadute provvisorie dal patriarcato al matriarcato, come prima ce n'erano state dal matriarcato all’eterismo. Bachofen interpretava sotto questa prospettiva il fenomeno dell'amazzonismo e il culto di Dioniso. L'amazzonismo, espresso nell'antica leggenda delle amazzoni, era una specie di imperialismo femminile (così disse Turel), verificatosi nel corso dell'antico conflitto tra eterismo e matriarcato, e ripetutosi successivamente come degenerazione del matriarcato nel corso della lotta contro il patriarcato che si stava affermando. Il culto di Dioniso, episodio della lotta tra eterismo e matriarcato, fu una ribellione delle donne contro il patriarcato. Il sistema dionisiaco favoriva le belle arti ma, in contrasto con la casta disciplina che predominava nel matriarcato demetriaco, produsse corruzione morale e, con la scusa di emancipare le donne, in realtà le portò a farsi sfruttare dagli uomini. Era un sistema favorito dai tiranni. Quando il sistema patriarcale ebbe fondamenta solide, il ricordo del matriarcato divenne talmente insopportabile, per gli uomini, che esso venne "dimenticato" (e a questo proposito si può ricordare come un fenomeno simile di dimenticanza collettiva fosse già stato invocato da Boulanger nella sua teoria sulla distruzione di una precedente civiltà, causata dal diluvio). Tuttavia il ricordo del matriarcato sopravvisse sotto forma di simboli e di miti e, secondo Bachofen, ispirò indirettamente alcuni dei grandi capolavori della letteratura greca. La trilogia di Eschilo, l'Orestiade, veniva interpretata da Bachofen come la rappresentazione simbolica della vittoria del matriarcato, della riscossa del patriarcato e del suo finale trionfo. Bachofen riteneva che la Sfinge fosse il simbolo dell'antico stadio eterico. Con l'uccisione della Sfinge Edipo contribuì all'instaurazione del matriarcato a Tebe sotto la regina Giocasta, ma il disastro che ne seguì portò al crollo del matriarcato, che poi fu sostituito dal patriarcato [106]. Bachofen descrive il patriarcato come un completo rovesciamento dell'organizzazione sociale e politica matriarcale, e dei suoi princìpi religiosi e filosofici. Il patriarcato incoraggia l'indipendenza individuale e isola gli uomini tra loro, ma li porta a un livello spirituale superiore. Gli esseri umani per prima cosa amano la madre, e giungono ad amare il padre solo in corrispondenza di uno stadio successivo. La maternità implica una relazione più diretta e materiale con il bambino, a causa della gravidanza e dell'allattamento. L'amore paterno si alza al di sopra di questi aspetti ed è un principio più astratto. Ciò era espresso nella legge dal procedimento dell'adozione e compariva anche nel concetto di "procreazione spirituale". Inoltre era espresso simbolicamente nel passaggio dalla notte al giorno, dalla luna al sole, dalla terra al cielo, dalla sinistra alla destra. La suprema divinità del patriarcato era Apollo, dio della luce e delle belle arti. L'insuccesso del libro di Bachofen era dovuto in parte alla sua mancanza di organicità, alle numerose digressioni, alle lunghe citazioni latine e greche di cui non dava la traduzione. Ma soprattutto il libro non ebbe successo perché le teorie che esponeva si contrapponevano all'idea, mai messa in dubbio in precedenza, che la famiglia patriarcale fosse stata un istituto permanente, in tutto il corso della storia. A Basilea, neppure uno studioso come Jakob Burckhardt comprese le teorie esposte nel volume. Tuttavia il vecchio Bachofen trovò un ammiratore nel giovane Nietzsche, che accolse il suo concetto di civiltà apollinee e dionisiache (con la differenza che Nietzsche considerava la civiltà dionisiaca come una civiltà maschile, non femminile) [107]. Nella sua prima opera filosofica, La nascita della tragedia, Nietzsche spiegava la nascita della tragedia greca come risultato della fusione di due correnti: l'impetuosa ispirazione "dionisiaca" e il principio d'ordine e di perfezione "apollineo" (nello stesso modo in cui, più tardi, Freud spiegò l'origine dell'opera d'arte attraverso la fusione del principio di piacere e del principio di realtà) [108]. Tuttavia per molto tempo gli storici, i sociologi, e gli antropologi ignorarono Bachofen, con poche eccezioni come Lewis Morgan, il padre dell'etnologia americana, che aveva già dato una descrizione eccellente del sistema di matriarcato predominante tra talune tribù d'indiani d'America e che, quando scoprì le teorie di Bachofen, le citò abbondantemente nel proprio volume Ancient Society (La società antica) [109]. Morgan convinse alcune società scientifiche e il governo degli Stati Uniti a mandare in dono a Bachofen numerose opere che riguardavano gli indiani d'America. Successivamente, l'opera di Bachofen ispirò sia il concetto di Kulturkreis (cerchio delle civiltà), molto diffuso fra gli antropologi tedeschi (Wilhelm Schmidt, Koppers e Gräbner), sia i tentativi di alcuni studiosi della preistoria di ricostruire i passati stadi della cultura, uno dei quali era il matriarcato. Friedrich Engels fornì un'interpretazione socialista dell'opera di Bachofen nel suo Origine della famiglia [110]. Mathilde e Mathias Vaerting cercarono di operare una distinzione tra il tipo di società dominata dall'uomo e il tipo di società dominata dalla donna, e ne trassero la conclusione che quelli che noi chiamiamo caratteri maschile e femminile corrispondono solo al carattere del sesso dominante e del sesso dominato; quindi, secondo questi due autori, le donne, in una società dominata dalle donne, avrebbero il cosiddetto "carattere maschile", e viceversa [111]. Un altro teorico socialista, August Bebel, spiegò che le donne furono i primi esseri umani messi in schiavitù [112]. Intanto Bachofen aveva anche ricevuto interpretazioni di Elisée Reclus e di Bakunin entro il quadro dell'ideologia anarchica, ed era diventato popolare anche tra le suffragette. Senza che nessuno potesse prevederlo, la fama di Bachofen raggiunse un vasto pubblico all'inizio del ventesimo secolo, a causa di un gruppo di poeti, filosofi, e pittori neoromantici di Monaco che si chiamavano i Kosmiker (cosmici) [113]. Essi si entusiasmarono per le descrizioni di antiche culture date da Bachofen e per il suo metodo d'interpretazione dei simboli, e lo proclamarono "mitologo del Romanticismo" [114]. Per il loro influsso vennero pubblicate raccolte di passi scelti delle sue opere, e le sue idee, così diffondendosi, finirono col raggiungere un numero di persone sempre maggiore. Anche se quasi nessuna delle opere di Bachofen è stata tradotta in altre lingue, molti suoi concetti sono divenuti popolari e si possono rintracciare (in forma più o meno distorta) in numerose pubblicazioni di storici, etnologi, sociologi, scrittori politici, psicologi, e psichiatri, la maggior parte delle volte senza citazione del suo nome. Le idee di Bachofen raggiunsero gli ambienti della psichiatria passando per vari canali, e il loro influsso sulla psichiatria dinamica fu immenso. Turel ha indicato talune somiglianze tra concetti fondamentali di Bachofen e di Freud [115]. Bachofen — egli disse — scoprì il fenomeno della rimozione cinquant'anni prima di Freud. Si potrebbe aggiungere che egli aveva anche scoperto il fenomeno della formazione reattiva: egli fece notare come, nelle raffigurazioni di battaglie con le amazzoni, le donne guerriere sono sempre ritratte sconfitte, ferite, uccise. Bachofen affermò anche che i romani avevano distrutto la cultura etrusca, fino ai minimi dettagli, a causa dell'odio e della paura esagerati che nutrivano nei confronti del matriarcato etrusco. C'è una grande somiglianza, ha detto ancora Turel, tra Bachofen e Freud nel concetto d'interpretazione dei simboli. Entrambi affermano che c'è un limite al di là del quale la memoria dell'individuo o dell'umanità non può inoltrarsi; è da questo limite che Bachofen ricostruisce la storia dell'umanità mediante l'interpretazione dei miti, e Freud la storia dell'individuo mediante l'interpretazione dei sintomi. Baeumler ha fatto notare che (molto prima di Nietzsche e Freud) Bachofen sconvolse il sistema dei valori della borghesia del diciannovesimo secolo mostrando che il campo della vita sessuale non era subordinato, originariamente, ai valori morali, e che invece possedeva delle dimensioni insospettate e un elaborato simbolismo specifico [116]. Il paragone tra Bachofen e Freud potrebbe essere spinto ancora oltre. Da alcune considerazioni espresse occasionalmente da Bachofen, si ha l'impressione che egli ritenesse che gli stadi evolutivi, da lui descritti per le società nel loro complesso, potessero risultare validi anche per gli individui. Seguendo fino in fondo questo pensiero e trasponendolo dalla società all'individuo, si ha il seguente prospetto: Bachofen Freud Periodo "eterico" primitiva Periodo infantile della "perversione polimorfa " Matriarcato: dominio delle “madri", ginecocrazia Periodo preedipico "incestuoso", attaccamento alla madre Periodo dionisiaco Stadio fallico Miti di Oreste e di Edipo, simboleggianti il passaggio dal matriarcato al patriarcato Complesso edipico Patriarcato Stadio genitale adulto Rimozione del ricordo del matriarcato "Amnesia infantile" Miti Ricordi di copertura, sintomi. Il concetto di Bachofen sull'origine dell'amazzonismo potrebbe anche essere messo in rapporto con la teoria di Freud sull'origine della omosessualità femminile. L'influsso di Bachofen raggiunse Alfred Adler passando attraverso due intermediari: Engels e Bebel. Adler afferma che l'attuale oppressione delle donne da parte degli uomini è una ipercompensazione del maschio riguardo a uno stadio precedente di dominio femminile. L'uomo interiorizza il concetto della lotta ancestrale tra i due sessi. Secondo Adler il nevrotico, essendo in una posizione svantaggiata a causa di una paura delle donne, sviluppa all'interno di sé stesso una "protesta virile"; in tal modo egli, nella sua nevrosi, diventa lo zimbello della lotta tra i princìpi maschile e femminile. Per quanto riguarda C. G. Jung, egli probabilmente aveva letto le opere principali di Bachofen; la sua dottrina è piena di concetti che si possono attribuire almeno in parte all'influsso di Bachofen, come quelli di Anima e Animus, del "Vecchio Saggio", e della "Magna Mater". La crisi della metà del secolo Nel corso del diciannovesimo secolo si verificarono delle imponenti trasformazioni politiche, sociali, e culturali. Queste trasformazioni non avvennero in modo graduale e progressivo, ma piuttosto in cicli di accelerazione e decelerazione. La crisi più importante si manifestò verso la metà del secolo; i suoi aspetti più visibili furono la rivoluzione del 1848 e la successiva repressione, che scossero l'Europa. Ma la crisi si estese ad ogni altro campo dell'attività umana, e le sue conseguenze risultarono decisive anche per il destino della psichiatria dinamica. Nel corso della prima metà del secolo si erano già verificati molti cambiamenti. Dopo il suo inizio in Inghilterra, la Rivoluzione industriale si era estesa a tutta l'Europa e al Nordamerica, e aveva portato a un aumento delle forze produttive, della produzione industriale, del volume di scambi commerciali; inoltre aveva creato nuovi mezzi di trasporto. Parallelamente alla Rivoluzione industriale si verificò anche un notevole incremento del tasso delle nascite nella popolazione europea. Le condizioni di relativa miseria in cui vivevano i contadini ne indussero molti a emigrare verso i centri urbani. Il processo generale d'inurbamento fu particolarmente intenso in Francia. Parigi assorbì il meglio della vita economica, politica e intellettuale della nazione. Gli effetti dell'inurbamento e dell'industrializzazione si sommarono e portarono alla comparsa di una nuova classe sociale: le "masse" proletarie, che fornirono la base per la diffusione del socialismo. Dopo Owen e Saint-Simon, che furono i primi pionieri di tale dottrina, sorse tra il 1830 e il 1848 una nuova generazione di persone come Proudhon, le quali, caratterizzate da un'ispirazione generosa ma, alle volte, anche da idee piuttosto vaghe, sarebbero poi state chiamate socialisti utopistici. Il Manifesto del Partito comunista, pubblicato nel 1848 da Karl Marx e Friedrich Engels, segnò un punto di svolta; dopo il 1860 il movimento socialista venne sempre più a riconoscersi nell'ideologia e nel movimento creati da Marx ed Engels. Come conseguenza del cambiamento demografico, moltissimi europei si diressero nell'America settentrionale, in Argentina, Australia, Siberia. Anche i Paesi non adatti per l'immigrazione in massa furono aperti allo sfruttamento dell'uomo bianco [117]. Questi sviluppi industriali, demografici, e scientifici, e la rapida conquista economica e politica della terra diedero all'uomo bianco quell'ottimismo, quella confidenza in sé stesso, e quell'aggressività che caratterizzarono la cultura occidentale della seconda metà del diciannovesimo secolo. La borghesia, classe guida e classe creatrice dell'industria su larga scala, stava ora incominciando a temere una nuova classe in ascesa: il proletariato. Il socialismo divenne l'incubo della borghesia. Il mondo si stava dividendo sempre più in grandi regni e in nazioni indipendenti. L'Inghilterra era la guida e il centro dell'Impero britannico. La Francia era la seconda potenza del mondo, mentre la Germania e l'Italia stavano ancora lottando per conquistare l'unità nazionale. Incominciava già a destarsi qualche preoccupazione per le nuove nazioni in ascesa: Stati Uniti e Russia. Nel 1840 Alexis de Tocqueville profetizzò che in futuro si sarebbero improvvisamente affacciate, mostrandosi come le potenze guida che un giorno avrebbero dominato il mondo, e che se lo sarebbero spartito [118]. Nel 1869 Bachofen predisse che gli storici del ventesimo secolo avrebbero parlato solo dell'America e della Russia, e che il ruolo della vecchia Europa si sarebbe limitato a quello di insegnante dei nuovi padroni [119]. Ma queste idee non venivano prese seriamente in considerazione. Il fermento nazionalistico, che era stato stimolato dal Romanticismo, stava incominciando a I scuotere i grandi imperi multinazionali, Austria, Russia, e Turchia. La rivoluzione del 1848 fornì un'ulteriore testimonianza della forza delle aspirazioni nazionalistiche. Intanto si era affacciata una nuova filosofia che stava divenendo sempre più popolare: il positivismo. Le sue origini si possono ricondurre agli enciclopedisti francesi del diciottesimo secolo, e in particolare a Condorcet che aveva affermato che il progresso della mente umana sarebbe stato raggiunto mediante il progresso della scienza. La nuova filosofia, inaugurata all'inizio del secolo da Saint-Simon, fu organizzata a sistema da Auguste Comte e dal suo discepolo Littré in Francia, e da John Stuart Mill e Herbert Spencer in Inghilterra. Il principio fondamentale del positivismo era il culto dei fatti; il positivista non cerca l'inconoscibile, la cosa in sé, l'assoluto; egli vuole invece ottenere quel tipo di certezza che è caratteristico della scienza sperimentale, e cerca leggi costanti, come quelle della fisica. Il positivismo rifiuta ogni speculazione di tipo simile alla filosofia della natura. Un'altra caratteristica del positivismo è il suo interesse per la scienza applicata, la sua ricerca di conoscenze utilizzabili. Sulla scia dell'Illuminismo, esso si occupa dell'uomo come essere sociale. Fu Auguste Comte a creare la parola "sociologia" e a stabilire i fondamenti di tale scienza, da lui divisa in sociologia statica e dinamica. Queste erano le principali tendenze che stavano lentamente facendosi strada nella prima metà del secolo e che la crisi della metà del secolo portò bruscamente ad affacciarsi. Il suo aspetto più appariscente fu la rivoluzione del 1848. Questa rivoluzione fu un moto politico con forti componenti emotive. Essa fu salutata con tale giovanile entusiasmo in tutta l'Europa, che qualcuno l'ha chiamata la primavera dei popoli [120]. Essa fu la rivolta della democrazia contro il conservatorismo, del socialismo contro i privilegi della borghesia, delle nazioni oppresse contro il dominio delle potenze straniere. Per molti aspetti essa fu un momentaneo ritorno del Romanticismo e un conflitto tra generazioni. In Germania essa prese un aspetto particolare di ricerca dell'unità nazionale ma la convocazione di un Parlamento a Francoforte fu un triste insuccesso, e la tanto desiderata unità divenne realtà solo più tardi, con Bismarck, sotto l'egemonia prussiana. Dappertutto nell'Europa continentale la rivoluzione iniziò con entusiasmo, fu seguita da un periodo di euforia, e poi finì nella sconfitta, lasciando il posto al trionfo della reazione politica. Ciò fu origine per la gioventù di un periodo di depressione. Molti dei giovani più progressisti e attivi dell'Europa, in particolare in Germania, si sentirono stanchi dell'Europa (Europa-müde) ed emigrarono negli Stati Uniti. Le manifestazioni psicologiche, diffuse e collettive, che accompagnarono e che seguirono la rivoluzione del 1848 non sono ancora state sottoposte a un'indagine sistematica. Tra i vari aspetti che essa presentò ci fu l'aumento dell'importanza del magnetismo animale. In molte località si verificarono epidemie di deliri dopo manifestazioni teatrali. Nello stesso periodo, la grande ondata dello spiritismo, della quale abbiamo già parlato nel capitolo 2, si diffuse negli Stati Uniti, passando poi in Inghilterra e nell'Europa continentale. La relazione tra l'epidemia di spiritismo e la rivoluzione del 1848 fu compresa correttamente da Littré, che scrisse: "Nella nostra epoca di rivoluzioni, spesso la società è stata disturbata da notevoli sconvolgimenti: questi hanno indotto in alcune persone paure profonde, in altre speranze illimitate. Il sistema nervoso è divenuto più sensibile (...) Sono state queste circostanze a favorire l'attuale esplosione [121]." La crisi della metà del secolo mise la parola conclusiva alla sconfitta del Romanticismo. Ormai era certo che i suoi ultimi epigoni, come Fechner e Bachofen, non avrebbero trovato accoglienza. La seconda metà del secolo fu caratterizzata dalla scienza e dalla fiducia nella scienza. In occasione della Rivoluzione francese e dell'Impero napoleonico gli scienziati, forse per la prima volta nella storia, furono chiamati per contribuire con le loro scoperte alla difesa del proprio Paese. Probabilmente fu questo fatto a ispirare talune proposte ardite. Nel 1803, Henri de Saint-Simon affermò che la scienza doveva venire organizzata in un corpus di conoscenza unificato e che gli scienziati dovevano anch'essi essere organizzati in una struttura gerarchica ispirata a quella del clero cattolico, sotto la direzione di un "Consiglio newtoniano" [122]. Johann Christian Reil propose di organizzare la scienza in modo militaresco, come istituto statale [123]. Gli scienziati delle diverse specialità dovevano lavorare in modo disciplinato, sotto la direzione dei loro superiori gerarchici, e dedicarsi alla ricerca nelle scienze pratiche e in quelle applicate. Nel tempo libero, se volevano, potevano fare ricerche nelle scienze pure. Tuttavia il tipo di organizzazione scientifica che predominò nel diciannovesimo secolo risultò diverso tanto dal caos costruttivo del diciottesimo secolo quanto dall'irreggimentazione proposta da Saint-Simon e Reil. La ricerca venne condotta soprattutto nelle università. Anche se ciascuna università era indipendente, c'era tra le varie università un costante rapporto, assicurato da una rete di società e di pubblicazioni scientifiche. Un avvenimento decisivo fu la costituzione dell'Università di Berlino (1806), che a quel tempo costituiva un atto estremamente ardito per il fatto che la Prussia, sconfitta, era sull'orlo della rovina. La creazione dell'università doveva costituire il primo passo per la rigenerazione della nazione. Essa fu organizzata a un elevato livello scientifico, con grandi spese, sotto la guida di Wilhelm von Humboldt [124]. Presto l'Università di Berlino ispirò l'organizzazione delle vecchie università tedesche e la creazione di nuove. Alla fine divenne il modello per tutte quelle dell'Europa centrale. In questo modo la scienza tedesca fece rapidamente progressi e incominciò a sorpassare la Francia; verso la metà del secolo la Germania era all'avanguardia nel mondo, in campo scientifico. Per influsso sia della filosofia positivistica, sia della concentrazione della ricerca scientifica nelle università, sia dell'atteggiamento ottimistico della cultura, la scienza occidentale era pervasa di una fiducia quasi religiosa nelle proprie possibilità, e tale fiducia si diffondeva a sempre maggiori strati della popolazione. Si pensava soprattutto che la scienza potesse soddisfare la sete disinteressata di conoscenza dell'uomo. "Ma credete davvero — chiedeva Nietzsche — che le scienze avrebbero potuto prendere forma e divenire grandi se non fossero state precedute dai maghi, dagli alchimisti, dagli astrologi, e dalle streghe? Furono essi che per prima cosa dovettero creare, con le loro promesse e le loro pretese ingannevoli, il desiderio, la sete, il gusto dei poteri nascosti e proibiti! [125]". Tale fiducia sottintendeva che la scienza dovesse dimostrare la propria efficacia proteggendo la vita dell'uomo, conquistando la natura a suo vantaggio. La scienza era adesso anche una sintesi delle tecniche note all'uomo; essa doveva seguire una rigorosa metodologia di efficacia pratica. Inoltre la scienza era considerata un corpo unificato di discipline diverse e un tesoro di conoscenza comune a tutta l'umanità: di questo tesoro ciascuno poteva beneficiare, e ciascuno doveva contribuire ad esso. Questo portò alla scomparsa sia delle scienze segrete, sia delle "scuole" scientifiche legate a particolari sistemi filosofici, come quelle esistite nell'antica Grecia. Seguendo la tradizione dell'Illuminismo, il positivismo affermava che la scienza avrebbe risolto tutti gli enigmi dell'universo. Ancora un passo e si sarebbe affermato che la scienza avrebbe fornito un buon surrogato per la religione. Tuttavia occorre far notare che non era facile trovare il criterio con cui determinare che cosa fosse scienza e che cosa non lo fosse. Il magnetismo animale, la frenologia, la medicina omeopatica furono salutati come meravigliose scoperte scientifiche e come nuove branche della scienza. Ebbero migliaia di discepoli entusiastici, a volte furono insegnati nelle università, ma per tutto il diciannovesimo secolo non furono accolti dalla maggioranza degli scienziati. L'universale fiducia nella scienza prendeva spesso la forma di una fede religiosa e produceva quella mentalità che ha ricevuto il nome di scientismo. L'orientamento scientistico giunse al punto di negare l'esistenza di tutto ciò che non poteva venire affrontato con mezzi scientifici, e spesso si unì all'ateismo. Dopo il 1850 una corrente di libri popolari che diffondevano la fiducia esclusiva nella scienza unì tale' dottrina con l'ateismo e, a volte, con un insegnamento ultrasemplificato del materialismo. A questo tipo di opere appartenevano i libri di Büchner, Moleschott, Vogt, e successivamente di Haeckel. Sia che la fiducia nella scienza assumesse questa forma radicale, sia che rimanesse a livelli di maggiore moderazione, l'ottimismo generale rimase un suo aspetto caratteristico fino alla fine del secolo, come si vede chiaramente nelle opere di Jules Verne, romanzi che presentano meraviglie scientifiche in chiave ottimistica. L'uomo di scienza divenne un noto personaggio sociale sotto lo stereotipo dello scienziato: il savant [126]. Lo scienziato appartiene necessariamente a un'organizzazione universitaria (al di fuori dell'università non c'è scienza); ma egli non è solo il sapiente, il dotto, o l'erudito delle epoche precedenti: egli è adesso un ricercatore e un insegnante; la sua caratteristica più appariscente è il disinteresse; la scienza è per lui una religione, s la scoperta della verità è la finalità di tale religione, che ha i suoi santi e i suoi martiri. Lo scienziato, necessariamente, è anche un grande lavoratore, assorto nelle sue ricerche fino al punto di sembrare distratto; anche se l'umiltà non è sempre la sua maggiore virtù, egli pare spesso timido, è un cattivo conversatore, e ha poco tempo per la vita di società (al di fuori di quel minimo che gli serve per le sue legittime ambizioni accademiche). La sua vita affettiva e occultata dalla segretezza, la moglie è una persona modesta e coraggiosa che si occupa solo del bene del marito e dei figli: spesso non comprende il lavoro del marito, ma lo appoggia sempre. Lo scienziato crede nella scienza "pura" e prova solo disprezzo per il ricercatore industriale che applica il proprio lavoro a fini pratici. Naturalmente si sapeva che la scienza poteva venire anche impiegata per uccidere altre persone, ma sembravano paradossali certe affermazioni dell'anarchico Bakunin [127] o di Ernest Renan, che affermavano che la scienza, un giorno o l'altro, poteva venire usata per l'oppressione o per la distruzione dell'umanità [128]. La fede collettiva nella scienza veniva alimentata non solo dal culto dei positivisti, ma anche dalle innumerevoli scoperte e invenzioni che continuavano ad apparire, susseguendosi con tale rapidità che, per così dire, si poteva vedere la faccia della terra cambiare sotto la loro influenza. I progressi della medicina e dell'igiene pubblica cambiavano le condizioni della vita umana, e la durata media della vita aumentò costantemente dall'inizio del diciannovesimo secolo. Questo progresso della medicina ebbe profonde conseguenze sociali e biologiche [129]. Infine, la scoperta dell'anestesia chirurgica tra il 1840 e il 1850 non solo rese possibile il progresso della chirurgia, ma eliminò anche l'esperienza del dolore fisico, cui contribuì anche la successiva scoperta di analgesici e sedativi. L'uomo non era più abituato al dolore come prima, e divenne più sensibile alla sofferenza, ne provò anche maggiormente la paura [130]. Fu così che l'uomo, alla fine del secolo, non era, dal punto di vista biologico, esattamente lo stesso essere che era al suo inizio. Per questo non c'è nulla di strano che anche la sua psicopatologia non fosse più la stessa. Le nuove dottrine I grandi cambiamenti politici e sociologici che si verificarono nel mondo occidentale nel corso del diciannovesimo secolo, e in particolare dopo il 1850, fecero sentire il bisogno di nuove ideologie. Il Romanticismo sembrava definitivamente tramontato. L'Illuminismo non riottenne più il prestigio di cui aveva goduto alla fine del diciottesimo secolo; tuttavia esso rimase sufficientemente forte da portare l'emancipazione dei servi in Russia e degli schiavi nelle colonie europee e negli Stati Uniti. Tuttavia, lo spirito dell'Illuminismo veniva sempre più contrastato dalle nuove tendenze culturali. La filosofia della Rivoluzione industriale — libera iniziativa, competizione, apertura di nuovi territori, lotta feroce per la conquista dei mercati mondiali — trovò una razionalizzazione apparentemente scientifica nel darwinismo, mentre invece il marxismo fornì una base filosofica ai partiti socialisti, sorti con l'aumento del proletariato industriale e con l'intensificazione della lotta di classe. Queste due dottrine, darwinismo e marxismo, esercitarono un forte influsso dopo il 1860, e tale influsso si fece sentire in tutti i campi, compreso quello della psichiatria dinamica. Charles Darwin (1809-82) Charles Darwin si fece conoscere inizialmente come un giovane brillante scienziato che, in qualità di naturalista, partecipò alla crociera del Beagle, una nave la cui missione consisteva nello svolgere ricerche geodesiche e cartografiche delle aree costiere dell'emisfero meridionale [131]. I risultati delle osservazioni compiute da Darwin nel corso di quei cinque anni di viaggio intorno al mondo (1831-36) lo posero immediatamente in risalto come uno dei principali naturalisti dell'epoca. Pochi anni dopo la salute cagionevole lo costrinse a ritirarsi nella sua proprietà vicino a Londra, dove dedicò alle scienze naturali le poche ore giornaliere in cui si sentiva abbastanza bene per lavorare. Nell'ottobre del 1838, Darwin lesse per caso il Saggio sul principio di popolazione di Malthus, in cui la "lotta per la sopravvivenza" era intesa come un principio che dirigeva lo sviluppo delle popolazioni umane. A Darwin venne in mente che la "lotta per l'esistenza" poteva anche fornire una spiegazione per quella selezione naturale da cui avevano origine l'evoluzione e la differenziazione delle specie naturali. Egli scrisse brevi abbozzi di tale teoria nel 1842 e nel 1844. Nel corso dei venti anni seguenti, continuò a scrivere monografie su vari argomenti della geologia e della zoologia, e a perfezionare progressivamente la sua teoria sull'evoluzione delle specie, raccogliendo una notevole quantità di dati pertinenti. Egli diede inizio alla stesura della sua opera principale nel maggio 1856 ed era giunto a metà, nel giugno 1858, quando ricevette un manoscritto da Alfred Wallace in cui veniva presentata la stessa teoria dell'evoluzione delle specie per mezzo della selezione naturale e della lotta per la sopravvivenza. Gli amici di Darwin presero accordi per presentare l'articolo di Wallace, insieme con alcune parti dell'opera di Darwin del 1844, alla Linnean Society nel luglio del 1858 e per farle pubblicare unite [132]. Successivamente Darwin scrisse una versione condensata del suo libro, e nel 1859 la pubblicazione dell'Origine delle specie lo portò alla fama mondiale [133]. Si trovò improvvisamente al centro di controversie scientifiche, filosofiche e religiose che cercò di evitare come meglio potè. Tra le sue opere successive ci furono The Descent of Man (L'origine dell'uomo), che estendeva all'uomo le teorie sviluppate nell'Origine delle specie, e The Expression of Emotions (L'espressione delle emozioni) che cercava di analizzare quell'antico problema mediante lo studio degli istinti su cui poggiano le varie emozioni. Quando Darwin morì, nel 1882, una petizione parlamentare chiese che gli fosse data sepoltura nell'abbazia di Westminster, dove la sua tomba è accanto a quella di Newton. La fama di Darwin è legata soprattutto al trasformismo, che egli chiamò teoria delle origini e dell'evoluzione delle specie: questa teoria si opponeva al concetto della costanza e dell'immutabilità delle specie. In effetti, la teoria del trasformismo può essere rintracciata già tra i filosofi greci Anassimandro ed Empedocle, e al loro contemporaneo cinese, Tson Tse, il quale, secondo quanto afferma Nehru [134], nel sesto secolo a.C. aveva scritto quanto segue: Tutti gli organismi hanno origine da una specie sola. Questa singola specie ha attraversato molti cambiamenti graduali e contigui, dando così origine a tutti gli organismi di forme diverse. Questi organismi non si differenziarono immediatamente; essi invece acquistarono le loro differenze per mezzo di cambiamenti graduali, generazione dopo generazione. Gli storici della scienza hanno trovato un certo numero di predecessori di Darwin a partire dal diciassettesimo secolo, e sono giunti alla conclusione che il pensiero evoluzionistico era abbastanza diffuso nel secolo che precedette Darwin [135]. Il tallone d'Achille dei primi sistemi evoluzionistici era che mancavano dimostrazioni convincenti che sostenessero la teoria, e che mancava una spiegazione causale plausibile per il meccanismo della trasformazione delle specie. Lamarck (1744-1829) aveva spiegato la trasformazione delle specie come effetto dell'adattamento, dell'uso e della mancanza d'uso prolungati degli organi, e della trasmissione di caratteristiche acquisite, ma le prove da lui addotte erano insufficienti. Il merito di Charles Darwin non fu quello di avere introdotto il concetto del trasformismo, ma quello di averne proposto una nuova spiegazione, basata su cause ed effetti, e di avere suffragato la propria teoria con un impressionante numero di argomenti a favore, accumulati pazientemente per vent'anni. Il punto di partenza di Darwin era costituito dall'osservazione che nei vegetali e negli animali avvengono molte variazioni casuali spontanee, che sono trasmesse alle generazioni successive. È un fatto ben noto agli allevatori, i quali selezionano le varietà che presentano talune caratteristiche, le incrociano tra loro, e così ottengono nuove razze con le caratteristiche cercate. A volte gli allevatori si limitano a scegliere gli esemplari che considerano migliori, li incrociano, e ottengono delle varianti nuove, impreviste (questo fenomeno era chiamato da Darwin "selezione inconscia"). Dunque, così si svolge la selezione artificiale, ad opera dell'uomo. Per quanto riguarda la selezione naturale, Darwin riteneva che da variazioni casuali potessero originarsi specie nuove, che poi si trasmettevano ereditariamente, esattamente nello stesso modo in cui si trasmettevano le nuove razze. Ma come fa la natura a portare avanti un processo di selezione paragonabile alla selezione volontaria degli allevatori? Darwin pensò che l'agente principale fosse la lotta per la sopravvivenza all'interno dell'ambiente di natura, un processo simile a quello proposto da Malthus nel campo della demografia. Ciò significava che, in una data specie di animale o di pianta, il numero degli individui supera i limiti imposti dallo spazio e dal cibo disponibile; che c'è una lotta incessante per l'esistenza: sopravvivono quegli individui che appartengono a una variazione spontanea che li rende più idonei per la lotta, mentre i meno idonei sono eliminati. Tuttavia le modificazioni ambientali mettono sempre a rischio l'idoneità degli esseri viventi. Tra le dimostrazioni presentate da Darwin a favore del trasformismo c'erano dei fenomeni come le omologie strutturali fra individui di specie affini, l'esistenza di organi rudimentali (sopravvissuti da precedenti specie ancestrali), i fenomeni di regressione, il ritorno di forme ancestrali, e numerosi altri dati forniti dalla distribuzione degli animali nei vari periodi geologici e nello spazio. Ma per rendere coerente la sua spiegazione teorica, Darwin dovette dare come assunto diverse altre ipotesi: che le variazioni spontanee potessero dare origine a nuove specie (e non solo a nuove razze), che i caratteri acquisiti potessero venire trasmessi ereditariamente, che la durata dei periodi geologici fosse immensamente lunga, che i progressi della paleontologia avrebbero fornito i legami mancanti, i quali avrebbero collegato le specie note alle supposte forme ancestrali. Nell'Origine delle specie Darwin non aveva parlato della specie umana, ma la sua teoria venne presto estesa anche all'uomo da Thomas Huxley, in Inghilterra, e da Ernst Haeckel in Germania. Nel libro che, come importanza, costituisce la sua seconda opera, L'origine dell'uomo, Darwin presentò l'ipotesi che "l'uomo discende da un quadrupede caudato, peloso, di abitudini probabilmente arboricole, abitante nel Vecchio Mondo" [136]; questo antenato dell'uomo era tanto diverso dai più primitivi selvaggi oggi viventi quanto tali selvaggi sono diversi dall'uomo. Darwin cercò di ricostruire la figura di quell'antenato e di dare una spiegazione puramente biologica della sua evoluzione fino alle presenti razze umane. La società — egli dice — è nata dall'istinto dell'amore parentale e filiale, e dall'istinto di simpatia e di mutua assistenza tra animali della stessa specie. Il linguaggio è nato dalle grida emesse dagli altri animali. La morale è dovuta soprattutto all'istinto già menzionato, rinforzato dalla sensibilità dell'uomo all'opinione altrui, e poi dalla ragione, dall'educazione, e dalle abitudini. Nell'Origine dell'uomo Darwin si allontana dal ruolo quasi esclusivo che aveva attribuito alla lotta per la sopravvivenza nell'Origine delle specie. Egli parla dell'istinto di mutua assistenza e dichiara che, nell'evoluzione dell'uomo, il fattore più importante è stato quello della selezione sessuale, cioè il fatto che gli individui più robusti tendono a scegliere le femmine più attraenti, e che questi individui "scelti" hanno un numero maggiore di figli. La storia del darwinismo costituisce un esempio classico di una teoria che si libera del proprio ideatore e che prende una strada autonoma e insospettabile. L'Origine delle specie era stata appena pubblicata che Darwin scoprì che il suo nome incominciava a venire associato a molte interpretazioni contraddittorie della sua opera e scoprì di essere divenuto una leggenda vivente [137]. Si diceva che Darwin, un vecchio patriarca delle scienze naturali, dalla barba bianca e dalla salute malferma, che viveva isolato in ritiro, avesse portato la rivoluzione intellettuale più gravida di contenuto dal tempo di Copernico in poi [138]. Si diceva che era stato il primo a enunciare la teoria dell'evoluzione (i precedenti sostenitori della teoria, tra cui il nonno Erasmus Darwin, erano chiamati precursori o erano semplicemente ignorati). Inoltre, dimenticando che Darwin aveva proposto la teoria dell'evoluzione come una semplice ipotesi, si dava per scontato che egli l'avesse dimostrata e l'avesse portata al livello di un'indiscutibile verità scientifica. Il concetto di lotta per la sopravvivenza, lungi dall'essere considerato come una semplice ipotesi, veniva ora considerato il sostegno di tutto il darwinismo. Non si teneva presente il fatto che Darwin aveva proposto diversi altri possibili meccanismi (uno di questi era la selezione sessuale). La lotta per la sopravvivenza, ora intesa nel senso hobbesiano di "guerra di tutti contro tutti", venne salutata come una legge universale, scoperta e dimostrata da Darwin; una "legge ferrea" che governava sia il mondo vivente sia la stessa umanità, e che forniva una pietra di paragone per la morale. Ci furono tuttavia alcuni scienziati che cercarono di stabilire in modo obiettivo il vero significato del pensiero di Darwin, di dargli un fondamento scientifico, e di confutare le false interpretazioni, sia quelle dei suoi sostenitori entusiastici, sia quelle dei suoi ciechi oppositori [139]. L'importanza storica di una teoria non si limita a ciò che c'era originariamente nel pensiero del suo autore. Tale importanza è anche dovuta alle estensioni, alle aggiunte, alle interpretazioni, e alle distorsioni cui essa viene sottoposta, e alle reazioni destate dall'influsso della teoria e delle sue distorsioni. Il campo specifico della teoria di Darwin era quello della storia naturale, ed essa era presentata dal suo autore come un'ipotesi volta a convalidare la teoria del trasformismo. A tale proposito, i suoi effetti furono molteplici. Essa fornì un impulso notevole alle scienze naturali. La ricerca degli anelli mancanti, nella ricostruzione delle trasformazioni delle specie, fece progredire la paleontologia, e i fenomeni embriologici addotti a favore del trasformismo costituirono il punto di partenza di nuovi studi di embriologia comparata. Soprattutto, la pubblicazione dell'Origine delle specie cambiò la prospettiva generale dei naturalisti; la teoria del fissismo perse praticamente tutti i propri sostenitori, e il trasformismo, con il nuovo nome di teoria dell'evoluzione, venne accettato dalla stragrande maggioranza degli scienziati. Ma ciò non vuol dire che la particolare ipotesi formulata da Darwin per spiegare il meccanismo dell'evoluzione fosse confermata: in effetti questa rimane ancora una delle questioni controverse della scienza moderna. Nonostante che la teoria di Darwin fosse accettata universalmente, ancora oggi si esprimono dei dubbi sull'effettiva funzione svolta dalla lotta per l'esistenza e sui suoi effetti riguardo all'evoluzione, e anche sulla possibilità che le variazioni casuali diano origine a nuove specie (non solo nuove razze) e sull'esistenza di molti anelli mancanti [140]. Gertrude Himmelfarb riporta le affermazioni di molti famosi naturalisti contemporanei, i quali affermano che la generale approvazione del darwinismo non è dovuta al fatto che esso sia stato dimostrato vero sulla base di prove inoppugnabili; tale approvazione deriva sia dalla paura della mente umana per ogni lacuna nella nostra conoscenza, sia dal fatto che gli scienziati preferiscono una risposta insoddisfacente alla mancanza di una risposta [141]. Se il darwinismo si fosse limitato al suo campo specifico, esso non avrebbe mai raggiunto la fama di cui gode. Invece i suoi princìpi vennero subito estesi ad altre scienze. I biologi chiamarono "intraselezione" la supposta lotta tra parti dell'organismo nel corso dello sviluppo. Gli psicologi presero come assunto che gli istinti e le facoltà mentali fossero essi stessi il prodotto di una selezione naturale. L'evoluzione delle società umane — la famiglia, il linguaggio, le istituzioni morali, le religioni — venne ricostruita in modi simili, e nessuna branca della scienza fu esente da tali speculazioni [142]. Darwin aveva cercato di non invadere il campo della filosofia, ma i suoi discepoli si accorsero che dalle sue idee si poteva dedurre un sistema filosofico, e in particolare un nuovo concetto del progresso e dell'evoluzione. L'Illuminismo intendeva il concetto di progresso come quello di un processo continuo, compiuto dall'umanità sotto la guida della ragione; tale processo mirava al bene e alla felicità dell'umanità (compresi i suoi membri diseredati). I romantici avevano rivolto le proprie speculazioni a un processo nascosto, che faceva da supporto alla natura, composto di forze irrazionali, le quali però operavano verso una finalità razionale. Ora invece il darwinismo indicava che sia il fenomeno del progresso biologico tra specie viventi, sia quello del progresso sociale e morale dell'umanità, erano il risultato automatico e meccanico di avvenimenti casuali e di una lotta cieca, universale. Il concetto fu subito adottato dall'ateismo, che lo impiegò come arma sia contro la fede religiosa nella creazione sia contro la religione stessa. Tuttavia, mentre taluni ambienti religiosi associati al fondamentalismo biblico continuarono nella lotta contro il darwinismo, presto la maggior parte dei teologi riuscì a conciliare con la religione il concetto d'evoluzione. Il botanico americano Asa Gray (1810-88), primo difensore di Darwin in America, fin dall'inizio propose l'"ala teistica" del pensiero evoluzionistico [143]. Negli Stati Uniti, il darwinismo esercitò un forte influsso sulla filosofia; sorse un nuovo tipo di pensiero che non considerava più le cose come entità permanenti, ma che le osservava sotto una prospettiva evoluzionistica universale [144]. Espressioni favorite di tale atteggiamento filosofico sono lo strumentalismo, il pragmatismo, e l'utilitarismo. In Germania, il darwinismo filosofico assunse una forma differente per influenza di Ernst Haeckel, un biologo che aveva raggiunto la fama per i suoi studi eccellenti sugli infusori, sulle meduse e sulle spugne. Haeckel si autoproclamò profeta del darwinismo e volle sostenerlo con una prova ulteriore, la "legge fondamentale biogenetica" [145]. Negli stadi embrionali — egli disse — ogni essere vivente ripete le trasformazioni subite dai suoi antenati in tutta l'evoluzione ("l'ontogenesi è la ricapitolazione della filogenesi"). Tuttavia, egli stesso riconobbe successivamente che la legge non era costante, poiché la serie di metamorfosi poteva presentarsi in modo incompleto o mostrare alterazioni. Haeckel incorporò il trasformismo darwiniano in un vasto sistema chiamato monismo. La natura — egli disse — è teatro di un processo universale evoluzionistico, dalla molecola ai corpi celesti. Non c'è differenza tra natura organica e inorganica; la vita è un fenomeno fisico caratterizzato da un tipo particolare di vibrazione della materia. Tutte le specie viventi in natura hanno avuto origine dalla materia per intervento di un solo essere vivente elementare, il "mònero", che è un essere unicellulare privo di nucleo. Haeckel affermò di avere visto il monero al microscopio. Tutto il processo del trasformismo, a partire dal monero, si svolge nei tre regni dei "pratisti", dei vegetali, e degli animali. Haeckel ricostruì un completo albero genealogico dell'uomo in ventidue stadi; il monero era il primo stadio e l'uomo il ventiduesimo; tutti gli altri erano rappresentali da esseri ipotetici. Il ventunesimo, cioè il predecessore diretto dell'uomo, era supposto come un "pitecantropo", affine alle scimmie. L'uomo era comparso nella Lemuria, un continente ora sommerso, situato tra India e Africa; c'erano state dodici specie e trentasei razze umane. Haeckel insegnava clic le cellule, e perfino le molecole, sono dotate di una coscienza elementare, e proponeva la creazione di una nuova religione basata sul culto del cosmo. Haeckel non si accorse mai che il suo sistema non era altro che una tarda reviviscenza della filosofia della natura. Egli lo riteneva assolutamente scientifico, e oggi è difficile immaginare l'enorme successo goduto per diversi decenni dalle sue teorie, in particolare in Germania, dove spesso erano considerate tutt'uno con il darwinismo. Fu soprattutto attraverso la persona di Haeckel che i giovani della generazione di Freud fecero la prima conoscenza del darwinismo; il prestigio di Haeckel era tanto grande, che quando Rorschach, nel 1904, era nel dubbio se seguire la vocazione delle arti o della scienza naturale, per lui il passo logico fu scrivere a Haeckel per chiedergli consiglio. L'influsso più importante del darwinismo venne avvertito tramite il darwinismo sociale, costituito da un'applicazione indiscriminata dei concetti di "lotta per l'esistenza", "sopravvivenza del più idoneo", ed "eliminazione del non idoneo", alle situazioni e ai problemi delle società umane. Fu il naturalista Thomas Huxley, uno dei primi discepoli di Darwin, a riassumere tale filosofia in un famoso discorso del 1888, in cui parlava della situazione dell'Inghilterra. Dal punto di vista del moralista, il mondo animale è pressappoco sullo stesso livello delle lotte tra gladiatori. Le creature sono trattate piuttosto bene, e poi sono messe a combattere: il più forte, il più svelto, il più astuto sopravviveranno per ritornare a combattere l'indomani. Lo spettatore non ha il bisogno di mostrare il pollice verso, e non viene concesso quartiere. Nel ciclo dei fenomeni mostrati dalla vita di quell'animale che è l'uomo, non si scorge più morale di quella che si scorge tra lupo e cervo. Così, tra i primitivi, il più debole e il meno intelligente andavano al muro, mentre il più robusto e il più astuto, che erano più idonei ad affrontare le situazioni circostanti, ma che peraltro non erano i migliori sotto altri aspetti, sopravvivevano. La vita era una lotta continua senza esclusione di colpi, e al di là delle relazioni limitate e provvisorie della cerchia familiare, la guerra hobbesiana di tutti contro tutti era lo stato normale dell'esistenza. Ora, tutti gli sforzi dell'uomo morale di operare verso una finalità etica non hanno abolito, anzi, forse non hanno neppure un po' modificato, quegli impulsi organici, profondamente radicati, che spingono l'uomo naturale a seguire il suo codice non morale [146]. Se le dottrine di Darwin potevano dar luogo a un'interpretazione come questa, da parte di un naturalista, ci va poco a immaginare come venissero distorte negli scritti sociologici e politici di persone che le conoscevano solo di seconda mano. In nome di quel darwinismo di fantasia, tale presunta legge universale divenne una razionalizzazione con cui si giustificava lo sterminio delle popolazioni primitive compiuto dai bianchi. I marxisti lo usarono come argomento a favore della lotta di classe e della rivoluzione. I criminologi Ferri e Garofalo della scuola positivistica italiana usarono il concetto di "eliminazione dei non idonei" per sostenere la tesi del mantenimento della pena capitale. Atkinson, ampliando il concetto di lotta universale fino a includere il campo familiare, descrisse l'assassinio del vecchio padre, compiuto dai figli adulti, come regola delle popolazioni primitive [147]. Militaristi di ogni nazione usarono scientificamente il darwinismo per dimostrare la necessità della guerra e degli eserciti. Si è ritenuto che la filosofia pseudo-darwinista, convincendo l'elite europea della guerra come necessità biologica e come legge cui non era possibile sfuggire, sia in parte responsabile dello scoppio della prima guerra mondiale [148]. Una lunga serie di uomini politici proclamò lo stesso principio e toccò il vertice con Hitler, che spesso invocava Darwin a sostegno delle sue tesi [149]. In breve, come disse Kropotkin: "Non c'è infamia della società civile, o dei rapporti tra i bianchi e le cosiddette razze inferiori, o tra forti e deboli, che non possa trovare giustificazione nella formula fissa [150]." Questa linea di pensiero, che potrebbe venire seguita storicamente dal principio dell'homo homini lupus hobbesiano a Malthus, e da Darwin alle descrizioni letterarie della "legge della giungla" date da Kipling, conferì una sua specifica coloritura al mondo occidentale, in particolare negli ultimi decenni del diciannovesimo secolo e all'inizio del ventesimo. L'influsso di ogni dottrina è costituito anche dalle sue distorsioni e dalle idee opposte ad essa, che sorgono sia contro la dottrina stessa, sia contro le sue distorsioni. Fin dall'inizio ci fu una forte opposizione nei riguardi dell'ideologia scaturita dal darwinismo. Nel corso della sua prigionia a Clairvaux (1883-86), l'anarchico russo Kropotkin si accorse della necessità di riformulare la formula darwiniana sulla base dei dati da lui trovati nelle opere degli zoologi russi Kessler e Severstov. Egli sviluppò la sua teoria della mutua assistenza come legge fondamentale degli esseri viventi [151]. Tale teoria parve prendere piede, caratteristicamente, anche presso naturalisti britannici dell'epoca [152]. Altri naturalisti hanno osservato che anche se la cosiddetta lotta per la sopravvivenza fosse applicabile al mondo animale, ciò non costituirebbe una ragione sufficiente per poterla applicare alla società umana, che ha le sue leggi e la sua struttura specifiche [153]. L'economista inglese Norman Angeli, negli anni precedenti la prima guerra mondiale, avvertì dell'errore contenuto in quella presunta legge che stava portando verso la catastrofe le nazioni europee [154]. Anche lo stesso principio dell'evoluzione trovò degli avversari. Il biologo francese René Quinton proclamò il "principio di costanza". Egli disse che, come il mare era stato il luogo d'origine di tutte le specie viventi, compreso l'uomo, così esse a loro volta avevano conservato, in tutte le fasi del l'evoluzione, un milieu intérieur che dal punto di vista chimico-fisico è molto simile alla composizione dell'acqua di mare [155]. Rémy de Gourmont applicò tale principio alla vita intellettuale, e negò che vi fosse stato alcun progresso effettivo nello sviluppo dell'intelligenza umana. Gli inventori e gli artisti dei tempi preistorici — egli disse — possedevano altrettanto genio quanto ne possiedono gli artisti o gli inventori moderni. Il grado più alto dell'intelligenza umana è rimasto sempre uguale, in tutte le fasi dell'evoluzione culturale [156]. La legge della "sopravvivenza del più idoneo" e dell'"eliminazione dei non idonei" riveste un particolare interesse per la psichiatria dinamica. In effetti, poche persone erano meno adatte di Darwin a una vita di dura competitività: la sua prima ambizione era stata quella di diventare un ministro del culto, in campagna, per dedicare il tempo libero al suo hobby della storia naturale. La sua salute cagionevole gli precludeva la carriera universitaria. Se non fosse stato per la sua ricchezza personale e per la presenza di una moglie devota e delle sue attenzioni, egli non avrebbe potuto portare a termine la propria opera; evitava di partecipare personalmente alle controversie destate dalle sue teorie e le lasciava ai suoi sostenitori. Alfred Adler rovesciò sistematicamente il principio dell'"eliminazione dei non idonei". Egli mostrò che le inferiorità organiche spesso fornivano la spinta per una compensazione biologica. Poi estese il principio anche al campo psicologico, facendo della "compensazione" un concetto fondamentale del suo sistema. Così l'inferiorità, invece di costituire una causa dell'insuccesso, sembrerebbe costituire lo stimolo migliore per la lotta sociale e la vittoria. Come molti contemporanei, Freud fu un lettore entusiasta degli scritti di Darwin, e l'influsso del darwinismo sulla psicoanalisi è molteplice [157]. Per prima cosa, Freud seguì Darwin nel dare forma a una psicologia che poggiava sul concetto biologico degli istinti, o pulsioni. Una psicologia di quel tipo era già stata formulata da Gall e dai suoi discepoli e da alcuni psichiatri come J. C. Santlus [158]. Ma la teoria di Freud sulle pulsioni è chiaramente derivata da quella degli istinti di Darwin. È interessante notare che Freud iniziò considerando esclusivamente la libido, e che solo successivamente venne a dare come assunto la separazione tra essa e la pulsione di aggressione e di distruzione, mentre invece Darwin seguì il cammino inverso. Nell'Origine delle specie egli aveva sviluppato la sua teoria ponendo come fenomeno centrale la lotta per la sopravvivenza, mentre nell'Origine dell'uomo egli affiancava al precedente concetto l'attrazione sessuale, cui attribuiva il ruolo principale nell'origine e nello sviluppo dell'uomo. Per seconda cosa, Freud seguì Darwin nella prospettiva genetica con cui osservare le manifestazioni della vita. Darwin portò alla luce fenomeni di arresto localizzato dello sviluppo e di "reversione": più tardi Freud li avrebbe chiamati fissazione e regressione. Per terza cosa, Freud sembra avere trasportato nel campo della psicologia e dell'antropologia la "legge della ricapitolazione" di Haeckel; il principio che "l'ontogenesi ricapitola la filogenesi" trova un equilibrio nell’assunto di Freud che lo sviluppo individuale attraversa versa le stesse fasi attraversate dall'evoluzione della specie umana, e che il complesso edipico è la reviviscenza individuale dell'uccisione del vecchio padre da parte dei figli. Infine, si può riconoscere in Freud l'influsso darwiniano nell'elaborazione di una teoria biologica sulle origini della società e della morale umane, elaborazione che prendeva come punto di partenza un primitivo e ipotetico antenato dell'uomo, vivente in piccoli gruppi o orde. Anche un altro influsso indiretto di Darwin su Freud può essere individuato. Paul Rèe ha spiegato lo sviluppo di una coscienza morale come frutto di una specie di lotta legalizzata per l'esistenza, di tipo darwiniano, come si dice esistesse tra gli antichi islandesi [159]. Essi affermavano che l'uomo aveva diritti solo sulle cose che può difendere; perciò, se qualcuno desiderava una proprietà altrui, egli poteva sfidarne a duello il proprietario. Se il proprietario si rifiutava, o se veniva ucciso nel duello, la sua proprietà passava legalmente allo sfidante. Tuttavia, successivamente, venne il momento in cui la legge non ammise più quel sistema primitivo, e le pulsioni di aggressione e di acquisizione, insoddisfatte, divennero la base del rimorso, e quindi della coscienza morale. Questa teoria fu sviluppata da Nietzsche nella Genealogia della morale; essa fu il prototipo di tutte quelle concezioni che più tardi sarebbero state esposte da Freud nell'opera II disagio della civiltà (1929) [160]. Karl Marx (1818-83) Abbiamo visto come il darwinismo, che originariamente era un sistema d'ipotesi, formulato a sostegno della teoria evoluzionistica, fosse stato trasformato dai seguaci di Darwin in darwinismo sociale, una filosofia che dava una razionalizzazione, apparentemente scientifica, dello spirito di competizione sfrenata che animava il mondo industriale, commerciale, politico, e militare degli ultimi decenni del diciannovesimo secolo. A differenza del darwinismo sociale, il marxismo costituì un sistema filosofico fin dall'inizio, ma presto divenne anche una filosofia della storia, una teoria economica, una dottrina politica, e perfino un modo di vivere. Il suo fondatore fu Karl Marx, in collaborazione con l'amico Friedrich Engels (1820-95). Tanto nel marxismo quanto nel darwinismo è presente il concetto di progresso dell'umanità, ma le due dottrine forniscono un'interpretazione diversa per quanto riguarda la natura dei processi che fanno da supporto a tale progresso. Il darwinismo attribuisce il progresso (sia nell'evoluzione delle specie, sia nell'evoluzione dell'umanità) all'effetto meccanico e deterministico di fenomeni biologici; il marxismo invece l'attribuisce a un processo dialettico, che però deve essere aiutato dalla consapevolezza dell'uomo e dai suoi sforzi. Un'altra caratteristica comune a marxismo e darwinismo è l'idea che la giustizia e la morale non siano princìpi assoluti e permanenti, come insegnavano le filosofie tradizionali e l'Illuminismo, ma che siano princìpi relativi. Per il darwinismo sono un prodotto dell'evoluzione sociale, per il marxismo sono comprensibili in termini di "materialismo storico" e di storia della lotta tra le classi. Come sistema filosofico, la fonte principale del marxismo fu Hegel, sia direttamente, sia attraverso alcuni discepoli. La filosofia hegeliana fornì a Marx il "metodo dialettico", cioè un metodo per analizzare concetti apparentemente contraddittori: scoprendo il principio comune che li univa in una sintesi superiore, si passava di concetto in concetto, fino all'assoluto. Ma mentre Hegel aveva usato il suo metodo dialettico per edificare un imponente sistema filosofico idealistico, Marx invece lo applicò a una filosofia materialistica. Marx prese da Hegel anche il concetto di alienazione: cioè il concetto che l'uomo sia "alienato", estraniato, da sé stesso. Con il termine "alienazione" si indica il fatto che l'uomo abbia esteriorizzato una parte di sé stesso, e che egli poi la percepisca come una verità esterna. C'erano state delle discussioni approfondite, tra i discepoli di Hegel, sul problema dell'alienazione. Uno dei discepoli di Hegel, Feuerbach, affermava che l'uomo è "alienato da sé" perché ha creato un Dio a propria immagine; avendo così proiettato al di fuori di sé la parte migliore del suo spirito egli la adora come se si trattasse di un essere superiore. Ponendo termine a questa "alienazione", l'uomo ricostruirebbe la sintesi del proprio essere. Marx ampliò e modificò il concetto di alienazione. Non solo la religione e le filosofie astratte sono un'alienazione, ma ci sono anche un'alienazione politica, una sociale, e una economica. L'uomo è alienato da sé — affermava Marx — a causa della divisione della società in classi, e del fatto che la classe dominante opprime e sfrutta le classi dominate. Perciò — egli disse — una società socialista, senza classi, porterebbe alla scomparsa dell'alienazione e di tutte le sue manifestazioni. Marx affermava che fino a quell'epoca la filosofia aveva cercato di spiegare il mondo, mentre il vero problema consisteva nel cambiarlo. Quindi la sua filosofia è inseparabile dall'azione, cioè, praticamente, dall'azione rivoluzionaria. (E in realtà Marx ed Engels non si limitarono a dare le basi teoriche alle organizzazioni rivoluzionarie, ma parteciparono a vari movimenti rivoluzionari in Germania.) Al pari di Hegel, Marx afferma che la specie umana attraversa un processo dialettico d'evoluzione, ma Marx vede tale processo in un modo completamente differente. La filosofia della storia marxiana si basa sulla concezione che la storia possa essere interpretata mediante la lotta di classe, e la stessa lotta di classe possa essere compresa mediante il concetto di una sovrastruttura ideologica sovrapposta a una sottostruttura sociale [161]. La scoperta di mezzi di produzione ha determinato dei cambiamenti nella struttura sociale, cioè nella divisione in classi e nella relazione tra tali classi. La classe dominante opprime le classi inferiori; a questo scopo impone il proprio sistema politico e le proprie organizzazioni. Ma la classe dominante crea anche un'"ideologia" (comprendente religione, morale e filosofia) che è un riflesso della struttura sociale e nello stesso tempo un mezzo con cui opprimere le classi inferiori. Per mezzo della sua ideologia, la classe dominante stabilisce il corpus legislativo e l'apparato giudiziario necessario per mantenere il suo dominio sulle classi inferiori. Quando applicano la loro ideologia, spesso gli appartenenti alle classi superiori non sono consapevoli di ciò che fanno. Con parole di Friedrich Engels: "Il riflesso delle relazioni economiche sotto forma di princìpi legali si verifica senza che coloro che agiscono ne siano coscienti; l'avvocato crede di agire in accordo con proposizioni a priori, mentre invece queste proposizioni sono solo riflessi economici [162]." Perciò una regola pratica dell'analisi marxiana è: "Dietro a quanto la gente dice, dietro a ciò che pensa di sé stessa, scoprire che cosa essa è, analizzando ciò che fa [163]." L'opera di Marx contiene molte analisi di quelle che egli chiama "mistificazioni", cioè di quei processi con cui la gente inganna sia sé stessa sia gli altri a proprio vantaggio. La sovrastruttura ideologica determinata dalla sottostruttura sociale deve necessariamente seguirne i cambiamenti. Tuttavia ci possono essere ritardi, discordanze, e resistenze a questi cambiamenti. Ciò si verifica, in particolare, quando la struttura dei rapporti di classe si è modificata in modo tale che la classe superiore sta declinando e la classe inferiore avrebbe già la possibilità di rovesciarla. In questi casi gli appartenenti alla classe superiore resisteranno consciamente al cambiamento o elaboreranno nuove ideologie allo scopo d'ingannare le classi inferiori. Secondo Marx, la guerra è una mistificazione delle classi inferiori: con essa le classi dominanti sperano di allontanare una rivoluzione incombente. Come dottrina politica, il marxismo classico, espresso nel Manifesto (1848) e in altre opere di Marx ed Engels, non crede alla possibilità d'un passaggio di potere graduale e pacifico da una classe all'altra. La struttura del rapporto tra le classi può modificarsi gradualmente fino a un punto critico: a questo punto deve intervenire l'attività rivoluzionaria e produrre il cambiamento inevitabile. L'intervento rivoluzionario implica per prima cosa un'"analisi dialettica" della situazione economica e sociale per stabilirne le contraddizioni interne e per vedere la direzione che ha preso. A questo punto, la prima fase dell'attività rivoluzionaria consiste nel portare alla coscienza le classi inferiori, o almeno la loro élite, e l'ultimo passo nell'attività rivoluzionaria vera e propria. Un'ulteriore affermazione del marxismo è che in date circostanze può essere necessario provocare la "situazione rivoluzionaria" allo scopo di far precipitare la crisi. Ai nostri scopi non è necessario spingere oltre queste considerazioni. Per quanto riguarda la psichiatria dinamica, quanto abbiamo detto dovrebbe essere sufficiente a chiarire taluni aspetti delle psicologie dinamiche di Freud e di Adler. Nel caso di Adler, il rapporto con Marx è assolutamente ovvio e diretto perché, anche se Adler non era né comunista né marxista ortodosso, egli era un sostenitore del socialismo. Fino a un certo punto, Adler considera la nevrosi come un riflesso dei rapporti sociali interiorizzati dall'individuo. È chiaro poi nel concetto adleriano del rapporto tra uomo e donna l'influsso del socialista August Bebel. Sono stati notati strani paralleli tra alcune idee fondamentali di Freud e di Marx [164]. Tanto Marx quanto Freud avevano antenati rabbini; appartenevano a famiglie di quell'ambiente ebraico in cui era entrato lo spirito dell'Illuminismo; nel lavoro di ciascuno la teoria è legata indissolubilmente alla pratica (in forma di attività rivoluzionaria per Marx, di psicoterapia per Freud). Ciascuno considerava la religione come un'"illusione". Nella concezione di Marx, la religione è un sogno consolatore per il proletariato frustrato, creato dalla classe dominante per sfruttare il proletariato e perpetuarne l'oppressione. "La religione è l'oppio dei popoli." Nella concezione di Freud, la religione è un'illusione determinata da un autoinganno, come si afferma nell'Avvenire di un'illusione (1927). Anche se non ci sono prove che Freud abbia letto le opere di Marx o dei suoi allievi, si possono trovare delle somiglianze tra i due modi di pensare; trasferendo taluni concetti marxiani dal campo politico e sociale a quello della psicologia e della terapia, si ottengono i seguenti paralleli: Marx Freud Importanza dell’aspetto economico dell’uomo. Importanza della parte sessuale dell’uomo (libido). La cultura di una società è una sovrastruttura, costituita su una sottostruttura di rapporti di classe e fattori economici. La vita cosciente è una sovrastruttura costituita su una sottostruttura di forze inconsce e conflittuali. La classe dominante crea un'ideologia per portare avanti i propri interessi di classe, e l'individuo, sotto l'influsso di tale ideologia, crede inconsciamente di agire e di pensare liberamente. L'individuo crede di pensare e di agire liberamente, mentre i suoi pensieri e le sue azioni consci sono determinati da complessi inconsci (razionalizzazione). Le classi inferiori sono vittime di "mistificazioni", con cui le classi dominanti ingannano anche sé stesse (la guerra, ad esempio). Questo sarebbe nello stesso tempo una "razionalizzazione" e un "meccanismo di difesa". L'uomo è "alienato" da sé a causa della divisione della società in classi sociali, che dà origine alla lotta di classe. Il nevrotico è alienato da sé a causa dei suoi conflitti interiori. Per giungere alla rivoluzione, è necessario eseguire un'analisi "dialettica", far sorgere la coscienza di classe, e provocare una "situazione rivoluzionaria". Per guarire il paziente, il terapeuta deve eseguire un'analisi "dinamica", portare l'individuo alla coscienza ("Dove c'era l'Es ci sarà l'Io"), e provocare una nevrosi da traslazione per risolverla. Lo scopo è stabilire una società senza classi dove l'uomo non sia più alienato da sé. Lo scopo è di avere una persona guarita, senza conflitti e pienamente cosciente di sé. Queste somiglianze non devono venire spinte troppo avanti. Però non c'è dubbio che esista una configurazione comune di pensiero, applicata da Marx all'economia e ai fenomeni sociali, e da Freud alla psicologia dell'individuo. Variazioni nella psichiatria del diciannovesimo secolo Nel corso del diciannovesimo secolo ci fu sempre un certo antagonismo tra la prima psichiatria dinamica, nata da Mesmer e Puységur, e la psichiatria ufficiale. Nonostante talune influenze reciproche, ciascuna ebbe un suo proprio sviluppo e mostrò delle variazioni che ora riassumeremo brevemente. Psichiatria ufficiale fu il nome dato dal magnetismo a quella psichiatria che era accettata dallo Stato, che era insegnata nelle scuole di medicina, e che era spiegata nei libri di testo. Tra il 1850 e il 1860 si verificò gradualmente il passaggio dalla psichiatria degli ospedali per malattie mentali (Anstaltspsychiatrie) alla psichiatria universitaria [165]. Nel corso della prima metà del secolo, gli ospedali erano stati i focolai del progresso psichiatrico: in essi erano state sviluppate le teorie originali e in essi veniva applicato il trattamento morale ai pazienti mentali. Verso la metà del secolo, la psichiatria subì l'influsso del positivismo e dello scientismo, e la prospettiva organicistica passò in primo piano, portando al declino la psichiatria romantica: personalità come Reil, Ideler, Neumann e Heinroth vennero dimenticate o trascurate, e quasi dappertutto il trattamento morale incontrò opposizione. In corrispondenza a questo passaggio da un tipo di psichiatria a un altro, incontriamo la figura di un grande pioniere, Wilhelm Griesinger (1817-69), lo psichiatra più rappresentativo della metà del secolo. Nel 1845 egli pubblicò un manuale di psichiatria, e successivamente passò diversi anni in Egitto come direttore dei locali servizi sanitari pubblici e come medico personale del kedivè [166]. Ritornato in Europa, nel 1860 fu il primo direttore dell'ospedale psichiatrico universitario di Zurigo, il Burghölzli. Nel 1867 pubblicò una seconda edizione, molto ampliata, del suo manuale di psichiatria, che divenne il testo fondamentale di quella scienza per diverse generazioni. Spesso si considera Griesinger come l'uomo che conseguì la vittoria dei Somatiker sugli Psychiker. Ed effettivamente fu lui ad affermare che "le malattie mentali sono malattie cerebrali"; inoltre egli riteneva che i segreti della malattia mentale si sarebbero chiariti con il progresso dell'anatomopatologia cerebrale. Egli introdusse il concetto fisiologico di riflesso nella teoria dei disturbi mentali. Tuttavia Griesinger non fu un Somatiker esclusivo. Egli applicò alla psichiatria i concetti dinamici associazionistici di Herbart, e rimase fedele a molti princìpi degli Psychiker. Alcuni studi recenti hanno mostrato fino a qual punto, prima insospettabile, Griesinger fosse anche un rappresentante della psichiatria dinamica [167]. Egli affermava che la maggior parte dei processi psichici, la più importante, era inconscia. Egli adottò il concetto degli Psychiker sulla funzione patogena delle emozioni, e lo sviluppò per spiegare la psicogenesi delle idee fisse. "Quasi tutte le idee fisse sono essenzialmente espressioni di una frustrazione o di un soddisfacimento dei propri interessi affettivi", cosicché, in taluni casi, la terapia può poggiare solo sul riconoscimento degli stati psichici che stanno alla base dell'idea fissa. Griesinger sviluppò anche una completa psicologia dell'Io. Le distorsioni dell'Io possono nascere da gruppi non assimilati di rappresentazioni: tali gruppi possono poi comparire all'Io come un'entità estranea ed entrare in conflitto con lui. Come si vede, Griesinger è il punto d'incontro di molte tendenze della psichiatria del diciannovesimo secolo: anatomopatologia cerebrale e neuropsichiatria, psichiatria clinica, e psichiatria dinamica. Inoltre egli fu un ottimo organizzatore d'istituzioni ospedaliere per malattie mentali. Egli viene anche considerato il fondatore della psichiatria universitaria, e dopo di lui, necessariamente, le grandi figure della psichiatria furono professori universitari. Infine, iniziò con lui il predominio della psichiatria tedesca su quella francese. Fino al 1860, infatti, la psichiatria francese era tanto avanti che la maggior parte dei casi clinici riferiti nello stesso manuale di Griesinger erano presi da autori francesi. I discepoli di Griesinger, personalità come Westphal, Meynert, e Wernicke, adottarono la sua prospettiva organicistica sulle malattie mentali e la svilupparono ulteriormente, ma a quanto pare non si curarono di sviluppare la parte psicologica dinamica dei suoi insegnamenti. Una nuova sintesi delle psichiatrie organica e dinamica sarebbe apparsa solo successivamente, con un lontano successore di Griesinger al Burghölzli, Eugen Bleuler. Nello stesso tempo ci fu anche una psichiatria ufficiale delle nevrosi, praticata soprattutto da neurologi (dato che i pazienti provavano riluttanza a recarsi dagli psichiatri degli ospedali per malattie mentali). Anche questa branca della psichiatria subì importanti trasformazioni nel corso del diciannovesimo secolo, e la trasformazione più importante si verificò nel concetto stesso di nevrosi e nelle sue manifestazioni. La possessione demoniaca era ormai scomparsa, anche se se ne potevano ancora osservare esempi sporadici (come abbiamo visto nel capitolo1, a proposito del caso di Gottliebin Dittus e del reverendo Blumhardt), e anche le due nevrosi tipiche del diciottesimo secolo erano scomparse. I "vapori" delle dame della buona società erano scomparsi con la caduta dell'aristocrazia, e l'ipocondria, che era in precedenza la nevrosi alla moda maschile, era diventata una cosa antiquata. Tuttavia un nuovo disturbo aveva preso il posto dei disturbi precedenti. Esso comparve inizialmente come "sindrome da stanchezza e usura". Come fa notare Ilza Veith [168], il medico inglese James Johnson lo descrisse nel 1831 come un disturbo caratteristico degli inglesi (in quanto diversi dai loro vicini francesi), dovuto alle tensioni eccessive, fisiche e mentali, e a tutti gli stress prodotti dalla Rivoluzione industriale sulla vita contemporanea inglese [169]. Johnson sottolineava l'importanza, nell'etiologia del disturbo mentale, degli eccessi di lavoro, della mancanza di moto all'aperto, e del fumo industriale che avvolgeva in una cappa le città. Non vedeva altri rimedi se non un relax annuale con viaggi all'estero. Nel 1869, una malattia dello stesso tipo, la nevrastenia, fu descritta negli Stati Uniti da George M. Beard [170]. Il sintomo fondamentale della nevrastenia — egli disse — era l'esaurimento fisico e mentale, che si manifestava come incapacità di eseguire lavori fisici o mentali. Il paziente si lamentava di emicranie e di nevralgie, di un'ipersensibilità morbosa al tempo atmosferico, al rumore, alla luce, alla presenza di altre persone, e a qualsiasi altro tipo di stimoli sensoriali e mentali; inoltre insonnia, disfagia, disturbi delle secrezioni, tremiti muscolari. Però la nevrastenia non comportava riduzioni della durata della vita. Un paziente di Beard, un "uomo d'affari" settantenne e attivo, ne soffriva quotidianamente da cinquantacinque anni. Dapprima Beard attribuì la nevrastenia a un defosforizzazione del sistema nervoso. Come terapia consigliò un massiccio impiego di "tonici" fisici e chimici del sistema nervoso, compresi esercizi muscolari, "elettrizzazione generale", fosforo, stricnina, e arsenico. Successivamente Beard modificò la sua descrizione, considerando la nevrastenia come la nevrosi specifica dell'America [171]. Le sue cause erano da ricercarsi nel clima (punte estreme di calura e di freddo, di umidità e di aria secca; elettricità nell'aria) e soprattutto nel particolare modo di vivere del Nordamerica, nazione giovane e in rapido sviluppo, dalla vasta liberalità in campo religioso ("libertà come causa di nervosismo"), votata a un intenso processo di sviluppo economico. Questo modo di vivere richiedeva sempre più lavoro, previsione, puntualità, e in esso era compreso un aumento nella velocità con cui si viveva (ferrovie, telegrafi), e anche delle limitazioni dell'affettività ("un processo spossante"). Beard prevedeva che la nevrastenia avrebbe raggiunto il Vecchio Continente se anche l'Europa si fosse americanizzata. In pubblicazioni successive, Beard fornì una terza interpretazione della nevrastenia dal punto di vista dell'equilibrio delle energie nervose specifiche dell'individuo. Ci sono persone che ne hanno una scorta molto esigua — egli diceva — e ci sono invece dei veri "milionari di forza di nervi". Alcuni hanno poche scorte di energia, e altri ne hanno delle scorte molto considerevoli. "Gli uomini, come le batterie elettriche, hanno bisogno di una riserva di forza, e gli uomini, come le batterie, devono essere valutati in base alla quantità delle riserve, non in base a quanto consumano normalmente nella vita quotidiana." Beard amava esprimere le sue concezioni con analogie di tipo finanziario: "L'uomo con una piccola rendita è ricco finché non deve fare dei prelievi massicci sul proprio conto, e così una persona nervosa sta bene ed è in perfetto ordine di funzionamento finché non attinge alla sua limitata riserva di forza nervosa." D'altro canto, invece "un milionario può compiere dei prelievi molto ingenti, senza per questo venire a mancare di riserve". Perciò quel che conta è non consumare più energie di quanto uno si possa permettere. Un nevrastenico è una persona che preleva troppo dal proprio conto e che, se continua, può fare "bancarotta nervosa". È interessante come tanto il concetto di bilancio delle forze nervose quanto i paragoni finanziari ricomparissero poi, in modo più sistematico, negli scritti di Janet. Secondo la descrizione di Beard, la nevrastenia era un disturbo specifico degli uomini. Le donne erano favorite da quella che Beard chiamava una "posizione sociale insolita" e, con le sue stesse parole, "la fenomenale bellezza delle ragazze americane delle classi superiori" era da sommare ai fattori sociali che rendevano la nevrastenia così diffusa tra gli uomini. In un'opera pubblicata postuma, Beard dava una maggiore importanza all'etiologia sessuale della nevrastenia [172]. Beard fu uno dei primi medici, se non il primo, a cercare una spiegazione dell'alcolismo servendosi della psicologia dinamica. Il diciannovesimo secolo aveva visto l'alcolismo diffondersi e crescere a dismisura, e dappertutto i clinici descrivevano e classificavano le varie condizioni patologiche dovute all'abuso di bevande alcoliche. I patologi descrivevano le lesioni organiche, ma sembra che nessuno conducesse delle indagini per chiarire i motivi per cui anche le persone che conoscevano benissimo i pericoli dell'alcolismo si davano al bere. Beard avanzò il suggerimento che si incominciasse a bere quando c'era una differenza tra lo sforzo che si doveva fare e la quantità d'energia nervosa che si sente di possedere [173]. È abbastanza interessante notare come una simile teoria sulla psicogenesi dell'alcolismo fosse poi proposta da Janet. Le idee di Beard incontrarono un successo notevole. La nevrastenia veniva a essere non solo la malattia dei professionisti e delle persone che lavoravano molto, ma costituiva anche la nevrosi della stessa vita moderna. Istituti per il trattamento della nevrastenia incominciarono a sorgere sia in America sia in Europa. Tuttavia, con il diffondersi delle diagnosi di nevrastenia, la sua origine venne sempre più attribuita a fattori costituzionali e ad altri fattori diversi dall'intensità del lavoro, ad esempio a disturbi sessuali e a masturbazione. Gli studi clinici di Beard sulla nevrastenia ebbero più successo di quanto non ne avessero le terapie da lui proposte per la guarigione della malattia. Fu un altro americano, Silas Weir Mitchell (1829-1914), a proporre un metodo standard di cura [174]. Weir Mitchell, un importante neurologo americano, aveva come clienti le persone più alla moda della città di Filadelfia [175]. Il suo metodo si basava sul riposo, sull'isolamento, e su una particolare dieta. Il paziente era isolato in una casa di cura, stava a letto, mangiava cibi nutrienti, e almeno un'ora al giorno veniva sottoposto a massaggi. Per compensare gli effetti del riposo prolungato e dei cibi nutrienti, il massaggio e l'elettricità costituivano una parte indispensabile del programma terapeutico. Il trattamento poteva anche durare per mesi, a volte per anni, e i benestanti lo trovavano molto chic: gli si dava il soprannome di "metodo dei dottori Dieta e Quiete". A quanto pare, Weir Mitchell non fu mai sfiorato dal sospetto che buona parte del successo terapeutico del suo metodo fosse da attribuire all'intenso rapporto psicologico che si stabiliva tra paziente e massaggiatore. Alla fine del diciannovesimo secolo si riteneva generalmente che due fossero le nevrosi più importanti: isteria e nevrastenia. La prima era soprattutto una nevrosi delle donne, la seconda era principalmente una nevrosi degli uomini. Spesso isteria e nevrastenia venivano descritte fianco a fianco e se ne mettevano in risalto le differenze, ma c'è anche da dire che questa concezione aveva pure molti oppositori, che tentavano di delineare altre forme specifiche di nevrosi. Ancor prima della descrizione della nevrastenia data da Beard, Benedict-Augustin Morel (1809-73) aveva descritto una nuova nevrosi sotto il nome di délire émotif [176]. Egli ne riferì interessanti casi clinici, dando per assunto che si trattasse di una condizione mai prima descritta, e riconducendola a un disturbo del sistema vegetativo. Successivamente, i "deliri emotivi" di Morel ricevettero il nome di "fobie", e tutti fecero quasi a gara per isolarne e descriverne i casi particolari: agorafobia, claustrofobia, topofobia ecc. La collocazione nosologica di tali forme di fobia era oggetto di controversie e spesso venivano considerate casi particolari di nevrastenia. Nel 1873, Krishaber riferì trentotto casi di un nuovo tipo di nevrosi, da lui chiamato nevropatia cerebrocardiaca [177]. I pazienti venivano presi improvvisamente da accessi d'angoscia, tachicardia, stordimenti. Accusavano anche insonnia e incubi. Queste sensazioni d'angoscia non erano collegate ad alcun oggetto definito che causasse terrore, come invece si verificava nelle fobie, e chiaramente la nevrosi descritta da Krishaber era identica a quella che poi avrebbe assunto il nome definitivo di nevrosi d'angoscia. Con il passare degli anni, il campo delle nevrosi stava diventando sempre più complesso. Oltre alle due nevrosi principali, isteria e nevrastenia, c'era adesso una legione di casi di nevrosi molto difficili da classificare. Con lo sviluppo dell'industria e con il moltiplicarsi degli infortuni sul lavoro, da una parte, e con lo sviluppo delle compagnie d'assicurazione dall'altra, comparvero delle nevrosi traumatiche che furono classificate tanto sotto il nome d'isteria quanto sotto quello di nevrastenia. Sempre più, la "medicina ufficiale" stava cercando per tali nevrosi nuove teorie e nuovi metodi terapeutici. Questa era la situazione verso il 1880; essa spiega, almeno in parte, l'improvvisa reviviscenza d'interesse nei confronti dell'ipnotismo. Si sperava che l'ipnosi potesse offrire una soluzione nuova ai problemi destati dalle nevrosi. Tuttavia, come più avanti avremo occasione di vedere, era una speranza destinata a rimanere delusa. Furono Janet e Freud a scoprire i nuovi metodi con cui affrontare l'annoso problema. Conclusioni La storia della psichiatria dinamica diventa pienamente comprensibile solo dopo averne esaminato l'ambiente sociologico, economico, politico, culturale e medico. Alla fine del diciottesimo secolo, la popolazione europea era divisa rigidamente nelle varie classi sociali, delle quali le principali erano l'aristocrazia e la gente comune. Ciò spiega come mai il magnetismo animale fosse venuto ad assumere caratteristiche diverse con Mesmer e Puységur. Curando le nobili dame della sua clientela aristocratica, Mesmer suscitava crisi, che in realtà erano abreazioni della nevrosi alla moda, i vapori. Quando invece Puységur trattava i suoi contadini, egli induceva in loro il sonno magnetico, cioè un fenomeno che esprimeva una relazione di autorità e di subordinazione tra il padrone appartenente all'aristocrazia e il suo servo contadino. Tale reazione tuttavia aveva anche un aspetto di contratto, molto caratteristico. Il baquet di Mesmer, un apparato con pretese di scientificità, faceva leva sul punto debole dell'aristocrazia del periodo, il gusto per la fisica dilettantesca. L'albero magnetizzato di Puységur era in perfetto accordo con il folclore dei contadini e con la loro fede nelle virtù salutari degli alberi. Il crollo dell'aristocrazia e il trionfo della borghesia portarono alla diffusione di un metodo più autoritario con cui somministrare la psicoterapia, individuale o collettiva: la suggestione ipnotica. La nascita della psichiatria dinamica può anche venire compresa come un risultato della vittoria del movimento culturale illuministico sulla mentalità barocca: una vittoria che ebbe luogo nell'ultima roccaforte del Barocco, l'Austria. Le alterne vicende della psichiatria dinamica nel corso del diciannovesimo secolo possono venire considerate come il risultato della lotta tra Illuminismo (che sottolineava il culto della ragione e della società) e Romanticismo (che dava risalto al culto dell'irrazionale e dell'individuo). La filosofia e la psichiatria romantiche esercitarono un influsso particolarmente notevole sulla psichiatria dinamica. Dopo la crisi politica e culturale verificatasi in corrispondenza della metà del secolo, il Romanticismo fu sconfitto e gli subentrò il positivismo, che era un frutto tardivo della filosofia illuministica: per questo si assistette a un declino provvisorio della psichiatria dinamica. Nello stesso tempo la Rivoluzione industriale, l'aumento del proletariato, lo sviluppo del nazionalismo contribuirono alla diffusione di due dottrine: il darwinismo (e la sua propaggine distorta, il darwinismo sociale) e il marxismo. Anche queste due ideologie ebbero dei riflessi nella psichiatria dinamica. Tutte queste variazioni nell'ambiente trovarono pure un'espressione in forma di nevrosi. Nuove nevrosi si svilupparono: nevrastenia e fobie, che fecero avvertire la necessità di nuovi metodi psicoterapeutici. Infine, per la sovrapposizione dei vari effetti di tutti questi fattori, emerse un nuovo tipo di psichiatria capace di sostituire la prima psichiatria dinamica. I fatti che precedettero la nascita di tale nuova psichiatria e che ne accompagnarono la comparsa hanno bisogno di venire esaminati nei dettagli, ed è per questo che ad essi dedichiamo il prossimo capitolo. Note [1] L.-A. de Bougainville, Voyage autour du monde (Saillant & Nyon, Parigi, 2 a ed. 1772); si veda in particolare vol. 2, pp. 44-47, 86-88. [2] D. Diderot, Supplément au voyage de Bougainville (1772), in OEuvres, "Plèiade" (Gallimard, Parigi 1957) pp. 993-1032. [3] H. Carré, La noblesse en France et l'opinion publique au XVIIIe siècle (Champion, Parigi 1920). [4] A. Bertrand, Lettres sur la physique (Bossange, Parigi 1825) pp. 422-32. [5] J. Raulin, Traité des affections vaporeuses du sexe, avec l'exposition de leurs simptomes, de leurs différentes causes, et la méthode de les guérir (Hérissant, Parigi, 2 a ed. 1759). [6] P. Pomme, Traité des affections vaporeuses des deux sexes, ou maladies nerveuses vulgairement appelées maux de nerfs (Dessaint & Saillant, Parigi 1760). [7] P. Sébillot, Le folklore de France (Guilmoto, Parigi 1906) vol. 3, pp. 367-442. [8] A. Gauthier, Traité pratique du magnétisme et du somnambulisme (Bailliève, Parigi 1845) pp. 154-62. [9] G. Flaubert, Bouvard e Pécuchet (1881), trad. it. (Einaudi, Torino 1964). [10] Lettera del 22 maggio 1963 del visconte du Boisdulier. [11] Virey, Magnétisme animal, in "Dictionnaire des sciences médicales", vol. 29 (Panckoucke, Parigi 1818) pp. 495, 547- [12] W. Muhlmann, Chiliasmus und Nativismus (Reimer, Berlino 1961) pp. 215-17. [13] Madame Roland, CEuvres de J.M.Ph. Roland, femme de l'ex-Ministre de l'Intérieur (Bideault, Parigi, anno VIII) pp. 148-50. [14] Exposé des différentes cures opérées depuis le 25 d'aoùt 1785... j'usqu'au 12 du mois de juin 1786... (Librairie Académique, Strasburgo, 2a ed. 1787). [15] Suite des cures faites par différents magnétiseurs, membres de la Société Harmonique des Amis-Réunis de Strasbourg (Lorenz & Schouler, Strasburgo 1788) vol. 2. [16] T. S. Ashton, The Industrial Revolution, 1760-1830 (Oxford Univ. Press, New York 1948); P. Mantoux, La revolution industrielle au XVIIIe siècle (1906) (Genin, Parigi, ed. riveduta 1959). [17] W. P. Webb, The Great Frontier (Houghton Mifflin, Boston 1952). [18] G. Weill, L'Europe du XlXe siecle et l'idée de la nationalité (Albin-Michel, Parigi 1938). [19] Boswell ricorda che Johnson trascorse a Parigi due mesi durante il 177; e durante tutto il suo soggiorno parlò esclusivamente in latino. Si veda J. Boswell, The Life of Samuel Johnson (1791), "Great Books of the Western World", vol. 44 (Encyclopedia Britannica, Chicago 1922) p. 272. [20] E. Mach, Popular Lectures (Chicago Open Court, Chicago 1897) pp. 309-4;. [21] Condorcet, Esquisse d'un tableau historique des progrès de l'esprit humain (Gravier, Ginevra 1798) pp. 209, 337. [22] F. Baldensperger, Etudes d'histoire littéraire (Hachette, Parigi 1907) pp. 46-53 (descrizione sommaria dei tipi ideali d'uomo in Europa succedutisi dal Rinascimento in poi). [23] J. Burckhardt, La civiltà del Rinascimento in Italia, trad. it. (Sansoni, Firenze 1958). [24] Il tipo ideale d'uomo del Rinascimento fu descritto nella famosa opera di Baldassarre Castiglione, Il libro del Cortegiano (Romano, Venezia 1528). [25] B. Graciàn, Oraculo manual y arte de prudencia (Nogués, Huesca 1647). [26] H. Sigerist, Grosse Aizte: eine Geschichte der Heilkunde in Lebensbildern (Lehmanns Verlag, Monaco, 5a ed. 1965) pp. 115-22. [27] E. Troeltsch, Die Aufklarung (1897), ristampato in Gesammelte Schiiften (Mohr, Tubinga 1925) vol. 4, pp. 338-74. [28] I. Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklarung? (1784), in Weike (Buchenau-Cassirer, Berlino 1913) vol. 4, pp. 167-76. [29] W. E. H. Lecky, History of the Rise and Influence of the Spirit of Rationalism in Europe, 2 voll. (Longmans, Green, Londra 1865); E. Cassirer, La filosofia dell'Illuminismo, trad. it. (La Nuova Italia, Firenze 1967); D. Mornet, La pensée francaise aù XVIIIe siecle (Colin, Parigi 1932); Cay von Brockdorff, Die englische Aufklarungsphilosophie (Reinhardt, Monaco 1924); E. Ermattinger, Deutsche Kultur in Zeitalter der Aufklarung (Potsdam 1935); H. M. Wolff, Die Weltanschauung der deutschen Aufklarung (Francke, Berna 1949). [30] Questo è dimostrato particolarmente bene nella vita di Moses Mendelssohn. Si veda Bertha Badt Strauss, Moses Mendelssohn, der Mensch und das Werk (Welt-Verlag, Berlino 1929). [31] Kant, La religione nei limiti della semplice ragione (1793), trad. it. (Loescher, Torino 1945). [32] G. Roskoff, Geschichte des Teufels (Brockhaus, Lipsia 1869). [33] E. H. Ackerknecht, Medizin und Aufklarung, Schweiz. med. Wschr., vol. 89, 20 (1959). [34] Kant, Von der Macht des Gemüts, durch den blossen Vorsatz seiner krankhaften Gefühle Meister zu sein, in Immanuel Kants Werke cit., vol. 7, pp. 411-31. [35] Un esempio letterario del trattamento che un malato mentale riceveva in quel tipo di ordinamento familiare venne offerto da Goethe in Wilhelm Meisteis Lehrjahie, libro 4, cap. 16. [36] G. Bachelard, La formation de l'esprit scientifique. Contribution a une psychanalyse de la connaissance objectìve (Vrin, Parigi 1947). [37] J- Hampton, Nicolas Antoine Boulanger et la science de son temps (Droz, Ginevra 1955). [38] Terrasson, Séthos. Histoire ou vie des monumens anecdotes de l'ancienne Egypte. Traduite d'un manuscrit grec, 3 voll. (Guérin, Parigi 1731). [39] A. Court de Gébelin, Le monde primitif, analysé et compare avec le monde moderne, 9 voll. (Parigi 1773-82). [40] R. Haym, Die romantische Schule. Ein Beitrag zur Geschichte des deutschen Geistes (Gaertner, Berlino 1870); Ricarda Huch, Die Romantik. Blütezeit der Romantik (Haessel, Lipsia 1920); Id., Die Romantik. Ausbreitung, Blütezeit und Zerfall (Leins, Tubinga e Stoccarda 1951); R. Benz, Die deutsche Romantik. Geschichte einer geistigen Bewegung (Reclam, Lipsia 1937); P. Kluckhohn, Das Ideengut der deutschen Romantik (Niemayer, Halle 1942). [41] H. Brunschwig, La crise de l'état prussien à la fin du XVIIIe siècle et la genèse de la mentalité romantique (Presses universitaires de France, Parigi 1947). [42] F. Schlegel, citato da Ricarda Huch in Die Romantik. Ausbreitung cit., p. 257. [43] Novalis, Neue Fragmente, N. 146, in Werke und Briefe (Winkler, Monaco s.d.) pp. 452 sg. [44] Schleiermacher, Monologen (1800), nell'edizione critica a cura di F. M. Schiele (Dürr, Lipsia 1902). [45] M. Scheler, Vom Umsturz der Werte (Francke, s.l., 4ª ed. 1951) p. 126. [46] Schlegel, Lucinde (Frolich, Berlino 1799). [47] Novalis, citato da Ricarda Huch, Die Romantik. Blütezeit cit., p. 258. [48] F. Ernst, Die romantische Ironie (Schulthess, Zurigo 1915). [49] Di F.W. von Schelling si vedano in particolare: Ideen zu einer Philosophie der Natur (Lipsia 1797); Von der Weltseele (Amburgo 1798); Werke (Eckard, Lipsia 1907) vol. 1. [50] F. Hufeland, Ueber Sympathie (Verlag des Landes-Industrie-Comptoirs, Weimar 1811). [51] K. E. Rothschuh, Geschichte der Physiologie (Springer, Berlino 1953) pp. 112-18. [52] A. Winkelmann, Einleitung in die dynamische Physiologie (Dieterich, Gottinga 1802). [53]J-W. Goethe, Versuch, die Metamorphosen der Pflanzen zu erklaren (Ettinger, Gotha 1790). [54] Di Agnes Arber si vedano: Goethe's Botany: The Metamorphosis of Plants (1790) e Tobler's Ode to Nature (1782), Chronica bot., vol. 10, 63-126 (1946). [55] A. Meyer-Abich, Biologie der Goethezeit (Hyppocrates-Verlag, Stoccarda 1949). [56] F. Giese, Der romantische Charakter, vol. 1: Die Entwicklung des Androgynen-problems in der Frühromantik (Langensalza 1919); E. Benz, Der Mythus vom Urmenschen (Otto-Wilhelm-Barth Verlag, Monaco-Planegg 1966). [57] P. Lersch, Der Traum in der deutschen Romantik (Hueber, Monaco 1923); A. Beguin, L'ame romantique et le réve. Essai sur le romantisme allemand et la poesie francaise, 2 voll. (Cahiers du Sud, Marsiglia 1937). [58] W. Leibbrand, Schellings Bedeutung fùr die moderne Medizin, in "Atti del 14° Congresso internazionale di storia della medicina" (Roma 1954) vol. 2. [59] E. Jones, Vita e opere di Freud (Il Saggiatore, Milano 1962) vol. 2, p. 503. [60] G. H. von Schubert, Ahndungen einer allgemeinen Geschichte des Lebens (Reclam, Lipsia 1820), e Id., Ansichten von der Nachseite der Naturwissenschaft (Weigel, Dresda e Lipsia 1808). [61] H. Kern, Die Seelenkunde der Romantik (Widukind-Verlag, Berlin-Lichterfeld 1937). [62] Schubert, Die Symbolik des Traumes (Brockhaus, Lipsia 1814; nuova ed. migliorata e accresciuta 1837). [63] Due tra le opere di Ignaz Troxler sono particolarmente importanti: Blicke in das Wesen des Menschen (Sauerlànder, Aarau 1812) e Naturlehre des menschlichen Erkennens oder Metaphysik (Sauerländer, Aarau 1828). [64] C. G. Carus, Psyche, zur Entwicklungsgeschichte der Seele (Flammer & Hoffmann, Pforzheim 1846). [65] P. Janet, Principes de métaphysique et de psychologie (Delagrave, Parigi 1897) pp. 189-390, sostiene che la fama ritardata di Schopenhauer derivò non da una cospirazione di silenzio (come credeva Schopenhauer stesso), bensì dal fatto che la sua filosofia, incompatibile con lo Zeitgeist del periodo compreso tra il 1820 e il 1850, potè essere meglio compresa dopo la delusione del 1848. [66] A. Schopenhauer, II mondo come volontà e come rappresentazione (1819), trad. it., vol. 4 (Paravia, Torino, 2ª ed. 1967) cap. 2. [67] Ibid., vol. 3 (Paravia, Torino 1965) cap. 2. [68] E. Cassirer, The Myth of the State (Yale Univ. Press, New Haven 1946) pp. 31 sg. [69] M. Scheler, Mensch und Geschichte (Verlag der Neuen Schweizer Rundschau, Zurigo 1929). [70] T. Mann, Freud und die Zukunft (Bormann-Fischer, Vienna 1936). [71] L. S. Granjel, Schopenhauer y Freud, Actas luso-esp. Neurol. Psiquiat, vol. 9, 120-34 (1950). [72] E. von Hartmann, Philosophie des Unbewussten (Duncker, Berlino 1869). [73] W. Leibbrand, Romantische Medizin (Goverts, Amburgo e Lipsia 1937). [74] Novalis, Fragmente ùber Ethisches, Philosophisches und Wissenschaftlisches, in Sämtliche Weike, a cura di Carl Meissner (s.l. 1898) vol. 3, pp. 164, 169 sg. [75] H. F. Ellenberger, La notion de maladie créatrice, Dialogue, Can. phil. Rev., vol. 3, 25-41 (1964). [76] E. von Feuchtersleben, Zur Diatetik der Seele (1838) (Gerold, Vienna, 23ª ed. 1861) p. 144 [77] Le migliori fonti a disposizione sono: T. Kirchhoff, Deutsche Irrenärzte, 2 voll. (Berlino 1924) e W. Leibbrand e A. Wettley, Der Wahnsinn: Geschichte der abendlan-dischen Psychopathologie (Freiburg, Monaco 1961). [78] E. Harms, Modem Psychotherapy - 150 Years Ago, J. ment. Sci., vol. 103, 804-09 (1957). [79] J. C. Reil, Rhapsodien über die Anwendung der psychischen Cur-Methoden auf Geisteszerrüttungen (Curt, Halle 1803). [80] Harms, Johann Christian Reil, Am. J. Psychiat., vol. 116, 1037-39 (1960). [81] J. C. H. Heinroth, Lehrbuch dei Stòrungen des Seelenlebens oder der Seelenstörungen und ihrer Behandlung, 2 voll. (Vogel, Lipsia 1818). [82] Harms, An Attempt to Formulate a System of Psychotherapy in 1818, Am. J. Psychother., vol. 13, 269-82 (1959). [83] K. W. Ideler, Grundriss der Seelenheilkunde, 2 voll. (Verlag von T. C. F. Enslin, Berlino 1835). [84] "Jeder Gemütstrieb ist einer unbegrenzten Entwicklung fähig." [85] "... und mit Abscheu und Widerwille aus demselben in das Gebiet der Phantasie sich flüchtet" (vol. 2, p. 365). [86] H. Neumann, Lehrbuch dei Psychiatiie (Enke, Erlangen 1859). [87] "Also, der Trieb, wenn er nicht befriedigt werden kann, wird Angst" (p. 43). [88] Molti di questi psichiatri erano tedeschi. Tuttavia lo psichiatra belga Guislain, che espose idee originali sulla funzione dell'angoscia nella genesi della malattia mentale, appartiene allo stesso gruppo. Si veda J. Guislain, Traité sur les phrénopathies, ou doctrine nouvelle des maladies mentales (Etablissement Encyclopédique, Bruxelles 1833); Id., Traité sur l'aliénation mentale (Amsterdam 1826); Id., Legons orales sur les phrénopathies, 2 voll. (Gand 1852). [89] J. Kuntze, Gustav Theodor Fechner (Dr Mises). Ein deutsches Gelehrtenleben (Breitkopf & Hartel, Lipsia 1892); W. Wundt, Gustav Theodor Fechner. Rede zur Feier seines hundertjährigen Geburtstages (Engelmann, Lipsia 1901); K. Lasswitz, Gustav Theodor Fechner (Fromanns Verlag, Stoccarda 1902). [90] Dr Mises, Vergleichende Anatomie der Engel. Eine Skizze (Baumgartner, Lipsia 1825). [91] G.T. Fechner, Das Buchlein vom Leben nach dem Tode (Grimmer, Dresda 1836). [92] Una traduzione inglese della descrizione che Fechner fa della sua malattia si può leggere in Fechner, Religion of a Scientist, selezione di scritti di Fechner a cura di W. Lowrie (Pantheon Books, New York 1946) pp. 36-42. [93] Id., Uber das höchste Gut (Breitkopf & Hartel, Lipsia 1846); Id., Uber das Lust-prinzip des Handelns, Fichtes-Z. Phil. phil. Kritik, vol. 19, 1-30, 163-94 (1848). [94] Mises, Rätselbüchlein (Wigard, Lipsia 1850). [95] Fechner, Nanna, oder uber das Seelenleben der Pflanzen (Voss, Lipsia 1848). Nanna era il nome della dea della vegetazione presso gli antichi germani. [96] Id., Zend-Avesta, oder Uber die Dinge des Himmels und des Jenseits, 2 voll. (Voss, Lipsia 1851). [97] Id., Elemente der Psychophysik, 2 voll. (Breitkopf & Hartel, Lipsia 1860). [98] Id., Einige Ideen zur Schopfungs- und Entwickungsgeschichte der Organismen (Breitkopf & Hartel, Lipsia 1873). [99] Id., Vorschule der Aesthetit, 2 voll. (Breitkopf & Hartel, Lipsia 1873). [100] Id., Die Tagesansicht gegenüber der Nachtansicht (Breitkopf & Hartel, Lipsia 1900). [101] Imre Hermann, Gustav Theodor Fechner, Imago, vol. 2, 371-421 (192;); Maria Dorer, Historische Grundlage der Psychoanalyse (Meiner, Lipsia 1932); S. Bernfeld, Freud's EarJiest Theories and the School of Helmholtz, Psychoanalytic Quarterly, vol. 13, 341-62 (1944); R. Spehlmann, Sigmund Freuds neurologische Schriften (Springer, Berlino 1953); Ellenberger, Fechner and Freud, Bulletin of the Menninger Clinic, vol. 20, 201-14 (1956). [102] Una breve biografia di Bachofen, scritta da Karl Meuli, si può trovare in Johann Jakob Bachofens gesammelte Werke, herausgegeben von Karl Meuli (Schwabe, Basilea 1948) vol. 3, pp. 1011-1128. [103] J.J. Bachofen, Das Mutterrecht. Eine Untersuchung uber die Gynaekokratie der alten Welt nach ihrer religiösen und rechtlichen Natur (Kreis & Hoffman, Stoccarda 1861), ripubblicato in J. J. Bachofens gesammelte Werke cit., voll. 2, 3. [104] J.-F. Lafitau, Mceurs des sauvages amériquains, comparés aux moeurs des premiers temps (Saugrain, Parigi 1724) vol. 1, pp. 69-89. [105] Desfontaines, Le nouveau Gulliver, ou Voyages de Jean Gulliver, fils du capitaine Lemuel Gulliver, 2 voll. (Clouzier, Parigi 1730). [106] L'interpretazione data da Bachofen del mito di Edipo si trova in Das Mutterrecht cit. (Gesammelte Werke cit., vol. 2, pp. 439-48) [107] Si vedano: C. Andler, Nietzsche, sa vie et sa pensée, 2: La j'eunesse de Nietzsche (Bossard, Parigi 1921) pp. 258-66; K. A. Bernoulli, Nietzsche und die Schweiz (Huber & Co., Frauenfeld 1922); A. Baeumler, Bochofen und Nietzsche (Verlag der Neuen Schweizer Rundschau, Zurigo 1929). [108] F. Nietzsche, La nascita della tragedia, trad. it. in "Opere di F. Nietzsche", vol. 3, t. 1, (Adelphi, Milano 1972). [109] L. Morgan, Ancient Society, or Researches in the Lines of Human Progress from Savagery through Barbarism to Civilization (Macmillan, New York 1877). [110] E. Engels, L'origine della famiglia, delia proprietà privata e dello Stato, trad. it. (Editori Riuniti, Roma, 2a ed. 1968). [111] Mathias e Mathilde Vaerting, Neubegrù'ndung der Psychologie von Mann und Weib, 2 voll. (Hofbuchdruckerei, Karlsruhe i. B. 1921-23). [112] A. Bebel, Die Frau und der So2Ìalismiìs (Dietz, Stoccarda 1879). [113] Si vedano in particolare, di L. Klages, Vom kosmogonischen Eros (Diederichs, Jena 1922) e Der Geist als Widersacher der Seele (Barth, Lipsia 1929). [114] E. Salin, Bachofen als Mythologe der Romantik, Schmollers Jb., vol. 5 (1926). [ 115] A. Turel, Bachofen-Freud. Zur Emanzipation des Mannes vom Reicfi der Miitter (Huber, Berna 1939). [116] Baeumler, Bachofen und Nietzsche cit. [117] Webb, The Great Frontier cit. [118] A. de Tocqueville, Scritti politici, 2: La democrazia in America, trad. it. (Utet, Torino 1968). [119] Citato da K. Meuli, Nachwort, in Bachofens gesammeite Werke cit. [120] F. Fejto (a cura di), 1848 dans le monde. Le printemps des peuples, 2 voll. (Editions de Minuit, Parigi 1948). [121] E. Littré, Des tables tournantes et des esprits frappeurs, Revue Deux Mondes (1856), ripubblicato in Médecine et médecins (Didier, Parigi, 2ª ed. 1872). [122] H. de Saint-Simon, Lettres d'un habitant de Genève à ses contemporains (1803). Nuova edizione (Alcan, Parigi 1925). [123] Reil, Rhapsodien cit., pp. 42 sg. [124] H. Deiters, Wilhelm von Humboldt als Gründer der Universität Berlin, in "Forschen und Wirken. Festschrift zur 150-Feier der Humboldt Universität zu Berlin" (VEB Deutsche Verlag der Wissenschaften, Berlino 1960) vol. 1, pp. 15-39. [125] Nietzsche, La gaia scienza (1882), trad. it. in "Opere di F. Nietzsche", vol. 5, t. 2 (Adelphi, Milano 1965). [126] C. Richet, Le savant (Hachette, Parigi 1923). [127] Bakunin, citato in The Political Philosophy of Bakunin: Scientific Anarchism, a cura di G. P. Maximov (The Free Press, Glencoe 1953) pp. 77-81. [128] E. Renan, Dialogues et fragments philosophiques (1876), in CEuvres complètes (Calmann-Lévy, Parigi s.d.) vol. 1, pp. 614-19. [129] A. Sauvy, Théorie generale de la population (Presses universitaires de France, Parigi 1954) vol. 2, p. 75. [130] R. Leriche, Règles générales de la chirurgie de la douleur, Anesth. Analg., vol. 2, 218-40 (1936). [131] C. Darwin, Life and Letters, a cura di Francis Darwin, 3 voll. (Appleton, Londra 1887); Id., Autobiografia (1809-1882), trad. it. (Einaudi, Torino, 2a ed. 1964); W. von Wyss, Charles Darwin, ein Forscherleben (Artemis-Verlag, Zurigo 1959); Gertrude Himmelsfarb, Darwin and the Darwinian Revolution (Chatto & Windus, Londra 1959). [132] L'origine delle specie. Abbozzo del 1842 e comunicazione del 1858 (Darwin-Wallace), trad. it. (Boringhieri, Torino 1960). [133] C. Darwin, L'origine delle specie, trad. it. (Universale scientifica Boringhieri, NN. 22/23). [134] J. Nehru, Glimpses of World History (Day & Co., New York 1942) pp. 525 sg. [135] H. Schmidt, Geschichte der Entwicklüngslehre (Kröner, Lipsia 1918); J.C. Green, The Death or Adam (The Iowa State Univ. Press, Ames 1959); G. Wichler, Charles Darwin, dei Foischer und der Mensch (Reinhardt, Monaco 1959); B. Glass, Forerunners of Darwin (Johns Hopkins, Baltimora 1959). [136] C. Darwin, L'origine dell'uomo, trad. it. (Editori Riuniti, Roma 1966). [137] Secondo una voce diffusa pare che milleduecentocinquanta copie della prima edizione dell'Origine delle specie furono vendute il primo giorno in cui fu messa in vendita. Secondo Gertrude Himmelfarb (Darwin and the Darwinian Revolution cit., p. 39;) il termine "venduto" (sold out) significa in effetti che tutta la tiratura era stata completamente prenotata dai librai. [138] Darwin fu paragonato a Copernico da E. Du Bois-Reymond, Darwin und Kopernikus (Friedrichs-Sitzung der Akademie der Wissenschaften, 25 gennaio 1883), in Reden (Von Veit, Lipsia 1912) vol. 2, pp. 243-48, come pure da T. Huxley, Lectures and Lay Sermons (Dutton, New York 1926). [139] Per esempio A. de Quatrefages, Les émules de Darwin, 2 voll. (Alcan, Parigi 1894). [140] Lo zoologo A. Portmann, Natur und Kultur im Sozialleben (Reinhardt, Basilea 1946) critica distruggendolo il concetto di "lotta per l'esistenza" nelle scienze naturali. E. Rabaud, L'interdépendance generale des organismes, Revue phil., vol. 59, N. 2, 171-209 (1934), sostiene che l'interdipendenza costituisce la legge fondamentale del mondo animato, mentre la competizione ha un ruolo subordinato e di limitata importanza. Si veda anche E.V. Shute, Flaws in the Theory of Evolution (Temside Press, London, Ont., 1961). [141] Himmelfarb, Darwin and the Darwinian Revolution cit., pp. 366 sg. [142] Karl Du Prel applicò seriamente la teoria darwiniana all'astronomia e descrisse l'"eliminazione" dal sistema solare di corpi celesti "inadatti", quali meteore, asteroidi e alcune comete. (Citato da O. Hertwig, Zur Abwehr des ethischen, des sozialen, des politischen Darwinismus, Fischer, Jena 1918). [143] A. Hunter-Dupree, Asa Gray (Harvard Univ. Press, Cambridge 1959). [144] J. Dewey, The Influence of Darwin on Philosophy, and Other Essays in Contemporary Thought (Holt, New York 1910). [145] E. Haeckel, Anthropogenie, oder Entwicklungsgeschichte des Menschen (Engelmann, Lipsia 1874), e altre opere. [146] Huxley, The Struggle for Existence in Human Societies (1888), ripubblicato in Evolution and Ethics and Other Essays (Appleton & Co., New York 1914) pp. 195-236. [147]. J. J. Atkinson, Primal Law, pubblicato come seconda parte di A. Lang, Social Origins (Longmans, Green & Co., Londra 1903) pp. 209-94. [148] G. Benn, Das moderne Ich (Reiss, Berlino 1920). [149] Tra gli altri, si veda H. Picker (a cura di), Hitlers Tischgesprache, 1941-1942 (Athenaeum-Verlag, Bonn 1951) p. 227. [150] P. A. Kropotkin, Memoirs of a Revolutionist (Houghton Mifflin, Boston 1899) p. 498. [151] Dello stesso autore si veda una serie di otto articoli apparsa in "Nineteenth Century" (1890-96), pubblicata poi in volume col titolo Mutual Aid as a Factor in Evolution (McClure, Phillips & Co., New York 1902). [152] Si veda A. Montague, On Being Human (Schuman, New York 1950). [153I Hertwig, Das Werden der Organismen. Eine Wideriegung von Darwins Zufallstheorie (Fischer, Jena 1916); Id., Zur Abwehr des ethischen cit.; Portmann, Natur und Kultur im Sozialleben cit. [154] N. Angeli, The Great Illusion, a Study of the Relation of Military Power in Nations to their Economic and Social Advantage (Heinemann, Londra 1910). [155) R. Quinton, L'eau de mer, milieu organique (Masson, Parigi 1904). [156] R. de Gourmont, Le principe de constance intellectuelle, "Promenades philosophiques", 2ª serie (Mercure de France, Parigi 1908) pp. 5-96. [157] Tra gli altri si veda von Wyss, Charles Darwin cit. [158] J.C. Santlus, Zur Psychologie der menschlichen Tüebe (Heuser, Neuwied e Lipsia 1864). [159] P. Ree, Die Entstehung des Gewissens (Duncker, Berlino 188;). [160] Nietzsche, Genealogia della morale, trad. it. in "Opere di F. Nietzsche", vol. 6, t. 2 (Adelphi, Milano 1968). [161] L'interpretazione economica e sociale della storia ovviamente esiste di per sé, indipendentemente dal marxismo. Ne sono esempi le opere dello storico americano C. A. Beard: An Economic Interpretation of the Constitution of the United States (Macmillan, New York 1913); Economic Origins of Jeffersonian Democracy (Macmillan, New York 1915); The Economic Basis of Politics (Knopf, New York 1945). [162] Engels, Lettera a Conrad Schmidt del 27 ottobre 1890, in K. Marx e F. Engels, Ausgewählte Briefe (Dietz, Berlino 1953) p. 508. [163] H. Lefèbvre, Pour connaìtre la pensée de Karl Marx (Bordas, Parigi 1947) pp. 42 sg. [164] Si veda prima di tutti M. Eastman, Marx and Lenin: The Science of Revolution (Boni, New York 1927) cap. 8. [165] Questo punto è stato sottolineato da Karl Jaspers in Psicopatologia generale, trad. it. (Il pensiero scientifico, Roma 1964). [166] W. Griesinger, Pathologie und Therapie der psychischen Krankheiten (Krabbe, Stoccarda 184;) p. 60. [167] M. D. Altschule, Roots of Modem Psychiatry. Essays in the History ot Psychiatry (Grune & Stratton, New York 1957); R. Kuhn, Griesingers Auffassung der psychischen Krankheiten und seine Bedeutung für die weitere Entwicklung der Psychiatrie, Biblthca psychiat. neurol., vol. 100, 41-67 (1957). [168] Ilza Veith, The Wear and Tear Syndrome, Mod. Med., 97-107 (dicembre 1961). [169] J. Johnson, Change of Air or the Pursuit of Health (Highly, Underwood, Londra 1831). [170] G. M. Beard, Neurasthenia, or Nervous Exhaustion, Boston med. surg. J., vol. 3, 217-21 (1869). [171] Id., A Practical Treatise on Nervous Exhaustion (Neurasthenia), Its Symptoms, Nature, Sequence, Treatment (Wood, New York 1880); Id., American Nervousness, Its Causes and Consequences (Putnam's Sons, New York 1881). [172] Id., Sexual Neurasthenia (Nervous Exhaustion), a cura di A. D. Rockwell (Treat, New York 1884). [173] Id., Neurasthenia (Nervous Exhaustion) as a Cause ot Inebriety, Q. J. Inebr. (settembre 1879). [174] Anna Robeson Burr, Weir Mitchell, His Life and Letters (Duffield, New York 1929). [175] S.W. Mitchell, Wear and Tear, or Hints for the Overworked (Filadelfia 1871); Id., Fat and Blood, or How to Make Them (Filadelfia 1877). [176] B.-A. Morel, Du delire émotif. Névrose du système nerveux ganglionnaire viscéral, Arch. gén. Méd., 6° serie, vol. 7, 385-402, 530-51, 700-07 (1866). [177] M. Krishaber, De la névropathie cérébro-cardiaque (Masson, Parigi 1873). |